Crisi di Governo: retorica vs retorica

Alla retorica di Conte, Renzi risponde con altra retorica

 

Quali figure per Conte?

Domande retoriche, anafore, preterizioni. Sono solo alcune delle figure retoriche che hanno costellato il discorso del premier Conte, pronunciato in occasione della crisi di Governo alla Camera e al Senato il 18 e 19 gennaio.

Cominciamo con le domande retoriche. Sono almeno tre. Conte si chiede: “Abbiamo operato sempre le scelte migliori? Abbiamo assunto sempre le decisioni più giuste?”. Conte si fa la domanda e si dà la risposta: “Per parte mia posso dire che il Governo ha operato con il massimo scrupolo e con la massima attenzione”.

Altra domanda retorica, rivolta implicitamente a Renzi: “C’era davvero bisogno di aprire una crisi politica in questa fase?”. Anche qui, Conte si risponde da solo. E la risposta è ovviamente: “no!”.

Ora veniamo all’anafora. Nella prima, lunghissima, parte del discorso, Giuseppe Conte rivendica quanto ha fatto il suo governo per fare fronte alla pandemia. Lo fa con una raffica di “abbiamo”: “abbiamo introdotto la fiscalità di vantaggio per le imprese del Mezzogiorno”, “abbiamo definito un percorso accelerato per le opere pubbliche… Ne ho contati più di venti.

Ora le preterizioni. Conte sottolinea tutto quello che avrebbe dovuto fare e tutto quello di cui avrebbe dovuto parlare, se Renzi non avesse sollevato la crisi di Governo. È un modo per attribuire al leader di Italia Vita le sue responsabilità, senza incolparlo direttamente: “Sono qui oggi non per annunciare nuove misure di sostegno per i cittadini e le imprese. Non per illustrare la bozza migliorata del recovery plan, ma per provare a spiegare una crisi di cui, immagino, i cittadini – ma, devo confessarlo, io stesso – non ravvisano alcun plausibile fondamento”.

E chiude con un avvertimento: “Adesso si volta pagina!”.

 

Retorica chiama retorica. La risposta di Renzi

Ma veniamo alla replica di Renzi. Qual è la sua risposta retorica? Il tricolon e l’anafora.

Partiamo con il tricolon. È un’enumerazione a tre punti. Ricordiamo che il tre è il numero magico della retorica, quello che funziona meglio quando facciamo un elenco.

Renzi cita i tre record negativi dell’Italia. Tre “macigni”, come li chiama lui con una metafora: il record negativo dei peggiori risultati economici in termini di Pil; il record negativo del rapporto tra la popolazione e il numero di morti per Covid; il record negativo di giorni scolastici trasformati nell’evanescente DAD.

E, infine, l’anafora. Matteo Renzi ripete sette volte in posizione iniziale l’espressione “ora o mai più”. “Ora o mai più, non tra sei mesi”. Ora o mai più, per cogliere le opportunità della Brexit. Ora o mai più, perché questo è l’anno del G20. Ora o mai più, perché è ora di mandare di nuovo i ragazzi a scuola. Ora o mai più, per il Mes e così via…

E ribadisce: “Le poltrone passano, le opportunità… mai più!”.