I bambini, la politica e l’exemplum in retorica

Un morto con un nome e una storia genera maggiore pathos di mille morti. Ecco perché i politici si soffermano sui dettagli. E su Astrid, Ronnie e Zoe

“Ogni ragazzina che ci guarda, questa notte, vede l’America come una terra di possibilità”: l’ha affermato nel suo primo discorso da vicepresidente degli Stati Uniti, il 7 novembre 2020, Kamala Harris, la prima donna, la prima nera, la prima indiana-americana eletta per ricoprire tale ruolo (1).

Alexandria Ocasio-Cortez, alludendo chiaramente alla sua elezione alla Camera dei Rappresentanti ad appena 29 anni, ha sostenuto:

“L’America non è grande perché una persona ricca e privilegiata può fare politica, ma perché anche una bambina nata povera può diventare quel che vuole” (2).

In un intervento all’assemblea generale democratica per le presidenziali del 1992, Bill Clinton, evidenziando la sua empatia, dichiarò:

“Voglio dire qualcosa a tutti i bambini d’America che crescono senza padre o senza madre: so come vi sentite. Anche voi siete speciali per me. Siete importanti per l’America. E non permetterò a nessuno di dire che non potete diventare quello che volete diventare” (3).

Attraverso l’interesse per il mondo dell’infanzia o dell’adolescenza, per lo più descritto in una condizione di sofferenza, si manifesta una propensione a pensare al futuro delle nuove generazioni e dunque del Paese. È un tratto di personalità proprio non di un semplice politico, ma di uno statista. Nei termini della retorica, si ricorre proficuamente allo strumento di ordine affettivo dell’ethos, ossia – nella definizione di Olivier Reboul – “il carattere che deve assumere l’oratore per accattivarsi l’attenzione e guadagnarsi la fiducia dell’uditorio”. Infatti “quali che siano i suoi argomenti logici, essi non hanno alcun potere senza questa fiducia” (4).

Numerose occorrenze si trovano nell’autobiografia dell’ex presidente degli Usa citato in precedenza:

“La scuola elementare di Chelsea era frequentata per circa il 60% da neri e più della metà dei ragazzi provenivano da famiglie a basso reddito. Ricordo che un compagno di classe, invitato al suo compleanno, stava per non venire perché non aveva i soldi per comprarle un regalo. Ero deciso a dare a quel ragazzino opportunità migliori di quelle avute dai suoi genitori”

“Fui particolarmente commosso dalla storia di Ron Machos, il cui figlio Ronnie era nato con un problema cardiaco. Aveva perso il lavoro a causa della recessione e non riusciva a trovarne un altro con un’assicurazione medica che coprisse le ingenti spese che doveva affrontare”

“Quando i democratici del New Hampshire organizzarono una convention per ascoltare tutti i candidati, fui scortato sul podio da un gruppo di studenti […] Uno di loro mi colpì in modo particolare. Michael Morrison era sulla sedia a rotelle, ma questo non lo rallentava. Mi sosteneva perché era figlio di una madre single con un reddito modesto e credeva nel mio impegno per offrire a tutti i ragazzi l’opportunità di frequentare l’università e trovare un buon lavoro”

“La mattina di venerdì 18 febbraio, giorno delle elezioni, era gelida. Il giovane Michael Morrison, lo studente di Jan Paschal costretto su una sedia a rotelle, si svegliò presto per recarsi a una postazione di sondaggio. Sfortunatamente, l’auto di sua madre non partì. Michael era deluso ma non si lasciò scoraggiare. Con la sua sedia a rotelle a motore uscì nella fredda mattina, si portò fino al margine della strada scivolosa e percorse 3 chilometri nel vento invernale per presentarsi dove lo attendevano e prendere servizio”

“Ricevetti una richiesta davvero memorabile […] Anastasia Somoza era una bella ragazza di New York costretta su una sedia a rotelle da una paralisi cerebrale. Mi spiegò che aveva una sorella gemella, Alba, affetta dalla stessa malattia, la quale però, a differenza di lei, non poteva parlare. ‘Quindi, dato che non può parlare, l’hanno messa in una classe speciale. Ma lei usa il computer per comunicare e vorrei che potesse frequentare una classe normale come me’ […] Ci volle circa un anno, ma alla fine Alba venne ammessa in una classe normale. Hillary e io ci siamo tenuti in contatto con la famiglia Somoza e nel 2002 ho pronunciato un discorso alla cerimonia di consegna del diploma alle due ragazze. Entrambe hanno proseguito gli studi all’università, perché Anastasia e i suoi genitori sono decisi a offrire ad Alba tutte le opportunità che merita e non si vergognano di chiedere aiuto agli altri, me compreso”

“I repubblicani proponevano addirittura di tagliare i servizi e gli aiuti necessari ai disabili […] Una sera ricevetti una telefonata da Tom Campbell, mio compagno di stanza per quattro anni a Georgetown. Tom era un pilota di linea che conduceva una vita confortevole ma non era affatto ricco. Con una voce incrinata, mi confessò di essere preoccupato per le proposte dei tagli al bilancio inerenti i servizi per i disabili. Sua figlia Clara aveva una paralisi cerebrale, come la sua migliore amica, cresciuta da una madre nubile che lavorava a salario minimo, con un’ora di autobus all’andata e una al ritorno dal posto di lavoro. Tom […] mi chiese: ‘Fammi capire bene: a me daranno un taglio alle tasse e alla mamma dell’amica di Clara taglieranno gli aiuti per pagare la sedia a rotelle della bambina e le quattro o cinque paia di costose scarpe speciali di cui ha bisogno ogni anno e l’abbonamento gratuito per andare e tornare dal suo posto di lavoro a salario minimo?’. ‘L’hai detto’ risposi. E lui allora: ‘Bill, è immorale. Devi impedirlo’” (5).

Tale racconto e la relativa riflessione si devono a Barack Obama:

“Una bambina sui sette-otto anni, seguita dai genitori, si avvicinò e mi chiese un autografo: a scuola stava studiando il governo, mi spiegò e l’avrebbe mostrato alla classe. Le domandai come si chiamasse. Mi rispose che il suo nome era Cristina e frequentava la terza; dissi ai suoi genitori che dovevano essere orgogliosi di lei e mentre osservavo la bimba tradurre in spagnolo le mie parole, mi resi conto che l’America non ha nulla da temere da questi nuovi venuti […] Il pericolo si presenterà se non riusciremo a riconoscere l’umanità di Cristina e della sua famiglia, se li priveremo dei diritti e delle opportunità che diamo per scontati, tollerando l’ipocrisia di una classe servile in mezzo a noi; o, più in generale, se resteremo con le mani in mano mentre l’America continua a diventare sempre più ineguale, un’ineguaglianza che segue distinzioni di razza e quindi alimenta la lotta razziale e alla quale – mentre nel Paese continua a crescere il numero delle persone di colore – né la nostra democrazia né la nostra economia potranno resistere a lungo. Non è il futuro che voglio per Cristina, mi dissi mentre osservavo lei e la sua famiglia indirizzarmi un cenno d’addio. Non è il futuro che voglio per le mie figlie” (6).

Pure in una successiva occasione il primo presidente nero americano si è soffermato sulla situazione di una ragazzina straniera:

“Portata in America a quattro anni, aveva con sé solo un crocefisso, una bambola e il vestitino increspato che indossava. Quando ha iniziato la scuola, non parlava inglese. Si è rimessa in pari con gli altri alunni leggendo quotidiani e guardando la televisione e alla fine è diventata una brava allieva. Suo padre lavorava come giardiniere, la madre faceva le pulizie in case private […] Oggi Astrid Silva è una studentessa universitaria che sta studiando per la sua terza laurea. Siamo una nazione che espelle un’immigrata tenace e promettente come Astrid, o siamo una nazione che trova il modo per accoglierla?” (7).

Di volta in volta, rievocando le vicende del compagno di classe di Chelsea Clinton, di Ronnie Machos, di Michael Morrison, di Anastasia e Alba Somoza, della migliore amica di Clara Campbell, di Cristina e di Astrid Silva, ci si è basati sul caso particolare, più precisamente sull’exemplum. Ernst Robert Curtius ha ricordato che esso “è un termine tecnico della retorica classica a partire da Aristotele e significa ‘narrazione addotta come dimostrazione’” (8).

L’“esempio” rientra nel logos, la componente razionale della retorica contraddistinta – l’ha rilevato Olivier Reboul – dalla “attitudine a convincere grazie alla sua apparenza di logicità e al fascino del suo stile” e che dunque “concerne l’argomentazione propriamente detta” (9). Però la sua efficacia dipende dall’interazione con il pathos, ossia lo strumento persuasivo di ordine affettivo costituito – citiamo ancora Reboul – dall’“insieme di emozioni, passioni e sentimenti che l’oratore deve suscitare nel suo uditorio grazie al suo discorso” (10). Secondo Chaïm Perelman e Lucie Olbrechts-Tyteca, “per creare l’emozione è indispensabile la specificazione, poiché le nozioni generali, gli schemi astratti non agiscono sull’immaginazione. Il Whately [R. D. D. Whately, Elements of Rhetoric, p. 130] osserva in una nota che un uditorio, rimasto insensibile di fronte a informazioni generiche sulla carneficina che caratterizzò la battaglia di Fontenoy, fu commosso fino alle lacrime da un particolare relativo alla morte di due giovani” (11)

Ulteriori occorrenze attengono alla politica americana. David Litt è stato uno degli speechwriter di Barack Obama. In un libro ha sottolineato l’importanza della riforma sanitaria del suo datore di lavoro non con un’arida elencazione di numeri, ma mediante la storia di una bimba, Zoe Lihn:

“L’Affordable Care Act sta salvando la vita a mia figlia”. Partendo da quanto constatato dalla madre, l’autore ha spiegato che “era nata con un difetto cardiaco congenito. Era venuta al mondo da appena quindici ore quando aveva dovuto subire il suo primo intervento chirurgico a cuore aperto. Quattro mesi dopo era stata nuovamente operata […] Alle compagnie d’assicurazioni era concesso porre dei limiti alla copertura che una singola persona poteva ricevere. A sei mesi Zoe aveva già ottenuto la metà dei rimborsi a cui aveva diritto in tutta la sua vita […] Grazie all’Obamacare quei limiti vennero aboliti”. La piccola “aveva bisogno di almeno un’altra operazione, già programmata per il 2013. Se la legge fosse stata abrogata e la norma sui limiti fosse tornata quella di prima, i Lihn non avrebbero potuto fare niente. Per Zoe le elezioni del 2012 potevano significare la vita o la morte”. Ed ecco il lieto fine: “Una parte dell’eredità di Obama vive sulla carta. Ma un’altra va alle elementari a Phoenix, ama il cibo messicano e gli animali di peluche e spera di guadagnarsi la cintura gialla” (12).

Al centro di uno spot, realizzato nel 2004 per la rielezione di George W. Bush alla presidenza degli Stati Uniti, era la situazione di una ragazzina, rimasta senza la mamma a causa dell’attentato alle Torri Gemelle. Tutto nasceva da una fotografia, nella quale si fissava un gesto spontaneo del comandante in capo, ritratto mentre abbracciava un’adolescente. Così Christian Salmon ha esposto il contenuto del videoclip: “‘Mia moglie Wendy è stata assassinata l’11 settembre dai terroristi…’. Sono queste le parole con cui si apre Ashley’s Story. L’uomo che si rivolge alla telecamera è in piedi, in maniche di camicia, davanti alla libreria di casa. Il suo nome è scritto in basso sullo schermo: Lynn Faulkner, Mason, Ohio […] La voce del narratore continua fuori campo: ‘Dalla morte di sua madre, Ashley, la bambina dei Faulkner, si è chiusa in se stessa […] Ma quando il presidente George W. Bush è venuto a Lebanon, Ashley è andata a vederlo, come aveva fatto quattro anni prima con sua madre’ […] Scorrono le immagini di Bush che stringe mani tra la folla. Linda Prince, un’amica dei Faulkner che accompagnava Ashley il giorno del meeting, racconta come sono andate le cose: ‘Il presidente veniva verso di me. Allora gli ho detto: Signor presidente, questa ragazza ha perduto sua madre al World Trade Center’. ‘Lui si è voltato’, prosegue Ashley Faulkner, ripresa alcune settimane dopo nel giardino di casa, ‘e mi ha detto: So che è difficile. Come stai?’. Linda Prince: ‘Il nostro presidente allora ha preso Ashley tra le braccia e se l’è stretta al cuore’. La telecamera mostra la foto di Ashley tra le braccia di Bush. ‘Ed è stato allora che abbiamo visto gli occhi di Ashley riempirsi di lacrime’. Ashley Faulkner: ‘È l’uomo più potente del mondo e vuol essere sicuro che io stia bene, che per me sia tutto OK’” (13).

Nello specifico, evidentemente con un exemplum dal forte impatto emotivo, per mezzo della figura di Ashley Faulkner, si voleva provare l’interessamento del candidato per la gente comune che aveva vissuto un’immane tragedia.

Nel nostro Paese Luigi Di Maio, illustrando i motivi dell’interruzione di un importante vertice, convocato l’11 luglio 2019 a Palazzo Chigi dal presidente del Consiglio Giuseppe Conte, ha dichiarato:

“Stamattina il tavolo si è bloccato sulla regionalizzazione della scuola, perché noi crediamo che un bambino in Italia non scelga in quale regione nascere e non è giusto che si dica che, siccome una regione ha più soldi, quei bambini che nascono lì hanno più diritto all’istruzione di altri bambini che nascono in una regione, dove ci sono meno soldi. I bambini non c’entrano niente nell’autonomia e noi dobbiamo garantire l’unità della scuola come l’unità nazionale” (14).

Riguardo al logos, l’allora vicepremier ha fondato il suo ragionamento sulla “regola di giustizia”. Essa, per Chaïm Perelman e Lucie Olbrechts-Tyteca, “esige l’applicazione di un identico trattamento ad esseri o situazioni integrati in una stessa categoria” (15): in specie quella dell’infanzia. Per l’ethos e il pathos vale anche per lui quanto osservato finora.

In conclusione, possiamo ricordare che il grande oratore romano Cicerone nelle Partitiones oratoriae sosteneva: “Ci sono due tipi di argomentazione: uno tende direttamente a convincere, l’altro vuol arrivare allo scopo indirettamente, suscitando emozioni” (16).

Note

(1) Riportato in iO DONNA – Il femminile del Corriere della Sera, 28 novembre 2020, p. 52.

(2) Riportato nella Repubblica, 6 novembre 2018, p. 3.

(3) Bill Clinton, My Life, Mondadori, 2004, p. 446.

(4) Olivier Reboul, Introduzione alla retorica, Il Mulino, 1996, pp. 21 e 69.

(5) Bill Clinton, op. cit., pp. 356, 407, 416, 519-520, 715.

(6) Barack Obama, L’audacia della speranza. Il sogno americano per un mondo nuovo, Rizzoli, 2007, pp. 272-274.

(7) Barack Obama, Un mondo degno dei nostri figli, Garzanti (Edizione speciale per Corriere della Sera), 2017, p. 184.

(8) Ernst Robert Curtius, Letteratura europea e Medio Evo latino, La Nuova Italia, 1992, p. 69. Si veda inoltre Chaïm Perelman e Lucie Olbrechts-Tyteca, Trattato dell’argomentazione. La nuova retorica, Einaudi, 2013, pp. 381-388.

(9) Olivier Reboul, op. cit., pp. 36 e 70.

(10) Olivier Reboul, op. cit., p. 70.

(11) Chaïm Perelman e Lucie Olbrechts-Tyteca, op. cit., p. 159.

(12) David Litt, Grazie, Obama, HarperCollins, 2018, pp. 172 e 366.

(13) Christian Salmon, Storytelling. La fabbrica delle storie, Fazi Editore, 2008, p. 95.

(14) YouTube – Autonomia, Di Maio: “Tavolo bloccato su scuola: sia uguale per tutti”, 11 luglio 2019.

(15) Chaïm Perelman e Lucie Olbrechts-Tyteca, op. cit., p. 237.

(16) Riportato in Chaïm Perelman e Lucie Olbrechts-Tyteca, op. cit., p. 536.