Nel discorso al Senato, Mario Draghi dichiara la sua emozione con una excusatio e ribadisce l’importanza dell’Europa con un chiasmo. Anche gli economisti amano la retorica
Come nella migliore tradizione oratoria, Mario Draghi affida le prime battute del suo discorso a una excusatio propter infirmitatem, dichiarando di essere emozionato per il nuovo compito che lo aspetta. Impossibile non solidarizzare con lui, considerando che è stato presentato come il salvatore della patria, il Ronaldo prestato alla politica italiana: “vorrei dirvi che non vi è mai stato, nella mia lunga vita professionale, un momento di emozione così intensa e di responsabilità così ampia”.
Il discorso, sembra scritto dallo stesso Draghi, scorre senza troppi svolazzi. Un discorso da economista, pieno di numeri. Forse più adatto per un incontro alla Confindustria, che per un’occasione caratterizzata da un’enorme esposizione mediatica. La costruzione delle frasi è complessa e i numeri sono citati con precisione, non per ordini di grandezza. Questo rende la lettura ad alta voce complicata e porta il premier a incepparsi qua e là. In alcuni passaggi, però, Mario Draghi dimostra una verve retorica, come quando affida a un chiasmo la sua posizione netta sul ruolo dell’Italia in Europa: “Senza l’Italia non c’è l’Europa. Ma, fuori dall’Europa c’è meno Italia. Non c’è sovranità nella solitudine”. Ricorda l’incastro di John Fitzgerald Kennedy “Non chiedete cosa può fare il vostro paese per voi, chiedete cosa voi potete fare per il vostro paese”.
Interessante e sottile la definizione del Governo tecnico-politico che presiede. Draghi lo definisce con una non-definizione, affermandone così l’ethos e la piena legittimità: “è semplicemente il governo del Paese. Non ha bisogno di alcun aggettivo che lo definisca”. Poi rincara la dose. Non vuole identificare il suo esecutivo come “governo tecnico”, perché sa che è un’arma a doppio taglio. un topos che può essere un boomerang: prima ti porta all’esaltazione, poi alla denigrazione e alla condanna. Mario Monti ne sa qualcosa. “Si è detto e scritto che questo governo è stato reso necessario dal fallimento della politica. Mi sia consentito di non essere d’accordo. Nessuno fa un passo indietro rispetto alla propria identità ma semmai, in un nuovo e del tutto inconsueto perimetro di collaborazione, ne fa uno avanti nel rispondere alle necessità del Paese, nell’avvicinarsi ai problemi quotidiani delle famiglie e delle imprese che ben sanno quando è il momento di lavorare insieme, senza pregiudizi e rivalità”.
Nel tono pacato di Draghi, spicca la frecciatina a Matteo Salvini che, proprio ieri alla trasmissione de La7 L’aria che tira, aveva dichiarato con il suo solito stile pop: “Euro irreversibile? C’è solo la morte di irreversibile”. Draghi replica, usando lo stesso aggettivo, per far arrivare il messaggio forte e chiaro: “Sostenere questo governo significa condividere l’irreversibilità della scelta dell’euro”.
Forte e chiara anche la similitudine tra pandemia e Guerre mondiali: “L’aspettativa di vita, a causa della pandemia, è diminuita: fino a 4-5 anni nelle zone di maggior contagio; un anno e mezzo – due in meno per tutta la popolazione italiana. Un calo simile non si registrava in Italia dai tempi delle due guerre mondiali”.
Un’ulteriore prova del fatto che per essere espliciti non sia necessario urlare, si riscontra nei passaggi dedicati alla scuola e alla pubblica amministrazione. Sulla scuola la soluzione è cristallina e, al tempo stesso, impopolare: le fasce orarie cambieranno. “Non solo dobbiamo tornare rapidamente a un orario scolastico normale, anche distribuendolo su diverse fasce orarie, ma dobbiamo fare il possibile, con le modalità più adatte, per recuperare le ore di didattica in presenza perse lo scorso anno”.
Per quanto riguarda invece la pubblica amministrazione, Draghi chiede un impegno preciso nei confronti dei cittadini, anche questo certamente impopolare: “Particolarmente urgente è lo smaltimento dell’arretrato accumulato durante la pandemia. Agli uffici verrà chiesto di predisporre un piano di smaltimento dell’arretrato e comunicarlo ai cittadini”.
Nella conclusione del discorso troviamo, a sorpresa, la parola “amore”. L’amore per l’Italia che ci unisce tutti.