Domanda e risposta in pubblicità

Fatti una domanda e datti una risposta! La figura retorica della subiectio nella comunicazione pubblicitaria

“Quante cose può fare la tua firma?”. “Con la tua firma per il 5×1000 a EMERGENCY puoi costruire ospedali, offrire cure mediche, fare formazione e riconoscere dignità alle vittime della guerra e della povertà. Senza discriminazioni”.

“Perché gli italiani non scopano più come una volta?”. “Perché Alfatec vende tanti aspirapolvere”.

Sono palesemente due messaggi pubblicitari di tipo diverso (sociale e commerciale), ma ancor più è assolutamente antitetico il “tono di voce” (lo stile adottato per parlare al pubblico): serio nel primo e umoristico nel secondo (una volta eliminata l’ambiguità prodotta dalla polisemia, ossia la prerogativa di una parola di avere più significati). Tuttavia li accomuna lo schema a “domanda e risposta”. Esso, a dimostrazione dell’influenza che sulla moderna comunicazione persuasiva esercita la retorica antica, deriva dalla figura della subiectio, vocabolo latino che indica la “risposta data dall’oratore a una domanda fatta da lui stesso” e viene tradotto con l’italiano “soggiunzione” (1).

Un’inserzione, realizzata per un’organizzazione benefica cattolica, si rivela particolarmente incisiva, giacché suscita una certa emozione nel trasmettere l’idea di consolidata esperienza nel sostegno ai bisognosi. Una fotografia mostra in primo piano una persona in un’evidente condizione di disagio e però sorride. Questo è il testo, che interagisce con l’immagine: “Nella povertà cosa c’è da ridere?”, “C’è Opera San Francesco da 60 anni”. Il carattere emozionale è accentuato da un’affermazione, che sintetizza la sua mission: “Perché nessuna povertà possa mai oscurare la bellezza di un sorriso”.

Ecco ancora qualche headline:

“Quale sarà il modo migliore di guidare domani? Quello di oggi. Possono raccontartelo 200.000 italiani che hanno scelto Toyota Hybrid”

“Colazione golosa e leggera? Certo che sì, è Buondì”.

Tale format contraddistingue vari annunci che costituiscono paradigmi di creatività:

“Avis è solo il numero due nel noleggio auto. Allora perché dovreste scegliere noi?”.  “Perché ci impegniamo più degli altri […] Perché sappiamo di non poterti dare per scontato […]” (Agenzia DDB, copywriter Paula Green)

“Il numero due dice che lavora più sodo. Ma di chi?”. “[…] Tanta gente ritiene che si stia riferendo a noi. Non è certo il caso. E siamo certi che il numero 2 sarebbe il primo ad essere d’accordo […] Dicci la tua, numero 3. È a te che il numero 2 si sta riferendo quando dice di lavorare più sodo?” (Agenzia Carl Ally per Hertz, copywriter Jim Durfee)

“Sarai altrettanto fortunato nel fare una seconda carriera?” [Il riferimento è a un attore hollywoodiano, diventato presidente degli Stati Uniti]. “[…] Non c’è alcuna ragione per cui tu non debba essere attivo e produttivo a 73 anni, come il signor Reagan, qui. Però speriamo che tu non voglia caricarti sulle spalle i problemi del mondo intero” (Agenzia Lowe Howard Spink per le assicurazioni Albany Life, copywriter Alfredo Marcantonio)

“Ti imbarazzi facilmente? Usa un coso e nessuno si accorgerà che hai il tuo qualcosa” (Agenzia AMV BBDO per Tampax, copywriter Mary Wear)

“Avete mai pensato a cosa succederebbe se fossero gli uomini ad avere il ciclo?”. “[…] I lamenti continuerebbero per altre 3 settimane, altro che 5 giorni! […] Dopo 106 anni nel settore non siamo così ingenui da credere di poter trasformare il tuo ciclo in una passeggiata, ma siamo sicuri di poterlo rendere un po’ meno seccante” (Agenzia BBH per Dr.White’s, copywriter Barbara Nokes) (2).

Più recentemente, nell’advertising di Posteitaliane per il servizio postedelivery la domanda e la risposta corrispondono rispettivamente a un’esigenza (espressa nei titoli) e alla maniera di soddisfarla (esplicitata nella body copy):

“Fai più regali di Babbo Natale ma tu non hai la slitta?”

“Acquista nel tuo Ufficio Postale le comode confezioni preaffrancate Poste Deliverybox, già pronte per essere spedite. Se preferisci, puoi richiedere anche il ritiro a domicilio compreso nel prezzo, oppure spedirle direttamente nell’Ufficio Postale o nei Tabaccai e negozi della rete Punto Poste”

“Vuoi far arrivare il tuo business sempre più lontano?”

“Con Poste Delivery Business il mondo è alla portata del tuo e-commerce. Con un’unica soluzione hai anche i servizi più innovativi come Reverse Internazionale e la consegna ai punti di prossimità esteri”

“Hai finito l’inchiostro per stampare la lettera di vettura?”

“Con Poste Delivery Web puoi acquistare una spedizione online o da App UP. Per prenotare il ritiro bastano pochi click, il corriere arriva fino a casa tua e poi pensiamo a tutto noi. Anche a stampare la lettera di vettura”.

Piuttosto accattivante per il suo impianto originale è l’headline di un’inserzione per la promozione del turismo in una regione italiana. La prima parte sembra contenere una domanda retorica: “Cosa c’è di più bello che girare il Friuli Venezia Giulia?”. La risposta implicita appare, infatti, ovvia: “Niente”. Invece quella riportata nella seconda parte, con un effetto sorpresa, è differente: “Fermarsi nelle sue osterie e cantine”. Inoltre il testo esplicativo successivo, dove si parla di “tanta bellezza e paesaggi così diversi” e della “scoperta di quanto sia splendida la sua enogastronomia”, si conclude con un interrogativo: “Girare o fermarsi?”, incentrato sul dilemma. Nella definizione di Olivier Reboul, è “il ragionamento atto a provare che i due termini di un’alternativa giungono alla medesima conseguenza, che si identifica con la tesi” (3): nello specifico, bisogna comunque recarsi nel territorio reclamizzato.

Una pubblicità punta per la sua efficacia su questa tecnica argomentativa e sulla subiectio, associate al fenomeno della “sovrainclusione”, cioè dell’inserimento di un nome (nella fattispecie, del prodotto e della marca), interamente o parzialmente, a cavallo di due o più vocaboli contigui: “Perché preferire una pera Opera? O per la bontà. O per la linea. O per amicizia. O per amore. O perché è italiana. O perché garantita da un consorzio di esperti frutticoltori. O perché ha zero grassi… ed è ricca di fibre. O per stupire. O per portarla sempre con te. O per… perché è Opera”.

In una campagna istituzionale ideata dall’agenzia New Commercial Arts di Londra per una compagnia di telecomunicazioni, rientra uno spot, in cui ci si avvale della soggiunzione. La protagonista è una giovane studentessa, definita “la ragazza inarrestabile”, giacché, durante una lezione, fantastica di correre da un luogo a un altro. Dalle varie situazioni nelle quali si trova deriva una serie di quesiti: “È possibile odiare di meno e amare di più? È possibile curare ogni malattia? E far sì che nessuno resti indietro? È possibile battere nuovi record? È possibile cambiare le cose prima che sia troppo tardi? E magari guidare tutti senza inquinare? È possibile arrivare lontano, ancora più lontano?”. Ed ecco l’auspicio della bambina: “Insieme alla tecnologia tutto è possibile”. E, più precisamente, “Vodafone, togheter we can”.

Le questioni affrontate riguardano – per alcune lo si capisce dalle immagini – i rapporti interpersonali, la salute, il divario digitale, il riscaldamento globale, l’avvelenamento dell’aria, il progresso. Sono rilevanti e vanno incontro non a un bisogno di un target particolare, ma a un interesse di un pubblico più ampio. Per tale motivo il film dall’advertising classico si muove in direzione del branded content, il contenuto condiviso dalla marca. Già qualche decennio fa Roberto Grandi riconosceva che essa “è oggi considerata una categoria appartenente all’universo della comunicazione, in quanto consiste in ciò che i produttori e i diversi pubblici pensano e dicono sulla marca stessa”. Invero “nei mercati maturi attuali è sempre più caratterizzata da attributi che fanno riferimento alle caratteristiche immateriali e valoriali, sancite attraverso processi di carattere comunicativo pluridirezionale” (4).

Il messaggio della società di telefonia merita una peculiare attenzione, poiché il coinvolgimento del destinatario si attua non solo mediante lo schema a “domanda e risposta”, ma specialmente sul piano delle emozioni, suscitate dalla trattazione di certi temi in funzione della buona reputazione dell’azienda.

 

Note

 

(1) Luigi Castiglioni, Scevola Mariotti, Vocabolario della lingua latina, Loescher, 1967. Nell’opera La retorica a Gaio Erennio, per designare questo procedimento stilistico, si usano anche i termini “ipofora” e “antipofora”.

(2) Giuseppe Mazza, Cose vere scritte bene. I più grandi annunci copy per i copy di oggi,  Franco Angeli, 2016, pp. 95, 101, 119, 129, 131.

(3) Olivier Reboul, Introduzione alla retorica, Il Mulino, 1996, p. 209.

(4) Roberto Grandi, “Marca”, in Alberto Abruzzese, Fausto Colombo (a cura di), Dizionario della pubblicità, Zanichelli, 1994, pp. 266 e 268.