Merendine, asteroidi e adynaton

di Giorgio Matza

Nello spot realizzato per Buondì Motta, che tanto sta facendo discutere, si può rilevare la presenza dell’iperbole, della quale ha già trattato efficacemente Flavia Trupia e dell’adýnaton. Di quest’ultimo l’Enciclopedia Treccani dà la seguente definizione: “Figura retorica, frequente nella poesia classica, che consiste nell’affermare l’impossibilità che una cosa avvenga, subordinandone l’avverarsi a un altro fatto ritenuto impossibile”.

In effetti alla bambina che, parlando come un pubblicitario del secolo scorso, chiede “una colazione leggera ma decisamente invitante, che possa coniugare la mia voglia di leggerezza e golosità”; la madre risponde con una grande sicumèra fuori luogo: “Non esiste una colazione così, cara, possa un asteroide colpirmi se esiste”. Un siffatto evento, invece, si verifica immediatamente, come prova di un uso evidentemente inappropriato dell’argomentazione per assurdo da parte della donna. La conclusione ha un certo impatto per la sua originalità e si dimostra funzionale alla formulazione del messaggio finale, che diversamente potrebbe apparire banale: “Colazione golosa e leggera? Certo che sì, è Buondì”.

I casi di adýnaton in letteratura sono numerosi. Uno che si cita sempre è tratto dal Vangelo di Luca (18, 25): “È più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno di Dio”.

Un altro esempio si trova nell’ode “Marzo 1821”, di Alessandro Manzoni:

Chi potrà della gemina Dora,

della Bormida al Tanaro sposa,

del Ticino e dell’Orba selvosa

scerner l’onde confuse nel Po;

chi stornargli del rapido Mella

e dell’Oglio le miste correnti,

chi ritogliergli i mille torrenti

che la foce dell’Adda versò,

 

quello ancora una gente risorta

potrà scindere in volghi spregiati,

e a ritroso degli anni e dei fati,

risospingerla ai prischi dolor

(vv. 17-28).

Tuttavia, a conferma del carattere non sempre letterario, ma talvolta popolare della retorica, ricordiamo che l’adýnaton fu utilizzato in maniera, come si sarebbe detto un tempo, “democratica”, “militante”, oltreché ironica, per affermare l’innocenza di un anarchico, accusato ingiustamente di avere provocato la strage di piazza Fontana, a Milano, nel 1969. Infatti qualcuno scrisse su un muro con la vernice, tirando in ballo un’attrice, famosa soprattutto per la sua intensa vita sentimentale: “Se Pietro Valpreda è colpevole, Tamara Baroni è vergine”. Il politicamente corretto era ancora di là da venire.