di Giorgio Matza
“E se lo dice la Clerici, credici”: con questo invito dello speaker si concludono i comunicati radiofonici, in onda dal gennaio 2017, realizzati per i punti vendita discount MD, nell’ambito di una campagna di comunicazione che ha come testimonial la nota conduttrice televisiva.
Il gioco di parole deriva dall’analoga sonorità fra loro, che costituisce la caratteristica della paronomasia. Più precisamente, abbiamo una sua forma particolare, il paragramma, cioè l’accostamento di due termini che si differenziano per un solo fonema: nella fattispecie un cognome e un verbo (Clerici – credici).
Ecco altri casi in slogan pubblicitari:
“Brodo ottimo in un attimo”
“Risotto? Risolto!”
“Per essere utili agli altri, non serve volare. Basta volere” (Pubblicità Progresso per promuovere il volontariato. Fra le due parti del testo è riportata l’immagine di Superman, che si sposta liberamente nell’aria)
“Fiesta ti tenta tre volte tanto” (è possibile rilevare anche la presenza dell’allitterazione, ovvero una peculiare frequenza del fonema /t/, che evidenzia il pronome di seconda persona singolare e richiama subliminalmente il destinatario del messaggio, al quale il copywriter si rivolge direttamente con l’allocuzione) (1).
Quelli che seguono sono invece due esempi di metagramma (la diversità è determinata da un gruppo di fonemi):
“Si munge, si mangia”
“45.000 prodotti, 45.000 primati”.
Inoltre esiste la paronomasia per inclusione, quando un termine è per l’appunto incluso all’interno di un altro:
“Pregio e privilegio”
“Dove i soldi diventano solidi”.
Si trova perfino nella frase citata all’inizio: dice – credici.
La paronomasia rientra nella classe delle figure foniche. Le possiamo chiamare così, perché concernono i fonemi, le unità minime costitutive dei vocaboli. Un’altra è la rima, ossia la perfetta identità di suono fra due parole a partire dalla vocale accentata. Le occorrenze in pubblicità sono innumerevoli. Eccone qualcuna.
“Ava come lava”
“Rowenta. Per chi non si accontenta”
“Il metano di dà una mano”
“Boario, fegato centenario”
“Fideuram. Fondi fecondi”.
L’ultima è una hammer rhyme, una rima martellante, in quanto i termini rimanti sono consecutivi, immediatamente successivi. Nei primi due claim l’unione dei vocaboli collegati fonologicamente produce un senso logico (“Ava lava” e “Rowenta accontenta”).
La creatività linguistica svolge una funzione fondamentale nell’ideazione di attention getting device (espedienti per ottenere l’attenzione). Ciò può avvenire attraverso le figure foniche, risultanti dall’accostamento di parole, caratterizzate da una certa equivalenza sonora. Si ricorre a esse per realizzare effetti musicali e dunque per rendere i sintagmi o le frasi formalmente più efficaci (di solito più facilmente memorizzabili).
Inoltre fra i termini che hanno un legame sul piano dell’espressione, si tende (consciamente o inconsciamente) a stabilire un rapporto, ad attuare una transazione reciproca, pure a livello di contenuto.
Anche secondo Roman Jakobson, con le corrispondenze foniche si accresce o si crea la vicinanza semantica. Infatti i vocaboli che si assomigliano nel significante, l’elemento fisico-materiale del segno, si attraggono l’un l’altro per il significato, l’elemento concettuale astratto.
Nel 1952, nella campagna per l’elezione del generale Dwight Eisenhower alla presidenza degli Stati Uniti d’America, fu coniato lo slogan “I like Ike” (“Mi piace Ike”: così era confidenzialmente chiamato). A proposito della rima ad eco /layk/ – /ayk/ e dell’allitterazione /ay/ – /ayk/, il grande linguista ha parlato, rispettivamente, di “immagine paronomastica d’un sentimento che inviluppa totalmente il suo oggetto” e di “immagine paronomastica del soggetto amante involto nell’oggetto amato” (2).
In Italia, in occasione delle politiche del 21 aprile 1996, in un confronto diretto con Silvio Berlusconi nel programma Linea Tre, trasmesso dalla Rai il 12 aprile, Romano Prodi utilizzò una paronomasia. Infatti affermò: “In cambio di frequentazioni ha avuto frequenze”, riferendosi all’attività d’imprenditore televisivo, svolta dal suo avversario (3).
Gianluca Pierotti ha definito subliminal copywriting un interessante fenomeno che si verifica in pubblicità (4). In particolare, è possibile parlare dell’anagramma, che consiste in una metatesi, in un’inversione nell’ordine di successione dei fonemi di una parola in modo da formarne un’altra: il nome della marca o del prodotto. Esso può essere anche “incluso” o “sovraincluso”, ovvero inserito rispettivamente in un altro termine o a cavallo di due contigui. Così si rafforza il senso del messaggio: infatti si fa risuonare e percepire un certo vocabolo al lettore subliminalmente, cioè al di sotto del livello della sua coscienza, ossia senza che egli se ne renda conto.
Nel testo pubblicitario è più comune l’inclusione e la sovrainclusione, come attestano le seguenti espressioni tratte da annunci non molto recenti:
“enciclopedia”, “esplorare”, “alle possibilità”, “reale rispondenza del modello prescelto” = Opel
“indeformabile” = Ford
“più da …”, “caratteristica di una”, “di un’altra”, “avanguardia” = Audi
“pensate”, “acquistate”, “e state” = Seat
“maturare”, “naturale”, “naturalmente” = Turà
“livello di vita”, “solido” = Loyd (Adriatico)
“tecnologica a” = Akai
“ringiovanisce”, “donne a volersi bene valorizzandosi”, “innovativi” = Avon
“davvero rassicuranti”, “trovare”, “per averlo” = Rover
“voi e il vostro” = Volvo
“un unico”, “selezioni con” = Nikon
“chiamano” = Nokia
“faresti” = Fiesta (Ford)
“e costruita” = Escort (Ford)
“via silenziosa” = Silvia (Nissan)
“dalle stoviglie”, “della vostra” = Svelto
“rivela lo splendore” = L’Oreal
“mai per caso” = Campari
“il sogno nel cassetto” = Lacoste
“dei nostri standard” = Antinori
“la lavorazione si avvia” = Oro Saiwa
“mentre stai sorvolando” = Emirates
“vacanze fra amici” = Carinzia
“ottimo livello” = Olivetti
“personalità” = Opel Astra
“parrucchiere specialista” = Kerastase
“sei mai rimasto innamorato” = Remy Martin.
In questo campione si passa da nomi di quattro o cinque lettere, per i quali si potrebbe pensare ad una casualità, a quelli di otto, nove e, persino, dieci. Poiché, come abbiamo visto, con le corrispondenze foniche si accresce o si crea la vicinanza semantica, il pubblicitario dovrebbe accertarsi che il nome della marca o del prodotto reclamizzato riecheggi all’interno di termini di valore non negativo, ma positivo, come in alcuni degli esempi riportati.
Talvolta la subliminalità del messaggio viene meno, perché il copywriter attribuisce palesemente un nuovo significato a una determinata sigla, come nel seguente annuncio, nel quale si ricorre alla figura fonica dell’allitterazione (ripetizione degli stessi fonemi all’inizio di più vocaboli): “ACILE ARDEGNA. NON È LA STESSA COSA SENZA FS. Dovete andare in Sardegna e volete viaggiare in traghetto da Civitavecchia al Golfo degli Aranci? Fatelo in modo Simpatico, facendo piacevoli incontri comodamente seduti nella nostra nuova sala d’attesa. Fatelo in modo Saporito, approfittando della buona cucina e del comodo servizio ristorante. Fatelo in modo Sereno, rilassandovi in cabine confortevoli e spaziose. Fatelo in modo Saggio, viaggiando di giorno con lo sconto del 10% e studiando gli orari migliori sulle nostre tabelle. Fatelo in modo Semplice, acquistando il biglietto anche all’ultimo momento, alla biglietteria FS del porto. Fatelo in modo Speciale, il vostro viaggio in Sardegna. Fatelo con FS. Ferrovie dello Stato”.
Ecco altre due occorrenze:
“Spedizioni decisamente affidabili” (Corriere SDA)
“Spesa intelligente” (supermercati Eurospin).
Il fenomeno delle parole che si nascondono all’interno di altre parole, si registra pure in poesia. Gli esempi sono innumerevoli. Basti farne uno, particolarmente significativo, perché concerne un’intera proposizione. Nel 7° verso del sonetto In morte del fratello Giovanni, di Ugo Foscolo, si legge: “ma io deluse a voi le palme tendo”. Con una diversa combinazione di un certo numero di lettere, si ottiene la frase: “io vado esule” (io deluse a voi). È solo una coincidenza? Forse no, considerando che quello dell’esilio costituisce uno dei temi fondamentali sviluppati nel testo poetico.
NOTE
(1) Riguardo all’allitterazione del fonema /t/, un’analoga osservazione è stata fatta, qualche tempo fa, a proposito della prima strofa della canzone A Silvia, di Giacomo Leopardi (cfr. STEFANO AGOSTI, Il testo poetico, Rizzoli, 1972).
(2) ROMAN JAKOBSON, Saggi di linguistica generale, Feltrinelli, 1966, p. 190.
(3) Riportato in ROBERTO GRANDI, Prodi. Una campagna lunga un anno, Lupetti/Piero Manni, 1996, p. 95.
Non si può fare a meno di osservare che Berlusconi smentì la propria fama di comunicatore e diede prova di autolesionismo, ribattendo: “Assurdo. Che significa, che andavo a merenda con Forlani o a cena con Craxi e avevo frequenze…” (dopo di che Prodi poté concludere: “Sì, è così”).
Disse dunque qualcosa di più, specificò l’attribuzione della colpa, creando, oltretutto, un effetto di realtà. In termini retorici, si parla di ritocco per indicare tale aggiunta d’informazioni complementari.
(4) GIANLUCA PIEROTTI, “Subliminal copywriting. ‘L’effetto Tinsemal’”, in ANGELA CHIANTERA (a cura di), Una lingua in vendita, Nuova Italia Scientifica, 1989.