Figure retoriche del ritmo nel discorso politico: da Benito Mussolini ai presidenti americani

di Giorgio Matza

L’isocòlo, come abbiamo visto recentemente (1), risulta dalla perfetta simmetria fra due o più membri di un costrutto o di una proposizione o di un periodo per numero di parole, per struttura sintattica e per ritmo. Come le altre figure retoriche, si trova in una comunicazione di particolare intensità espressiva, qual è quella dei presidenti americani. Nella allocuzione d’insediamento alla presidenza, John F. Kennedy ammonì: <Se una società libera non può aiutare i molti che sono poveri, non può salvare i pochi che sono ricchi>. E nel discorso ai diplomatici dell’America Latina, alla Casa Bianca, il 12 marzo 1962, rilevò: <Coloro che rendono impossibile una rivoluzione pacifica renderanno inevitabile una rivoluzione violenta> (2).

Bill Clinton, intervenendo alla Freedom House di Washington il 6 ottobre 1995, propugnò l’esigenza di <lavorare, sui valori e sugli interessi e sui problemi fondamentali finché, usando sia la passione più intensa che la ragione più lucida, non avremo ricacciato indietro le forze dell’isolamento> e parlò di elementi che <vorrebbero diffondere l’oscurità a danno della luce, la disgregazione a danno dell’integrazione, il caos a spese della comunità>.

Per Ronald Reagan, <L’America […] ha braccia sufficientemente ampie per confortare e sufficientemente forti per sostenere>.

Tutti i passi appena citati comprendono altri procedimenti stilistici, come l’antitesi e la personificazione: più precisamente, la prima, basata sull’accostamento di due parole o frasi di senso opposto, in quelli di Kennedy (“i molti che sono poveri– i pochi che sono ricchi”, “rivoluzione pacifica– rivoluzione violenta”) e di Clinton (“passioneragione”, “oscuritàluce”, “disgregazioneintegrazione”) e la seconda, consistente nel fare di un esse­re inanimato o astratto una persona  reale, dotata di vita, in quello di Reagan (“l’America ha braccia”) (3).

I casi che di seguito si riportano, sono ricavati dalla produzione discorsiva di Barack Obama:

<Che tipo di Europa, che tipo di America, che tipo di mondo ci lasceremo dietro?>

<Le leggi possono essere approvate, le coscienze possono essere smosse e il consenso può essere costruito>

<Perché ovunque in questo paese ci sono primi passi da muovere, nuove strade da percorrere, altri ponti da attraversare> (4).

Riguardo al ritmo, Giorgio Fedel ha considerato quello ternario <elemento tipico nella struttura sintattico-ritmica del discorso mussoliniano>:

<[…] vittoria comune, alla quale l’Italia aveva dato il contributo supremo di 670.000 morti, 400.000 mutilati e un milione di feriti>

<Venti milioni di uomini: un cuore solo, una volontà sola, una decisione sola>

<Alle sanzioni economiche opporremo la nostra disciplina [a], la nostra sobrietà [b], il nostro spirito di sacrificio [c][1]. Alle sanzioni militari risponderemo con misure militari [2]. Ad atti di guerra risponderemo con atti di guerra [3]>

<Sono io che l’ho voluta, questa marcia [1], io che l’ho imposta [2], io che ho tagliato corto a tutti gli indugi [3]>

<O popolo di Catania marinara! […] Leva il tuo pensiero alla Maestà del re [1]. Leva il tuo pensiero a tutti coloro che hanno sofferto per la Patria [2] Leva il tuo pensiero di gratitudine [a], di orgoglio [b] e d’amore [c] per la nostra bellissima adorabile Italia [3]>

Lo studioso ha osservato che <dal punto di vista ritmico, le accumulazioni con più di tre membri possono risultare poco incisive per eccesso, le strutture binarie lo possono essere per difetto. Quelle ternarie invece sembrano le più “armoniche”>. E ha citato la seguente affermazione di Adam Smith (Lezioni di retorica e belle lettere, 1993, p. 420): <“Tre… è il numero più appropriato… questo numero viene molto più facilmente compreso e appare molto più completo di due o quattro. Nel numero tre, infatti, c’è un centro e vi sono due estremi, mentre nei numeri due e quattro non c’è alcun centro sul quale l’attenzione si possa fissare di modo che ciascuna parte sembri legata ad esso”>.

Secondo Fedel, <l’andamento del discorso mussoliniano è altamente ritmico. Ciò induce Leso (“Osservazioni sulla lingua di Mussolini”, in AA. VV., La lingua italiana e il fascismo, 1977, p. 35) a individuare nella retorica di Mussolini una “logica ritmica” che predominerebbe su quella semantica>. E <la ritmicità ci riconduce ancora in una dimensione di perentorietà. L’immediatezza dell’effetto emotivo del discorso ritmico è innegabile. All’ascolto delle parole ritmate si è lì “senza scampo”> (5).

Il seguente passo è tratto da un intervento tenuto da Benito Mussolini davanti ai reduci di guerra: <Ognuno di noi è certamente stato infangato da quella terribile terra rossa del Carso [1], ognuno di noi ha sofferto i geli ed i venti delle alti­tudini alpine [2], ognuno di noi ha vissuto in dimestichezza quotidiana colla vita e la morte [3]> (6).

Il ritmo ternario è proprio anche dell’oratoria presidenziale americana. Nel discorso di insediamento per il suo secondo mandato, il presidente Abraham Lincoln, tra l’altro, disse: <Senza odio verso alcuno [a], animato da clemenza per tutti [b], con fede profonda nell’idea che Dio ci dà della giustizia [c], dobbiamo adempiere il compito che ci siamo prefissi: medicare le piaghe della nazione [1], assistere coloro che hanno sopportato il peso delle battaglie [a], le loro vedove [b] e gli orfani [c][2], far sì che una pace giusta e duratura venga a portarci tutte le sue benedizioni [3], tanto a noi come agli altri popoli> (7).

Successivamente altri casi si possono trovare in Bill Clinton:

<Possiamo afferrare questo momento [1]. Possiamo far sì che essere Americani sia di nuovo emozionante [a] e stimolante [b] ed eroico [c][2]. Possiamo rinnovare la fede in noi stessi [a] e quella degli uni negli altri [b] e ricostituire il nostro senso di unità e di comunità [c] [3]. Dicono le Scritture: non hanno ancora visto i nostri occhi [a], né udito le nostre orecchie [b], né immaginato le nostre menti [c], ciò che possiamo costruire>

<La nostra sicurezza personale [a], familiare [b] e nazionale [c] risente dell’influsso della nostra politica riguardo al terrorismo, sia in patria, sia all’estero [1]. La nostra prosperità personale [a], familiare [b] e nazionale [c] è influenzata dalla nostra politica rispetto all’economia di mercato, sia in patria, sia all’estero [2]. Il nostro futuro personale [a], quello delle nostre famiglie [b] e quello della nazione [c] dipendono dalla politica che adottiamo sull’ambiente, sia in patria, sia all’estero [3]>

<Dopo tutti gli spargimenti di sangue [a], l’odio [b], le perdite degli ultimi anni [c], la pace sarà certamente fragile>

<Le iniziative americane in Bosnia, in Medio Oriente, ad Haiti e altrove hanno richiesto un investimento di tempo [a], di energia [b] e di risorse [c] [1]. Hanno richiesto una diplomazia tenace e l’uso misurato dell’apparato militare più forte del mondo [2]. Hanno richiesto sia determinazione che flessibilità nei nostri sforzi per operare come leader e di lavorare a fianco con altre nazioni [3]>

<C’è più sicurezza per gli americani grazie alla dura campagna anti-terrorismo che abbiamo condotto in stretta collaborazione con governi stranieri [1], alle sanzioni contro gli Stati che sponsorizzano il terrorismo [2] e all’aumento dei finanziamenti [a], delle risorse umane [b], dell’addestramento [c] per i nostri tutori dell’ordine [3]>

<Da Belfast a Gerusalemme, la leadership americana ha aiutato cattolici e protestanti, ebrei e arabi a camminare per le strade delle loro città con meno timore delle bombe e delle violenze [1]. Da Praga a Port-au-Prince stiamo lavorando per consolidare i vantaggi della democrazia e dell’economia di mercato [2]. Dal Kuwait a Sarajevo, gli audaci uomini e donne che compongono le nostre forze armate lavorano a tener testa alle aggressioni e a difendere la libertà [3]>

<In questo preciso momento, in qualche località dell’America sta nascendo un bimbo. Assumiamoci la responsabilità di dare a quel bimbo una casa serena [a], una famiglia sana [b], un futuro promettente [c] [1]. Assumiamoci la responsabilità di dare a quel bimbo la possibilità di vivere appieno le doti che Dio gli ha dato [2]. Assumiamoci la responsabilità di dare a quel bimbo un paese unito e non diviso [a], un paese di speranze e sogni infiniti [b]; un paese che ancora una volta elevi il suo popolo e sia di esempio al mondo [c][3]. Assumiamoci la responsabilità [a], l’impegno [b], il nostro “nuovo patto” [c]> (8).

Pure l’intervento fatto a Bruxelles, il 21 febbraio 2005, da George W. Bush contiene esempi di ritmo ternario:

<Insieme ci siamo opposti a ideologie totalitarie con la nostra potenza e la nostra pazienza [1]. Insieme abbiamo unito questo continente con i nostri valori democratici [2]. E insieme segniamo, anno dopo anno, gli anniversari della libertà, dal D-Day [a] alla liberazione dai campi di sterminio [b], alle vittorie della coscienza nel 1989 [c] [3]>

<La nostra alleanza transatlantica ha reso vani i piani di dittatori [1], servito gli alti ideali dell’umanità [2] e indirizzato un secolo violento su una rotta nuova e migliore [3]>

<Nessuna discussione contingente [a], nessun disaccordo passeggero tra i governi [b], nessun potere sulla terra ci potrà mai dividere [c]>

<Dopo molte false partenze [a], speranze infrante [b] e vite svanite [c] […]>

<Il popolo palestinese merita un governo che sia rappresentativo [a], onesto [b] e pacifico [c] [1]. Il popolo israeliano ha bisogno che finisca il terrore [a] e vi sia un partner affidabile [b] e deciso alla pace [c] [2]. E il mondo non deve smettere di adoperarsi finché non si arrivi a una risoluzione giusta e duratura di questo conflitto [3]>

<Dobbiamo stare dalla parte dei riformatori democratici [1]. Dobbiamo incoraggiare i movimenti democratici [2]. E dobbiamo appoggiare le transizioni verso la democrazia in modi concreti [3]>

<Adempiamo al dovere morale di curare gli ammalati [1], dar da mangiare agli affamati [2] e confortare gli afflitti [3]>

<Abbiamo accettato la sfida a lungo termine di diffondere la speranza [a], la libertà [b] e la prosperità [c] come grandi alternative al terrore> (9).

Numerosi casi di accumulazione con tre membri si devono a Barack Obama:

<Concittadini, oggi sono qui, umile di fronte al compito che ci attende [a], riconoscente per la fiducia che avete riposto in me [b], consapevole dei sacrifici sostenuti dai nostri antenati [c]>

<Per il nostro paese, questo è un giorno di commemorazione [a], un giorno di riflessione [b] e, con la grazia di Dio, un giorno di unità e di rinnovamento [c]>

<Possa Dio benedire e assicurare una pace eterna e serena a coloro che abbiamo perduto [1]. Possa amare e vegliare sui sopravvissuti [2]. E possa benedire gli Stati Uniti d’America [3]>

<Continuiamo a batterci [1], continuiamo a lottare [2], continuiamo a elevarci verso la terra promessa di una nazione e di un mondo che sono più onesti [a], più giusti [b] e più equi [c] per ogni figlio di Dio [3]>

<In tutta la storia dell’uomo, le società si sono confrontate con questioni fondamentali: l’organizzazione interna [a], il giusto rapporto tra l’individuo e lo stato [b], i metodi migliori per risolvere gli inevitabili conflitti tra le nazioni [c]>

<Questo è il paese che i nostri genitori [a], i nostri nonni [b] e le generazioni prima di loro [c] hanno costruito per noi [1]. Questa è la tradizione che dobbiamo difendere [2]. Questa è l’eredità che dobbiamo lasciare a quelli che verranno dopo di noi [3]>

<I giovani dietro la cortina di ferro si ispirarono a Selma e alla fine abbatterono il muro [1]. I giovani di Soweto sentirono Bobby Kennedy parlare di impulsi di speranza e alla fine debellarono il flagello dell’apartheid [2]. I giovani birmani preferirono andare in carcere piuttosto che sottostare al governo dei militari [3]>

<Se vogliamo onorare il coraggio di coloro che quel giorno marciarono, allora tutti noi siamo chiamati a fare nostra la loro immaginazione morale [1]. Tutti noi dobbiamo sentire, come fecero loro, l’urgenza appassionata dell’ora [2]. Tutti noi dobbiamo riconoscere, come fecero loro, che il cambiamento dipende dalle nostre azioni [a], dai nostri comportamenti [b], da ciò che insegniamo ai nostri figli [c] [3]>

<Questo è ciò che significa amare l’America [1]. Questo è ciò che significa credere nell’America [2]. Questo è ciò che significa quando diciamo che l’America è eccezionale [3]> (10).

Come si evince da diversi estratti, il ritmo ternario può interessare sia la frase complessa sia quella semplice e frequentemente si associa all’anafora. I seguenti passi, ricavati dalla produzione discorsiva rispettivamente di John F. Kennedy e di Barack Obama, ne contengono una coppia correlata:

<Quando il potere conduce l’uomo all’arroganza, la poesia gli ricorda i suoi limiti [1]. Quando il potere semplifica l’area della conoscenza umana, la poesia ricorda all’uomo della ricchezza e della diversità dell’esistenza [2]. Quando il potere corrompe, la poesia purifica [3]>

<Di fronte alla guerra, voi credete che può esserci la pace [1]. Di fronte alla disperazione, voi credete che può esserci la speranza [2]. Di fronte a una politica che vi ha escluso [a], che vi ha detto di starvene buoni [b], che ci ha diviso troppo a lungo [c], voi credete che possiamo essere un solo popolo, che possiamo ottenere tutto il possibile e costruire un’unione ancora migliore [3]> (11).

La <retorica e stilistica ripetitiva>, ha scritto Mario Wandruszka, <in America ha radici molto profonde: nel sermone puritano e nel discorso pubblico della nascente democrazia>, nei quali, con la ripetizione delle <parole più povere>, si persegue <una voluta semplicità, una finta ingenuità> (12).

Il presidente Kennedy fece ricorso anche a una cadenza quinaria:

<Insieme, esploreremo le stelle [1], conquisteremo i deserti [2], cancelleremo le malattie [3], colmeremo gli abissi dell’oceano [4] e incoraggeremo l’arte e il commercio [5]>

<Siamo pronti a pagare qualsiasi prezzo [1], a sopportare qualsiasi fardello [2], ad affrontare qualsiasi avversità [3], ad appoggiare gli amici [4] e a combattere i nemici [5] per garantire la sopravvivenza e il trionfo della libertà> (13).

Nell’oratoria politica, per la produzione di un andamento ritmico, ha dunque grande importanza l’accumulazione, che consiste nella successione, per asindeto o per polisindeto, di parole o gruppi di parole, allo scopo, più in generale, di far diventare più efficace il messaggio. Infatti favorisce la percezione dei singoli elementi indicati (persone, oggetti, azioni, avvenimenti, situazioni). Perciò, in base alla classificazione di Chaïm Perelman e Lucie Olbrechts-Tyteca, può essere considerata una figura retorica della presenza, avendo <per effetto di rendere attuale alla coscienza l’oggetto del discorso> (14).

 

NOTE

(1) <L’isocòlo nel testo pubblicitario e nel discorso politico>, pubblicato il 1° giugno.

(2) Rispettivamente in JOHN F. KENNEDY, La nuova frontiera. Scritti e discorsi (1958-1963), Donzelli Editore, 2009 e ELENA SPAGNOL, Citazioni, le garzantine (Edizione speciale per  il Corriere della Sera. Su licenza di Garzanti Libri), 2006, p. 838.

(3) È divenuta proverbiale un’altra personificazione, di carattere umoristico, utilizzata da Ronald Reagan a proposito del debito pubblico americano: <È abbastanza grande da badare a se stesso>.

(4) BARACK OBAMA, Un mondo degno dei nostri figli, Garzanti (Edizione speciale per Corriere della Sera), 2017, pp. 159, 194, 199.

(5) GIORGIO FEDEL, Saggi sul linguaggio e l’oratoria politica, Giuffrè, 1999, pp. 129-139.

(6) Riportato in PAOLA DESIDERI, Teoria e prassi del discorso politico, Bulzoni, 1984, p. 91.

(7) Riportato in FERDINANDO SALLUSTIO, Belle parole. I grandi discorsi della storia dalla Bibbia a Paperino, Bompiani, 2004, p.134.

(8) Il primo passo è tratto da un discorso del 1992, l’ultimo dall’autobiografia di Bill Clinton (My Life, Mondadori, 2004, p. 447) e quelli centrali dal discorso alla Freedom House di Washington, 6 ottobre 1995 (in sito web).

(9) Riportato in sito web.

(10) BARACK OBAMA, op. cit, pp. 15, 39, 52, 67, 145-146, 185, 191, 194, 197.

(11) Riportato in ANNA MAZZONE, <Tutte le frasi che hanno fatto di JFK un mito>, in Panorama, 22 novembre 2013 e in BARACK OBAMA, La promessa americana. Discorsi per la presidenza, Donzelli, 2008, p. 3.

(12) MARIO WANDRUSZKA, <Repetitio e variatio>, in AA.VV., Attualità della retorica. Atti del I Convegno italo-tedesco (Bressanone, 1973), Liviana, 1975, p. 110.

(13) Riportato rispettivamente in ANNA MAZZONE, op. cit. e JOHN F. KENNEDY, La nuova frontiera. Scritti e discorsi (1958-1963), Donzelli Editore, 2009.

(14) CHAΪM PERELMAN, LUCIE OLBRECHTS-TYTECA, Trattato dell’argomentazione. La nuova retorica, Einaudi, 2013, p. 189.