La captatio benevolentiae nei discorsi di Alcide De Gasperi, Carlo Azeglio Ciampi e Barack Obama

di Giorgio Matza

Nel discorso di commiato, tenuto il 10 gennaio, al termine del suo secondo mandato alla presidenza degli Stati Uniti d’America, Barack Obama ha esordito così: <Americani, questa sera tocca a me ringraziarvi. Ogni giorno mi avete insegnato qualcosa. Mi avete reso un presidente e un uomo migliore. Sono arrivato qui a Chicago poco più che ventenne, quando ancora cercavo di capire chi fossi e quale scopo dare alla mia vita. In quartieri poco distanti da qui ho iniziato a lavorare con i gruppi parrocchiali all’ombra delle acciaierie chiuse. Qui ho imparato che il cambiamento avviene soltanto quando persone del tutto normali si lasciano coinvolgere e si uniscono per pretenderlo. Dopo otto anni da vostro presidente, lo credo ancora> (1).

Evidentemente l’emittente del messaggio cerca di suscitare un atteggiamento benevolo nei suoi confronti da parte del ricevente, rivolgendosi a esso con espressioni di apprezzamento (“mi avete insegnato qualcosa”, “qui ho imparato”).

 

La stessa forma di tale tópos della captatio benevolentiae (“conquista della benevolenza”) si trova nell’intervento fatto da Alcide De Gasperi, il 20 luglio 1947, al congresso provinciale della Democrazia Cristiana di Trento. Infatti, dopo aver puntualizzato di partecipare <non come Capo del Gover­no, ma come eletto del popolo trentino>, affermò:

<Io ho una carat­teristica che mi son fatto prestare da voi: […] quando mi ci metto, mi ci metto a fondo>

<Un’altra lezione che mi avete dato quando ero giovane è questa: non perder la testa per le forme delle cose, le mani­festazioni pubbliche, le questioni di struttura. Bisogna andare in fondo e vedere le cose essenziali, badare alle cose essenziali; sapere discernere nel conglomerato delle idee e delle discussioni la que­stione semplice, vederla come deve fare il padre di famiglia quando fa il suo bilancio, cercare la verità: e col lume delle poche idee diret­tive che ispirano la vita del popolo, perché così ha da amministrarsi anche la cosa pubblica come si amministra la cosa privata. Questa tendenza alla semplificazione, questo voler tendere al concreto è una caratteristica del popolo montanaro>

<Vi dico e anche questo l’ho imparato da voi: una riforma che assicura la perfetta giustizia non esiste al mondo: non esiste un sistema che ridistribui­sce la proprietà e il reddito della proprietà, in modo tale che sia asso­lutamente eguale per tutti> (2).

E nel messaggio di fine anno, andato in onda a reti unificate il 31 dicembre 2003, l’allora Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi disse: <I pensieri che ho stasera nell’animo nascono come risposta ai tanti messaggi che mi giungono da voi, negli incontri o per iscritto. Nell’insieme, essi esprimono un forte e crescente senso di comunità. Grazie per la forza che mi trasmettete. È realtà diffusa in tutta Italia il risveglio dell’amor di patria. Ed è per me naturale dare voce a questo sentimento> (3).

Al di là della captatio benevolentiae, nei discorsi di Obama, di De Gasperi e di Ciampi emerge l’acquisizione di una competenza. In narratologia, la branca della semiologia che studia le forme narrative, essa corrisponde ad una “funzione”, che Vladimir Jakovlevic Propp intende come <l’operato di un personaggio, determinato dal punto di vista del suo significato per lo svolgimento della vicenda>. Lo studioso russo ne conta trentuno nella favola di magia. Più precisamente coincide con la quattordicesima, denominata “fornitura, conseguimento del mezzo magico” e sintetizzata così: <Il mezzo magico perviene in possesso dell’eroe> (4).

Inoltre, in termini semiotici, si rappresenta il passaggio da un destinante ad un destinatario di qualcosa. Tuttavia è un trasferimento particolare, perché, come hanno scritto Francesco Marsciani e Alessandro Zinna, <non implica la rinuncia da parte del soggetto; il soggetto realizzato, congiunto con l’oggetto-valore, […] resta realizzato, cioè congiunto, anche dopo […] che fa sì che anche un altro soggetto si trovi congiunto con lo stesso oggetto-valore>.

Algirdas Julien Greimas ha parlato di <caso in cui il destinante, in quanto soggetto trasformatore, fa un dono al destinatario, se la trasformazione ha per effetto l’attribuzione di un valore al destinatario, allora questa attribuzione non è solidale, come ci si sarebbe potuto aspettare, con la rinuncia da parte del destinante. In altre parole […] l’oggetto di valore, pur essendo stato attribuito al destinatario, resta nondimeno in congiunzione con il destinante>. Sempre secondo Greimas, <si tratta di un tipo specifico di comunicazione e proponiamo di chiamarla partecipativa>. Essa si distingue dalla semplice <comunicazione intesa – per citare ancora questo studioso – come trasformazione che opera in modo solidale la disgiunzione dell’oggetto con uno dei soggetti e la congiunzione con il secondo soggetto> (5).

Dal discorso dell’italiano Alcide De Gasperi a quello dell’americano Barack Obama sono passati settant’anni, ma nei passi citati troviamo la stessa strategia persuasiva: un’ulteriore prova, se ce ne fosse bisogno, che la retorica è universale e sempre attuale, è ancora valida nel presente come lo è stata già nel passato.

NOTE

(1) Riportato in la Repubblica, 12 gennaio 2017, pag. 11.

(2) Riportato in PAOLA DESIDERI, Teoria e prassi del discorso politico, Bulzoni, 1984, pp. 24 e 28-29.

(3) Riportato in FERDINANDO SALLUSTIO, Belle parole. I grandi discorsi della storia dalla Bibbia a Paperino, Bompiani, 2004, pp. 422-423.

(4) VLADIMIR JAKOVLEVIC PROPP, Morfologia della fiaba, Einaudi (Nuova biblioteca scientifica), 1979.

(5) FRANCESCO MARSCIANI, ALESSANDRO ZINNA, Elementi di semiotica generativa. Processi e sistemi della significazione, Esculapio, 1991, p. 82 e ALGIRDAS JULIEN GREIMAS, Del senso 2. Narrativa, modalità, passioni, Bompiani, 1985, pp. 41-42.