Helmut Kohl, Romano Prodi e la regola del contraccambio

di Giorgio Matza

Helmut Kohl, uomo politico e statista tedesco (<uno dei giganti della politica mondiale>, come lo ha definito un quotidiano italiano), (1) è morto il 16 giugno, a Ludwigshafen, città della Renania-Palatinato, dove era nato il 23 aprile 1930 (aveva dunque 87 anni).

È stato leader della CDU, l’Unione cristiano-democratica, dal 1973 al 1998 e cancelliere della Germania (prima dell’Ovest e poi unificata) dal 1982 al 1998.

Vogliamo ricordare la sua presenza in Italia, durante la campagna per le elezioni politiche del 9 e 10 aprile 2006 e l’incontro con Romano Prodi, candidato dell’Unione, la coalizione di centro-sinistra, alla presidenza del Consiglio, che si configurò come un endorsement. Ciò suscitò un certo stupore, in quanto, per le sue posizioni ideologiche, l’ex cancelliere tedesco era ritenuto più vicino a ex democristiani come Pierferdinando Casini e Rocco Buttiglione, esponenti dell’opposto schieramento di centro-destra.

La sua spiegazione ebbe un effetto ancor più sorprendente, perché non concerneva la sfera pubblica, come ci si sarebbe potuto attendere, ma quella privata, rappresentata dalla famiglia: <Sono qui perché, nel giorno più tragico della mia vita, il funerale di mia moglie, Prodi era seduto nella panca dietro la mia, in cattedrale. E il mio teologo preferito, Romano Guardini, dice che “la gratitudine è il ricordo del cuore”> (2).

Kohl applicò la regola del contraccambio. Essa, come ha rilevato lo psicologo americano Robert B. Cialdini, <dice che dobbiamo contraccambiare quello che un altro ci ha dato […] Quindi, siamo obbligati a ripagare favori, regali, inviti e simili. È così tipico il fatto che ricevendo cose del genere ci si senta in debito, che “obbligato” è diventato sinonimo di “grazie” in moltissime lingue>.

A dimostrazione di tutto ciò, Cialdini ha riportato il seguente caso: <Nel 1985 l’Etiopia era forse il paese al mondo afflitto dalle più gravi sofferenze e tribolazioni. La sua economia era in tracollo; le sue riserve alimentari erano state depauperate da anni di siccità e di guerre civili; i suoi abitanti morivano a migliaia per le malattie e la carestia. In queste condizioni, non sarei rimasto sorpreso nell’udire di aiuti umanitari prestati dal Messico a un paese così disperatamente bisognoso: potete invece immaginare il mio sbigottimento quando lessi, in un trafiletto di giornale, che il finanziamento era andato nella direzione opposta. Funzionari nativi della Croce Rossa Etiope avevano deciso di inviare quel denaro [cinquemila dollari] per aiutare le vittime del recente terremoto di Città del Messico […] Riuscì a rintracciare un resoconto più completo della vicenda […] Il denaro era stato inviato perché il Messico aveva aiutato l’Etiopia nel 1935, in seguito all’invasione italiana. Questa giustificazione mi lasciò sgomento, ma spazzò via ogni mia perplessità. L’esigenza di contraccambiare aveva trasceso grandi differenze culturali, enormi distanze geografiche, una gravissima carestia e l’interesse materiale immediato. Mezzo secolo più tardi, il senso di obbligo aveva trionfato contro tutte le predette forze di compensazione> (3).

Alla regola del contraccambio si ricorre spesso nella comunicazione politica, soprattutto per influenzare la decisione di voto. Ne parleremo eventualmente in un successivo articolo.

 

NOTE

(1) DANILO TAINO, <Helmut Kohl>, in Corriere della Sera, 17 giugno 2017, pp. 4-5.

(2) GIANNI RIOTTA, <“Quando morì mia moglie Prodi era accanto a me”>, in Corriere della Sera, 28 febbraio 2006. Hannelore Renner, sposata nel 1959, si tolse la vita nel 2001.

(3) ROBERT B. CIALDINI, Le armi della persuasione. Come e perché si finisce col dire di sì, Giunti, 1995, pp. 24 e 26.