L’allocuzione pronunciata da Mario Draghi al Senato, il 20 luglio 2022, deve la sua efficacia agli strumenti della retorica
Il discorso si può definire, per il suo valore interlocutorio, dell’eventuale rinuncia. Ecco la conclusione:
“All’Italia non serve una fiducia di facciata, che svanisca davanti ai provvedimenti scomodi.
Serve un nuovo patto di fiducia, sincero e concreto, come quello che ci ha permesso finora di cambiare in meglio il Paese. I partiti e voi parlamentari – siete pronti a ricostruire questo patto? Siete pronti a confermare quello sforzo che avete compiuto nei primi mesi, e che si è poi affievolito? Sono qui, in quest’aula, oggi, a questo punto della discussione, solo perché gli italiani l’hanno chiesto. Questa risposta a queste domande non la dovete dare a me, ma la dovete dare a tutti gli italiani”.
Già in tale passo emergono due tecniche argomentative, che rientrano nel logos, contraddistinto dalla “attitudine a convincere grazie alla sua apparenza di logicità e al fascino del suo stile”. Dunque “concerne l’argomentazione propriamente detta” (1).
Nella sezione finale si ricorre all’inclusione della parte nel tutto. A giudizio di Chaïm Perelman e Lucie Olbrechts-Tyteca, “il più delle volte la relazione fra il tutto e le sue parti è considerata sotto l’aspetto quantitativo: il tutto comprende la parte ed è in conseguenza più importante di questa” (2). Nello specifico, l’argomento della superiorità del tutto (“gli italiani”) sulla parte, il parlante che si attribuisce il ruolo di semplice intermediario, manifestando una certa modestia, coincide con l’ethos, ossia “il carattere che deve assumere l’oratore per accattivarsi l’attenzione e guadagnarsi la fiducia dell’uditorio” (3), rappresentato, oltre che dai senatori, dal pubblico dei lettori, radioascoltatori, telespettatori.
La stessa umiltà è affiorata, allorché il presidente del Consiglio, rivolgendosi direttamente a “partiti e voi parlamentari”, ha asserito:
“Il merito di questi risultati è stato vostro – della vostra disponibilità a mettere da parte le differenze e lavorare per il bene del Paese, con pari dignità, nel rispetto reciproco”.
Nel seguente brano si palesa invece un ulteriore moto della sua personalità:
“Mai come in questi momenti sono stato orgoglioso di essere italiano”.
È il prodotto di quanto affermato immediatamente prima:
“Gli italiani hanno sostenuto a loro volta questo miracolo civile, e sono diventati i veri protagonisti delle politiche che di volta in volta mettevamo in campo. Penso al rispetto paziente delle restrizioni per frenare la pandemia, alla straordinaria partecipazione alla campagna di vaccinazione. Penso all’accoglienza spontanea offerta ai profughi ucraini, accolti nelle case e nelle scuole con affetto e solidarietà. Penso al coinvolgimento delle comunità locali al PNRR, che lo ha reso il più grande progetto di trasformazione dal basso della storia recente”.
Si delinea così un tipo particolare di ethos, riguardante l’indole dell’intera popolazione, che si registra pure in un successivo passaggio:
“L’Italia è forte quando sa essere unita”.
L’altro mezzo persuasivo di ordine affettivo, il pathos, è costituito dall’“insieme di emozioni, passioni e sentimenti che l’oratore deve suscitare nel suo uditorio grazie al suo discorso” (4). Con la voce verbale “dovete” si accentua la grave responsabilità incombente su “partiti e voi parlamentari”:
“Questa risposta a queste domande non la dovete dare a me, ma la dovete dare a tutti gli italiani”.
Un analogo richiamo si coglie più avanti:
“Completare il PNRR è una questione di serietà verso i nostri cittadini e verso i partner europei.
Se non mostriamo di saper spendere questi soldi con efficienza e onestà, sarà impossibile chiedere nuovi strumenti comuni di gestione delle crisi”.
Il ragionamento incentrato sul maggior peso del tutto sulla parte acquista una più grande incisività con l’impiego della formula non…, ma… (“Questa risposta a queste domande non la dovete dare a me, ma la dovete dare a tutti gli italiani”). Possiamo scorgere in una simile correzione una variante dell’epanortòsi, che “consiste – nella spiegazione di Pierre Fontanier – nel tornare su ciò che si è appena detto, o per rafforzarlo, o per addolcirlo, o anche per ritrattarlo del tutto, a seconda che si voglia affettare di trovarlo, o che in effetti lo si trovi troppo debole o troppo forte, troppo poco sensato, o troppo poco conveniente” (5).
Nella Retorica ad Erennio si legge: “‘Non sarebbe quindi preferibile, dirà qualcuno, fermarsi sulle parole migliori e meglio scelte già dall’inizio, specialmente quando si scrive?’. Vi sono dei casi, in cui non è preferibile, se il cambiamento della parola servirà a mostrare che la cosa è di tal fatta, che, espressa con una parola comune, sembra detta troppo fiaccamente e, ricorrendo a una parola più scelta, il fatto prende rilievo. Se si fosse giunti direttamente a quella parola, non ci saremmo accorti del rilievo della parola, né della cosa” (6).
Nell’intervento del capo del Governo, s’individua la figura retorica della quale stiamo parlando, già al principio del brano da cui abbiamo cominciato la nostra analisi:
“All’Italia non serve una fiducia di facciata […] Serve un nuovo patto di fiducia, sincero e concreto, come quello che ci ha permesso finora di cambiare in meglio il Paese”.
Inoltre si riconosce l’argomento pragmatico. È “quello – nella definizione di Perelman e Olbrechts-Tyteca – che permette di valutare un atto o un evento in funzione delle sue conseguenze favorevoli o sfavorevoli”. Esso “ha una funzione talmente essenziale nell’argomentazione, che certuni hanno voluto vedervi lo schema unico della logica dei giudizi di valore: per apprezzare un evento bisogna partire dai suoi effetti” (7): nello specifico, un patto di fiducia sincero e concreto “ci ha permesso finora di cambiare in meglio il Paese”.
Nell’allocuzione di Mario Draghi, contenente un bilancio del lavoro svolto da lui e dai ministri, per la sua peculiare frequenza è possibile ritenerlo il motivo centrale, ossia il “procedimento […] che funge da principio organizzatore del testo” (8).
Sono varie le occorrenze (nella seconda e nell’ultima, mediante i numeri riportati, è chiara l’unione con l’apodìssi o prova evidente. Per Henry Peacham, “di tutte le forme di discorso non ve n’è una più adatta o più potente per confermare o confutare di questa, basata sui sicuri fondamenti dell’esperienza di ogni tempo”) (9):
“Grazie alle misure di contenimento sanitario, alla campagna di vaccinazione, ai provvedimenti di sostegno economico a famiglie e imprese, siamo riusciti a superare la fase più acuta della pandemia, a dare slancio alla ripresa economica”.
“La spinta agli investimenti e la protezione dei redditi delle famiglie ci ha consentito di uscire più rapidamente di altri Paesi dalla recessione provocata dalla pandemia. Lo scorso anno l’economia è cresciuta del 6,6% e il rapporto tra debito pubblico e prodotto interno lordo è sceso di 4,5 punti percentuali”.
“La stesura del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, approvato a larghissima maggioranza da questo Parlamento, ha avviato un percorso di riforme e investimenti che non ha precedenti nella storia recente”.
“Le riforme della giustizia, della concorrenza, del fisco, degli appalti – oltre alla corposa agenda di semplificazioni – sono un passo in avanti essenziale per modernizzare l’Italia”.
“Con il forte appoggio parlamentare della maggioranza e dell’opposizione, abbiamo reagito con assoluta fermezza all’invasione dell’Ucraina da parte della Russia. La condanna delle atrocità russe e il pieno sostegno all’Ucraina hanno mostrato come l’Italia possa e debba avere un ruolo guida all’interno dell’Unione Europea e del G7”.
“Ci siamo mossi con grande celerità per superare l’inaccettabile dipendenza energetica dalla Russia – conseguenza di decenni di scelte miopi e pericolose. In pochi mesi, abbiamo ridotto le nostre importazioni di gas russo dal 40% a meno del 25% del totale e intendiamo azzerarle entro un anno e mezzo”.
Il presidente del Consiglio ha utilizzato la tecnica argomentativa perfino in relazione ai risultati favorevoli, che si registreranno in futuro grazie ai provvedimenti adottati:
“Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza è un’occasione unica per migliorare la nostra crescita di lungo periodo, creare opportunità per i giovani e le donne, sanare le diseguaglianze a partire da quelle tra Nord e Sud”.
“La riforma del codice degli appalti pubblici intende assicurare la realizzazione in tempi rapidi delle opere pubbliche e il rafforzamento degli strumenti di lotta alla corruzione”.
“La riforma della concorrenza serve a promuovere la crescita, ridurre le rendite, favorire gli investimenti e l’occupazione”.
“Per quanto riguarda la giustizia, abbiamo approvato la riforma del processo penale, del processo civile e delle procedure fallimentari e portato in Parlamento la riforma della giustizia tributaria. Queste riforme sono essenziali per avere processi giusti e rapidi, come ci chiedono gli italiani.
È una questione di libertà, democrazia, e anche prosperità”.
“Dobbiamo continuare a batterci per ottenere un tetto al prezzo del gas russo, che beneficerebbe tutti, e per la riforma del mercato elettrico, che può cominciare da quello domestico anche prima di accordi europei. Queste misure sono essenziali per difendere il potere d’acquisto delle famiglie e per tutelare i livelli di produzione delle imprese”.
Al di là dell’uso in positivo, il premier ha impiegato l’argomento pragmatico pure negativamente, per esprimere biasimo per aver impedito la prosecuzione di una particolare esperienza politico-amministrativa, da tanti ritenuta necessaria:
“Purtroppo, con il passare dei mesi, a questa domanda di coesione che arrivava dai cittadini le forze politiche hanno opposto un crescente desiderio di distinguo e divisione. Le riforme del Consiglio Superiore della Magistratura, del catasto, delle concessioni balneari hanno mostrato un progressivo sfarinamento della maggioranza sull’agenda di modernizzazione del Paese. In politica estera, abbiamo assistito a tentativi di indebolire il sostegno del Governo verso l’Ucraina, di fiaccare la nostra opposizione al disegno del Presidente Putin. Le richieste di ulteriore indebitamento si sono fatte più forti proprio quando maggiore era il bisogno di attenzione alla sostenibilità del debito”.
“Il desiderio di andare avanti insieme si è progressivamente esaurito e con esso la capacità di agire con efficacia, con ‘tempestività’, nell’interesse del Paese […] Il voto di giovedì scorso ha certificato la fine del patto di fiducia che ha tenuto insieme questa maggioranza”.
Nel primo brano si riconosce la figura retorica dell’antitesi, con l’accostamento di due termini di senso contrario, “coesione” e “divisione”, allo scopo di mettere in risalto un contrasto: “A questa domanda di coesione che arrivava dai cittadini le forze politiche hanno opposto un crescente desiderio di distinguo e divisione”. Per Perelman e Olbrechts-Tyteca, “l’argomentazione non potrebbe procedere di molto senza ricorrere a paragoni, nei quali diversi oggetti siano posti a confronto per essere valutati l’uno in rapporto all’altro” (10).
Per di più la richiesta della popolazione (“a questa domanda di coesione che arrivava dai cittadini”) appare un mandato fiduciario e il riferimento a essa assume la funzione di argomento d’autorità. Riportiamo nuovamente una definizione proposta dagli autori del Trattato dell’argomentazione: “Si serve degli atti o dei giudizi di una persona o di un gruppo di persone come mezzo di prova in favore di una tesi” (11).
Il medesimo ragionamento si conduce in passi successivi:
“L’unica strada, se vogliamo ancora restare insieme, è ricostruire da capo questo patto, con coraggio, altruismo, credibilità. A chiederlo sono soprattutto gli italiani”.
“Queste riforme [del processo penale, del processo civile, delle procedure fallimentari, della giustizia tributaria] sono essenziali per avere processi giusti e rapidi, come ci chiedono gli italiani.
È una questione di libertà, democrazia, e anche prosperità”.
In un caso, per propugnare una proposizione, Mario Draghi l’ha utilizzato in maniera peculiare. Si è richiamato al valore di alcuni individui, che hanno sacrificato la loro vita per il bene comune:
“Dobbiamo tenere le mafie lontane dal PNRR. È il modo migliore per onorare la memoria di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino e degli uomini e donne delle loro scorte, a trent’anni dalla loro barbara uccisione”.
Si potrebbe intravedere una critica nei confronti di chi si oppone alla criminalità organizzata solo a chiacchiere (e magari la favorisce con le sue azioni).
Un intento polemico si persegue solitamente con l’argomento dell’incompatibilità, che – lo ricordano i due studiosi considerati tra i fondatori della nuova retorica – “assomiglia ad una contraddizione, in quanto consiste in due asserzioni tra le quali bisogna scegliere, a meno di rinunciare ad entrambe” (12).
Un esempio si ricava dall’allocuzione del premier:
“L’Italia deve continuare a ridisegnare la sua politica energetica, come fatto in questi mesi. Il Vertice di questa settimana ad Algeri conferma la nostra assoluta determinazione a diversificare i fornitori, spingere in modo convinto sull’energia rinnovabile. Per farlo, c’è bisogno delle necessarie infrastrutture. Dobbiamo accelerare l’istallazione dei rigassificatori – a Piombino e a Ravenna. Non è possibile affermare di volere la sicurezza energetica degli italiani e poi, allo stesso tempo, protestare contro queste infrastrutture. Si tratta di impianti sicuri, essenziali per il nostro fabbisogno energetico, per la tenuta del nostro tessuto produttivo”.
All’inizio dell’articolo abbiamo parlato dell’inclusione della parte nel tutto, con cui si indica la superiorità del secondo sulla prima. Con la divisione del tutto nelle sue parti si vuole invece “dimostrare l’esistenza dell’insieme” oppure “l’esistenza o la non esistenza di una delle parti” (13).
La tecnica argomentativa coincide con l’accumulazione, costituita da una serie di parole o gruppi di parole o frasi allo scopo di rendere più efficace la descrizione, la narrazione, l’argomentazione, giacché si favorisce la percezione dei singoli elementi della lista (persone, oggetti, azioni, avvenimenti, situazioni), proprio grazie la loro specificazione. Possiamo dunque comprenderla tra le figure della presenza, ossia quelle che “hanno per effetto di rendere attuale alla coscienza l’oggetto del discorso” (14).
Tali risorse dell’antica arte della persuasione si trovano in due momenti dell’intervento del presidente del Consiglio al Senato:
“Gli italiani hanno sostenuto a loro volta questo miracolo civile, e sono diventati i veri protagonisti delle politiche che di volta in volta mettevamo in campo. Penso al rispetto paziente delle restrizioni per frenare la pandemia, alla straordinaria partecipazione alla campagna di vaccinazione. Penso all’accoglienza spontanea offerta ai profughi ucraini, accolti nelle case e nelle scuole con affetto e solidarietà. Penso al coinvolgimento delle comunità locali al PNRR, che lo ha reso il più grande progetto di trasformazione dal basso della storia recente”.
“L’unica strada, se vogliamo ancora restare insieme, è ricostruire da capo questo patto, con coraggio, altruismo, credibilità. A chiederlo sono soprattutto gli italiani. La mobilitazione di questi giorni da parte di cittadini, associazioni, territori a favore della prosecuzione del Governo è senza precedenti e impossibile da ignorare. Ha coinvolto il terzo settore, la scuola e l’università, il mondo dell’economia, delle professioni e dell’imprenditoria, lo sport […] Due appelli mi hanno colpito in modo particolare. Il primo è quello di circa 2.000 sindaci, autorità abituate a confrontarsi quotidianamente con i problemi delle loro comunità. Il secondo è quello del personale sanitario, gli eroi della pandemia, verso cui la nostra gratitudine collettiva è immensa”.
Si accresce la consapevolezza della realtà anche con le figure della ripetizione. Inoltre, per Pierre Fontanier, s’impiegano “più volte gli stessi termini o una stessa costruzione, sia semplicemente per ornare il discorso, sia per esprimere con maggior forza ed energia la passione” (15). Un simile procedimento è l’anafora, cioè l’iterazione di uno o più vocaboli all’inizio di enunciati o di loro segmenti successivi. È associata all’enumerazione nel primo estratto (“penso”) e nel seguente, dove se ne riscontra una coppia correlata:
“Non votare la fiducia a un governo di cui si fa parte è un gesto politico chiaro, che ha un significato evidente. Non è possibile ignorarlo, perché equivarrebbe a ignorare il Parlamento. Non è possibile contenerlo, perché vorrebbe dire che chiunque può ripeterlo. Non è possibile minimizzarlo, perché viene dopo mesi di strappi ed ultimatum”.
In entrambi i casi, l’elencazione è composta da tre membri. Ne deriva un ritmo ternario. A giudizio di Giorgio Fedel, “dal punto di vista ritmico, le accumulazioni con più di tre membri possono risultare poco incisive per eccesso, le strutture binarie lo possono essere per difetto. Quelle ternarie invece sembrano le più ‘armoniche’”. Poi ha ripreso una riflessione di Adam Smith (Lezioni di retorica e belle lettere, 1993, p. 420): “Tre… è il numero più appropriato… questo numero viene molto più facilmente compreso e appare molto più completo di due o quattro. Nel numero tre, infatti, c’è un centro e vi sono due estremi, mentre nei numeri due e quattro non c’è alcun centro sul quale l’attenzione si possa fissare di modo che ciascuna parte sembri legata ad esso” (16).
Roman Jakobson ha osservato: “In una successione di due nomi coordinati, e quando non interferisca un problema di gerarchia, il parlante sente inconsciamente, nella precedenza data al nome più corto, la miglior configurazione possibile del messaggio” (17).
Possiamo intendere tale considerazione in un senso più complessivo, vale a dire riferendoci a sequenze di parole, a proposito di un passaggio dell’allocuzione di Mario Draghi:
“La vostra è stata la migliore risposta all’appello dello scorso febbraio del Presidente della Repubblica e alla richiesta di serietà, al bisogno di protezione, alle preoccupazioni per il futuro che arrivavano dai cittadini”.
In effetti, le prime due stringhe (“alla richiesta di serietà” e “al bisogno di protezione”) sono meno estese della terza (“alle preoccupazioni per il futuro che arrivavano dai cittadini”).
Note
(1) Olivier Reboul, Introduzione alla retorica, Il Mulino, 1996, pp. 36, 70.
(2) Chaïm Perelman, Lucie Olbrechts-Tyteca, Trattato dell’argomentazione. La nuova retorica, Einaudi, 2013, p. 251.
(3) Olivier Reboul, op. cit., p. 21.
(4) Olivier Reboul, op. cit., p. 70.
(5) Pierre Fontanier, Les figures du discours, 1991, pp. 408-409, in Olivier Reboul, op. cit., p. 167.
(6) Cornificio, Retorica ad Erennio, IV, 26, 36.
(7) Chaïm Perelman, Lucie Olbrechts-Tyteca, op. cit., p. 288.
(8) Olivier Reboul, op. cit., p. 197.
(9) Henry Peacham, The Garden of Eloquence, 1577, p. 87, in Brian Vickers, Storia della retorica, Il Mulino, 1994, p. 416. Cfr. “L’apodìssi nella comunicazione politica in Italia”, pubblicato nel nostro sito web il 16 novembre 2021.
(10) Chaïm Perelman, Lucie Olbrechts-Tyteca, op. cit., p. 262.
(11) Chaïm Perelman, Lucie Olbrechts-Tyteca, op. cit., p. 331.
(12) Chaïm Perelman e Lucie Olbrechts-Tyteca, op. cit., p. 212.
(13) Chaïm Perelman, Lucie Olbrechts-Tyteca, op. cit., pp. 255 e 256.
(14) Chaïm Perelman, Lucie Olbrechts-Tyteca, op. cit., p. 189.
(15) Pierre Fontanier, op. cit., p. 329, in Bice Mortara Garavelli, Manuale di retorica, Bompiani, 1991, p. 196.
(16) Giorgio Fedel, Saggi sul linguaggio e l’oratoria politica, Giuffrè, 1999, pp. 129-139.
(17) Roman Jakobson, Saggi di linguistica generale, Feltrinelli, 1966, p. 190.