Nella nostra terra, straziata dall’epidemia del coronavirus, hanno suscitato emozione le parole con cui Edi Rama ha motivato la decisione di inviare un team di dieci medici e venti infermieri
“Anche laggiù ormai è casa nostra, da quando l’Italia, le nostre sorelle, i fratelli italiani ci hanno salvati, ospitati e adottati in casa loro, mentre qui si soffriva”. Il riferimento è chiaramente all’accoglienza ricevuta da migliaia di suoi connazionali, sbarcati nei porti pugliesi, a partire dai primi anni Novanta. Il premier del Paese delle Aquile ha continuato: “Forse è veramente perché noi non siamo ricchi e neanche privi di memoria, non ci possiamo permettere di non dimostrare all’Italia che gli Albanesi e l’Albania non abbandonano mai l’amico in difficoltà” (1).
Tale spiegazione è incentrata su un argomento (nel significato di prova portata a favore di una tesi, ragionamento formulato a sostegno di un’opinione), che rientra fra quelli di reciprocità. Essi, come hanno rilevato Chaïm Perelman e Lucie Olbrechts-Tyteca, “mirano ad applicare lo stesso trattamento a due situazioni che si fanno riscontro” (2).
Ne deriva la regola del contraccambio, che, secondo Robert B. Cialdini, “dice che dobbiamo contraccambiare quello che un altro ci ha dato”. Per esemplificare lo psicologo americano ha raccontato un caso peculiare: “Nel 1985 l’Etiopia era forse il paese al mondo afflitto dalle più gravi sofferenze e tribolazioni. La sua economia era in tracollo; le sue riserve alimentari erano state depauperate da anni di siccità e di guerre civili; i suoi abitanti morivano a migliaia per le malattie e la carestia. In queste condizioni, non sarei rimasto sorpreso nell’udire di aiuti umanitari prestati dal Messico a un paese così disperatamente bisognoso: potete invece immaginare il mio sbigottimento quando lessi, in un trafiletto di giornale, che il finanziamento era andato nella direzione opposta. Funzionari nativi della Croce Rossa Etiope avevano deciso di inviare quel denaro [cinquemila dollari] per aiutare le vittime del recente terremoto di Città del Messico […] Riuscì a rintracciare un resoconto più completo della vicenda […] Il denaro era stato inviato perché il Messico aveva aiutato l’Etiopia nel 1935, in seguito all’invasione italiana. Questa giustificazione mi lasciò sgomento, ma spazzò via ogni mia perplessità. L’esigenza di contraccambiare aveva trasceso grandi differenze culturali, enormi distanze geografiche, una gravissima carestia e l’interesse materiale immediato. Mezzo secolo più tardi, il senso di obbligo aveva trionfato contro tutte le predette forze di compensazione” (3).
Non sempre ci si attiene spontaneamente a una simile norma, come nelle due occorrenze appena riportate. Qualche volta se ne chiede il dovuto rispetto e risulta quindi ancor più evidente il suo carattere di strumento persuasivo. La diffusione del SARS-CoV-2 ha provocato una crisi finanziaria, avvertita in particolare in certi Stati. Per poterla affrontare nove membri dell’Unione europea, tra i quali l’Italia, hanno chiesto l’emissione di eurobond. Alcuni componenti dell’organizzazione, compresa la Germania, si sono opposti. L’eurodeputato Carlo Calenda, i governatori dell’Emilia-Romagna e della Liguria e i sindaci di nove città italiane hanno scritto una polemica lettera aperta ai “cari amici tedeschi”. Prima hanno parlato genericamente di “solidarietà che molti Paesi europei vi hanno dimostrato dopo la guerra e fino alla riunificazione”. Poi hanno ricordato, entrando nei dettagli: “Il debito della Germania dopo il 1945 era di 29,7 miliardi di marchi di allora. La Germania non avrebbe mai potuto pagare. Nel 1953 a Londra ventuno Paesi (tra cui Francia, Italia, Spagna e Belgio) consentirono alla Germania di dimezzare il debito e di dilazionare i pagamenti del debito restante. In questo modo, la Germania poté evitare il default”. Verso la fine la conclusione viene espressa per mezzo di una frase sentenziosa e con un tono caustico: “La memoria aiuta a prendere le decisioni giuste” (4).
Nell’intervento in nostro soccorso, la piccola Albania è stata preceduta da due grandi potenze, che però sicuramente non hanno agito in maniera assolutamente disinteressata. Infatti “in un mondo dove l’egoismo è un riflesso automatico nella risposta al Covid-19, quelli che praticano solidarietà possono farsi una reputazione”: l’ha detto Dmitri Trenin, direttore del Carnegie Center di Mosca, il quale ha aggiunto: “La Cina lo ha capito per prima, seminando aiuti e specialisti in Italia, Africa e altrove. Ora la Russia segue i suoi passi”.
Inoltre, secondo Aleksandr Baunov, analista dello stesso istituto di ricerca, “l’invio di aiuti all’Italia è una mossa che ha un risvolto anche di propaganda interna. L’idea è che se mandiamo aiuti fuori vuole dire che siamo forti, ma questo è valido sempre e solo se in Russia la situazione rimarrà, come dice il presidente Putin, sotto controllo e non degenererà ai livelli dell’Europa”.
Invece “la Cina vuole scuotersi di dosso la nomea di Paese da cui è partito il contagio – il ‘virus cinese’ come lo chiama Trump – e scende in campo mostrando il suo lato più generoso: la ‘diplomazia delle mascherine’, come già viene soprannominata, che vede l’Italia tra i principali beneficiari” (5).
Ma, al di là di tali obiettivi, non si può certamente escludere uno scopo diverso, un secondo fine: creare le condizioni per suscitare un sentimento di riconoscenza da parte degli Stati, che hanno usufruito di assistenza in un periodo di grave difficoltà. Entrerebbe in gioco così la regola del contraccambio, la quale si delineerebbe al momento opportuno come arma della persuasione. È possibile ipotizzarlo sulla base della “funzione ermeneutica della retorica – come la definisce Olivier Reboul – intendendo per ermeneutica l’arte di interpretare i testi” (6) o, nel caso specifico, di decifrare le intenzioni, di capire i motivi che determinano un’azione, un comportamento.
Nella dolorosa congiuntura, causata dalla propagazione del SARS-CoV-2, il governatore dello Stato di New York (in America il più coinvolto nell’emergenza) il 24 marzo ha tenuto un discorso con un notevole impatto emotivo e con una finalità particolarmente elevata: consolidare il senso di appartenenza a una comunità. In esso Andrew Cuomo è ricorso alla variante della reciprocità, di cui stiamo trattando. Ecco il brano relativo, nel quale si contano cinque occorrenze del verbo “amare”: “Ce la faremo perché io amo New York e se la amo è perché New York ama voi. Neri, bianchi, mediorientali, asiatici, bassi, alti, gay, etero. New York ama tutti quanti. Per questo amo New York. L’ha sempre fatto e lo farà sempre” (7).
Possiamo ancora osservare che il passo appena riportato contiene un argomento di transitività. Essa, come hanno rilevato Chaïm Perelman e Lucie Olbrechts-Tyteca, “è una proprietà formale di alcune relazioni, che permette di passare dall’affermazione che una stessa relazione esiste fra i termini A e B e fra i termini B e C, alla conclusione che essa esiste fra i termini A e C”. Secondo i due autori, “una delle relazioni transitive più importanti è la relazione di implicazione. La pratica argomentativa […] fa largo uso della relazione di conseguenza logica” (8). Schematicamente, se Cuomo (A) ama New York (B) e New York (B) ama i newyorkesi (C), ne deriva che Cuomo (A) ama i newyorkesi (C).
Note
(1) Il messaggio del premier albanese Edi Rama – Unomattina 30 marzo 2020, in YouTube.
(2) Chaïm Perelman e Lucie Olbrechts-Tyteca, Trattato dell’argomentazione. La nuova retorica, Einaudi, 2013, p. 239.
(3) Robert B. Cialdini, Le armi della persuasione. Come e perché si finisce col dire di sì, Giunti, 1995, pp. 24 e 26.
Si possono leggere nel nostro sito: “Helmut Kohl, Romano Prodi e la regola del contraccambio” (29 giugno 2017), “La regola del contraccambio in politica” (20 dicembre 2017 e 31 gennaio 2018), “Dalla regola del contraccambio al contratto programmatico” (10 maggio 2018) e “La regola del contraccambio in pubblicità” (26 luglio 2018).
(4) Corriere della Sera, 31 marzo 2020, p. 15.
(5) Le citazioni sono ricavate da M. Allevato, E. Buzzetti, “La strategia dietro gli aiuti di Russia e Cina all’Italia nella lotta al coronavirus”, in Agi.it/, 25 marzo 2020.
(6) Olivier Reboul, Introduzione alla retorica, Il Mulino, 1996, p. 23.
(7) “Coronavirus, amore e speranza nelle parole di Cuomo: ‘New York è tosta, vinceremo’”, in tg24.sky.it., 5 aprile 2020.
8) Chaïm Perelman e Lucie Olbrechts-Tyteca, op. cit., pp. 246 e 249.