Regole e tecniche per scrivere il discorso perfetto
Nostro cugino ci ha chiesto di pronunciare un discorso per il suo matrimonio, abbiamo dovuto preparare la presentazione della tesi di laurea, oppure abbiamo dovuto affrontare il nostro primo comizio perché ci siamo buttati in politica. Ancora: ci siamo ritrovati a pronunciare un discorso di ringraziamento o a preparare un presentazione di un progetto per il lavoro. La vita è piena di occasioni in cui è necessario parlare in pubblico. Come scrivere e preparare un discorso perfetto per parlare in pubblico? In questo articolo facciamo una sintesi delle principali strategie per strutturare un discorso che funzioni.

Perché scrivere il discorso prima di parlare in pubblico
Quando suggeriamo di scrivere il discorso, molti replicano che preferiscono improvvisare sul momento. Sono un esempio di questo atteggiamento gli attori e i registi che vincono il David di Donatello. Li vediamo in televisione che arrivano sul palco e dicono: “Per scaramanzia non ho preparato un discorso, vorrei ringraziare tutti coloro che hanno creduto in me…”. Male, anzi malissimo. È un’occasione mancata. Alcuni degli acceptance speech pronunciati da grandi attori sono diventati virali nel web e sono stati amati e apprezzati, oltre ad aver ispirato moltissime persone. Abbiamo ragione di pensare che si tratta di discorsi preparati in anticipo, che vengono buttati nel caso in cui l’artista non venga premiato. Uno dei più belli e famosi è il discorso di Oprah Winfrey, in occasione del Golden Globe nel 2018.
Chiariamo subito un possibile equivoco. Scrivere un discorso non significa leggerlo. Possiamo buttare giù un testo che ci serva piuttosto da scaletta, per poi andare a braccio. Serve però un lavoro di scrittura del discorso che segua le regole della comunicazione scritta efficace, per evitare di parlare a casaccio, in modo disorganizzato e poco strutturato. La natura pragmatica della retorica ci insegna che non si parla tanto per parlare, ma per ottenere risultati precisi: cambiare le opinioni (o per lo meno insinuare dei dubbi) o cambiare i comportamenti. Possiamo farlo più agevolmente se abbiamo in testa un progetto preciso, imparare come scrivere un discorso serve a parlare ad un’audience in modo efficace. Scrivere un discorso ci aiuta infatti a ragionare, fissare i concetti e superare la paura di parlare in pubblico. Ci aiuta inoltre a essere più chiari.

Da dove partire per scrivere un discorso efficace? Strategia e organizzazione
Da dove partire per scrivere un discorso? Molti discorsi che ascoltiamo “menano il can per l’aia”, ossia spaziano tra vari argomenti, e l’uditorio non capisce dove l’oratore voglia andare a parare. È invece importate chiarire cosa vogliamo dimostrare, qual è la nostra tesi. Ed è altrettanto importante pronunciare la nostra tesi in modo esplicito. Quindi la prima cosa da fare è trovare una tesi da esprimere e formularla in modo chiaro. Un esempio. Nel 2011 Pamela Meyer pronuncia un discorso per la piattaforma ted.com intitolato: “Come smascherare un bugiardo”. All’inizio, esplicita la sua tesi: “Siamo tutti bugiardi. Quello che farò oggi è mostrarvi cosa dice la ricerca sul perché siamo tutti bugiardi; come si diventa bugiardi e perché si potrebbe voler esagerare, passando dall’essere smascheratori di bugiardi a ricercatori di verità. E, infine, costruttori di fiducia”.
È importante sottolineare che siamo in grado di trovare una tesi chiara solo se, nella fase di progettazione del discorso, abbiamo definito:
- l’obiettivo del discorso (cosa vogliamo ottenere dal nostro uditorio: far adottare la nostra soluzione a un problema, spingere a un’azione, ottenere un finanziamento…)
- qual è il pubblico a cui è rivolto il discorso (giovani, vecchi, imprenditori, finanziatori, accademici, studenti…)
Trovare la tesi rientra nella parte del canone della retorica che viene chiamato inventio, che presuppone che l’oratore ricerchi e raccolga le informazioni a supporto del proprio punto di vista. Non è necessario ovviamente esporle tutte. L’oratore farà una rigida selezione. Tuttavia, essersi impegnato nella ricerca, lo renderà molto più sicuro e consapevole nel momento dell’esposizione. Questo processo lo aiuterà a delimitare il campo d’azione e individuare i punti chiave.
E qui arriviamo al momento in cui le informazioni vengono trasformate in argomentazioni, in ragionamenti messi a punto per convincere l’uditorio. Non si deve trattare necessariamente di dimostrazioni, quasi mai ci troviamo a dover dimostrare un teorema. Nella maggior parte dei casi, ci troviamo piuttosto a dover convincere l’uditorio che il nostro punto di vista o la soluzione da noi proposta è migliore di altre. Quindi dobbiamo creare una concatenazione di argomentazioni che “portino acqua al mulino” della nostra tesi. In termini di dispositio, questo è lo schema classico del discorso:
- Esposizione della nostra tesi in modo esplicito, utilizzando espressioni metalinguistiche (“Oggi sono qui per parlare di/per raccontare che/La mia idea è…”)
- Alcune argomentazioni a supporto, per esempio tre (“Lo racconterò con tre storie/tre dati/tre esempi…”)
- Conclusione con la ricapitolazione della tesi
Banale ma efficace. Se usiamo questo schema, portiamo a casa un risultato sicuro. Ovviamente possiamo anche inventare scalette più creative, ma senza mai dimenticare di chiarire la nostra tesi.
La struttura del discorso
Lo schema proposto per scrivere un discorso e prepararsi prima di parlare in pubblico costituisce una valida linea guida da seguire per strutturare il proprio intervento e fare un discorso efficace. Ma come suddividere le informazioni lungo il testo, e quale struttura seguire? Vediamo come scrivere l’introduzione, il corpo e la conclusione di un discorso e quali tecniche e consigli di comunicazione efficace seguire per scrivere il discorso perfetto.
Come iniziare un discorso: l’introduzione
L’incipit del discorso deve portarci velocemente al dunque. Abbiamo dedicato un articolo specifico agli inizi dei discorsi. Bisogna evitare i ringraziamenti infiniti, che nella maggior parte dei casi il pubblico vive come lusinghe ipocrite. Possiamo iniziare con una excusatio protper infirmitatem, ma poi dobbiamo arrivare spediti alla tesi da dimostrare, proprio come ha fatto Pamela Meyer nell’esempio citato. La tesi può essere anche formulata in termini di avvertimento, come nel caso del “Discorso dei 14 punti” del presidente americano Woodrow Wilson, pronunciato l’8 gennaio del 1918, nell’ultimo anno della Prima Guerra Mondiale, attraverso il quale voleva gettare le basi per la pace: “Sarà nostro desiderio e proposito che i processi di pace, una volta avviati, siano assolutamente aperti e che non comportino e permettano d’ora in poi intese segrete di alcun tipo”.
Come argomentare: il corpo del discorso
Generalmente il corpo del discorso è dedicato alle argomentazioni, che sono collegate con la tesi. Possiamo esporle con un’enumerazione, come visto nell’esempio, oppure semplicemente in sequenza, aggiungendo delle espressioni metalinguistiche tra l’una e l’altra: “abbiamo parlato di… e ora parliamo di…”; “abbiamo affrontato questo argomento, che ci porta ad affrontarne un secondo…”. Nel corpo centrale del discorso possiamo anche raccontare un aneddoto che ci riguarda o che riguarda qualcuno che ammiriamo o che detestiamo, a seconda se abbiamo bisogno di un modello positivo o negativo. Possiamo anche inserire un esempio o una similitudine. Altra possibilità è adottare il meccanismo problema-soluzione. È la scelta di John Fitzgerald Kennedy nel suo discorso “Ich bin ein Berliner” del 26 giugno 1963, nel quale vuole controbattere alle argomentazioni di chi apprezza il modello sovietico: “Ci sono molte persone al mondo che non capiscono, o che dicono di non capire, quale sia la grande differenza tra il mondo libero e il mondo comunista. Che vengano a Berlino. Ce ne sono alcune che dicono il comunismo è l’onda del progresso. Che vengano a Berlino. Ce ne sono alcune che dicono, in Europa come altrove, che possiamo lavorare con i comunisti. Che vengano a Berlino. E ce ne sono anche alcune che dicono che è vero che il comunismo è un sistema malvagio, ma permette anche progressi economici. Lass’ sie nach Berlin kommen. Che vengano a Berlino”. Per enfatizzare il meccanismo Kennedy si serve di una simploche.
Come concludere un discorso: la chiusura
Di solito un buon discorso si chiude riprendendo la tesi iniziale. Possiamo farlo attraverso una citazione. Ma il personaggio chiamato in causa deve avere un senso nella narrazione. Non possiamo arraffare una citazione dal web, forse anche apocrifa, e buttarla lì senza far nemmeno capire il nome del personaggio cui ci riferiamo: “come diceva Awanagana non è tanto il come ma il perché”. E che vuol dire? E chi è Awanagana? Meglio citare una persona a noi cara e spiegare perché la tiriamo in ballo. Nel 2018 Özlem Cekic, attivista ed ex deputata danese di origine turca, tiene un discorso per ted.com sul coraggio della gentilezza. Ecco l’explicit: “E concludo citando il mio amico Sergeot Uzan, che ha perso suo figlio in un attacco terroristico contro una sinagoga ebraica a Copenaghen nel 2015. Ha rifiutato ogni vendetta: “Il male può essere sconfitto solo dalla gentilezza tra le persone”. La gentilezza richiede coraggio. Cari amici, cerchiamo di essere coraggiosi”.
Oltre a contenere una citazione, il discorso di Cekic contiene un invito all’azione. Si dice infatti che un intervento non si conclude con un “arrivederci e grazie”. È di questo avviso Michelle Obama quando, alla Convention del Partito Democratico, pronuncia un discorso di endorsement per la candidata Hillary Clinton. Perderà contro Donald Trump, ma l’invito all’azione conclusivo è da manuale: “Dobbiamo bussare ad ogni porta, dobbiamo portare fuori ogni voto, dobbiamo versare l’ultima goccia della nostra passione, della nostra forza e del nostro amore per questo paese per eleggere Hillary Clinton come presidente degli Stati Uniti d’America! Quindi mettiamoci al lavoro. Grazie a tutti e che Dio vi benedica”.
Troviamo un invito all’azione anche nel “Discorso sulla Costituzione” del 1965 di Piero Calamandrei: “Se voi volete andare in pellegrinaggio nel luogo dove è nata la nostra Costituzione, andate nelle montagne dove caddero i partigiani, nelle carceri dove furono imprigionati, nei campi dove furono impiccati. Dovunque è morto un italiano per riscattare la libertà e la dignità, andate lì, o giovani, col pensiero perché lì è nata la nostra Costituzione”.
Scrivere un discorso: regole, tecniche e consigli
Abbiamo visto qual è la struttura migliore da seguire per scrivere un discorso efficace e per preparare una scaletta che diventa un canovaccio per un discorso in pubblico. Passiamo ora alle tecniche e ai consigli per imparare a scrivere discorsi memorabili, che rimangano impressi nella mente del nostro pubblico e permettano di raggiungere gli obiettivi preposti.

Usare esempi e similitudini che il pubblico conosce o riesce facilmente a comprendere
Gli esempi sono un formidabile espediente retorico. Un ponte tra l’oratore e il suo pubblico, che permette di condividere un’esperienza comune. Nel 1992, Severn Cullis-Suzuki, anche nota coma “La bambina che zittì il mondo per 6 minuti”, pronuncia un discorso al Vertice della Terra delle Nazioni Unite di Rio de Janeiro. Ha12 anni e voleva frenare il processo di inquinamento del pianeta. Per spiegarsi meglio, usa un esempio, tratto da una sua esperienza personale: “Ero solita andare a pescare a Vancouver, la mia città, con mio padre, fino a quando pochi anni fa abbiamo trovato un pesce pieno di tumori. E ora sentiamo parlare di animali e piante che si estinguono, che ogni giorno svaniscono per sempre”. Anche se l’uditorio non è composto da pescatori, tutti possono comprendere la drammaticità della situazione, che mette a rischio il destino del pianeta in cui tutti viviamo.
Usare parole e frasi che richiamino l’attenzione
In retorica si chiamano “tuoni nella notte” o “luci del discorso”. Sono quelle espressioni che risvegliano l’uditorio. Papa Francesco, nella messa del Crisma del 2015, usa due bellissime metafore evangeliche che richiamano l’attenzione. L’obiettivo è spronare i sacerdoti a mescolarsi con i fedeli e farsi carico della realtà che li riguarda: “Chi non esce un poco da sé, invece di essere mediatore, diventa poco a poco un intermediario. Un gestore. Da qui deriva l’insoddisfazione di alcuni che finiscono per essere preti tristi. Io vi chiedo: siate pastori con l’odore delle pecore. Che si senta! Pastori in mezzo al proprio gregge, e pescatori di uomini”.
Coinvolgere il pubblico
L’uditorio ha bisogno di essere coinvolto anche ascoltando istruzioni precise su quello che deve fare. Nel “Discorso della marcia del sale” del 1930, Gandhi invita il popolo a ribellarsi in modo non violento al monopolio britannico sulla raccolta di questo prezioso composto chimico. Per farlo, fornisce istruzioni precise su quello che ogni attivista deve fare: “La disobbedienza civile alle leggi sul sale dovrà essere iniziata dovunque ve ne sarà la possibilità. Tali leggi possono essere violate in tre modi. È una violazione delle leggi produrre sale dove vi è la possibilità di farlo. È una violazione delle leggi anche il possesso o la vendita di sale di contrabbando (incluso il sale naturale e minerale). Incorrono nei rigori della legge anche i compratori di questo sale. Asportare i depositi di sale naturale che si trovano sulle rive del mare costituisce un’altra violazione delle leggi, come pure la vendita del sale così ottenuto”.
Usare un linguaggio comune ma preciso
Lo scrittore Raymond Carver invitava gli aspiranti narratori a usare un “linguaggio comune ma preciso”. Se non abbiamo particolari motivazioni stilistiche, è utile ricorrere alle parole più semplici possibili. Evitiamo di chiamare la “faccia” “volto; o di “recarci” invece di “andare” o di spostarci con l'”autoveicolo” invece che con la “macchina”. Le parole sono eleganti se sono quelle più precise per descrivere qualcosa, non se sono le più ricercate.
Alcuni oratori ricercano proprio le espressioni più colloquiali per mordere la realtà. Nel 1984, la premier britannica Margaret Thatcher illustra con parole di tutti i giorni la sua politica liberista, secondo la quale lo Stato non deve correre in soccorso dei cittadini: “Dobbiamo trasformare la Gran Bretagna da una società dipendente a una società autonoma, da una nazione «dammelo!» a una nazione «fattelo da solo!». Una Gran Bretagna «alzati e vattelo a prendere!», invece di una Gran Bretagna «siediti e aspetta!»”. Possiamo essere o non essere d’accordo con la teoria thatcheriana, ma bisogna ammettere che lo stile funziona.
Valorizzare il proprio stile personale
Pronunciare un discorso non è come leggere ad alta voce un saggio. Dobbiamo tendere ad avere uno stile che ci rappresenti e non imitare lo stile di qualcun altro o, come avviene molto spesso, lo stile di un manuale scritto. Nel discorso orale sono necessarie le ripetizioni, le riformulazioni dei concetti e anche qualche riferimento al nostro dialetto o a una nostra esperienza può essere un modo per rappresentare il nostro mondo e renderci unici. Meglio preferire lo stile paratattico e non ipotattico, quindi formulare periodi brevi e non inzeppati di subordinate. Vietato iniziare i periodi con “Nell’ambito di..” o “Alla luce di…” o con i gerundi: “Considerando che…”. Sono espressioni che , invece di valorizzare lo stile personale, lo uccidono.

Revisione e correzione finale
Quando abbiamo scritto il nostro discorso, rileggiamolo ad alta voce, per verificare che il ritmo funzioni. Se ci impuntiamo su una parola, chiediamoci se quel periodo è troppo lungo. Poi mettiamo in neretto alcune parole chiave. In seguito, non leggiamo più, ma cerchiamo di pronunciare il discorso a braccio soltanto sbirciando il foglio. Di nuovo, se un passaggio ci risulta difficile da esporre, chiediamoci se la concatenazione tra gli argomenti funziona. Questa è l’occasione per cancellare le parti che non ci convincono, per riformularle o per semplificarle con una figura retorica. Perché, al contrario di quello che pensano molti, la retorica serve a chiarire non a complicare. E, come cantava Cyndi Lauper, a farci mostrare i nostri veri colori!