La metafora è spesso utilizzata ai fini della persuasione. Riguardo alla comunicazione politica, lo abbiamo visto in un precedente articolo (1).
Gli esempi sono innumerevoli pure in pubblicità. Eccone qualcuno:
“Una Volvo di 3 anni è ancora una bambina”
“La tua liana da città” (Vespa, scooter)
“Il computer è il nocciolo. Noi vi diamo anche la polpa. Honeywell Bull. I frutti dell’informatica”
“Se la vita è un piatto di ciliege, perché a chi lavora solo i nòccioli?” (Partito comunista italiano)
“Un giocattolo. Cibo per la mente” (Ente autonomo salone internazionale del giocattolo di Milano)
“Chi abbandona gli animali è una bestia” (WWF)
“L’energia è una porta verso un mondo di possibilità” (Enel)
“Un mare di passione” (profumo K di Krizia).
Nell’ultima headline prevale l’iperbole, il procedimento stilistico costituito dall’uso di parole esagerate per esprimere un concetto oltre i limiti della verità. Può essere per difetto o per eccesso: nell’advertising si ricorre alla seconda. Sul suo impiego appare piuttosto critica la creativa Annamaria Testa: “Dedico intenzionalmente pochissime righe ad una delle figure retoriche più usate in pubblicità: l’iperbole. L’esagerazione è connaturata alla comunicazione commerciale: chi vuole vendere si sforza sempre di esaltare la propria merce. D’altra parte, chi vuole compare ormai attua – credo – automaticamente un tipo di lettura critica che ridimensiona le affermazioni iperboliche, riconducendole entro i confini della plausibilità […] Le due forze opposte, quella accrescitiva del venditore e quella riduttiva del compratore, scontrandosi danno una somma uguale a zero e ci si ritrova al punto di partenza: la pura indicazione d’uso del prodotto e nemmeno un poco di simpatia aggiunta. Vale la pena di fare tanto rumore per nulla?” (2).
I meno giovani fra i nostri lettori probabilmente ricordano lo slogan “Metti un tigre nel motore”, con il quale si reclamizzava la benzina Esso. Questa metaforaè il risultato di un meccanismo argomentativo fondato sulla metonimia, consistente nella sostituzione di una parola con un’altra sulla base di un rapporto di contiguità fra i loro significati, che può essere di diverso tipo: nella fattispecie l’effetto (potenza) per la causa (prodotto) e poi il concreto (tigre) per l’astratto (potenza) (3).
Fino a quel momento, altre marche di carburante avevano rivendicato il possesso della stessa qualità, ma solo una riuscì a rappresentarla icasticamente per distinguersi dai concorrenti. Ciò è particolarmente necessario per un articolo come la benzina, che rientra fra i “beni di largo consumo ad acquisto corrente (convenience goods)”, cioè “beni di consumo acquistati frequentemente, rapidamente e con un minimo sforzo di comparazione e di acquisto” (4).
Alla stessa categoria appartengono le acque minerali. In uno spot realizzato per Ferrarelle parimenti si utilizza la doppia metonimia per generare una metafora. Infatti si sostituisce la causa (prodotto) con l’effetto (brio) e poi l’astratto (brio) con il concreto, costituito da “un pupazzone verde, un po’ Hulk e un po’ Shrek”, come lo ha definito Aldo Grasso, che così ha riassunto il contenuto del film: “Si apre con l’immagine di una bambina alle prese coi disegni frutto della sua fantasia”. Tuttavia, con la comparsa del buffo personaggio, “la realtà cambia ritmo e colore: la bambina è catapultata dal nuovo amico su un’altalena, spinta in alto fra le risate. Poi una corsa sfrenata in bicicletta, con il gigante verde. L’immagine successiva svela la metafora: la protagonista ha in mano una bottiglia di Ferrarelle. Ma i sogni sembrano tornare all’alba: sul letto, pronta per il risveglio, la bimba è spinta dall’amico direttamente in mare. Qui magicamente diventa adulta, giovane donna alle prese con la vita sociale, che non rinuncia ai sogni di un tempo” (5).
Il telecomunicato termina con una voce fuori campo, che chiarisce il significato della storia: “Nessuno sa come è fatta la vitalità. Ma una cosa è certa: puoi scoprirlo ogni giorno, in un sorso di Ferrarelle. Nella sua effervescenza naturale, ritrovi i sali minerali che rivitalizzano il tuo corpo”.
L’efficacia del messaggio deriva ovviamente dall’interazione fra diversi linguaggi (verbale, iconico, gestuale, musicale).
Perfino una compagnia aerea, che solitamente fornisce un servizio non assimilabile ai beni di largo consumo ad acquisto corrente, può avvertire l’esigenza di impiegare una metafora per differenziarsi dalle aziende competitor. Gianluca Pierotti ha proposto un esempio relativo alla British European Airways: “Se io vado a Londra con un aereo BEA, è chiaro che voglio arrivare a Londra e puntuale, ma non è questo che cerco in particolare dalla BEA. Questo lo avrei anche dall’Alitalia. La BEA, nei suoi avvisi, non mi mostra l’aereo che atterra a Londra, bensì la mano del comandante dell’aereo che si posa sulla spalla di un bambino rinfrancato: ossia mi offre protezione, sicurezza ed è per questa che in realtà io pago” (6). Al di là del livello visivo, il concetto viene espresso con le parole dell’headline: “In buone mani”.
Secondo Chaïm Perelman e Lucie Olbrechts-Tyteca, possiamo considerare la figura retorica di cui stiamo trattando come il risultato di una sintesi dell’analogia, l’argomento (nel senso di prova portata a favore di una tesi) consistente in una somiglianza di rapporto, in base alla formula generale A : B = C : D. I due insiemi di termini formano il “tema” e il “foro”, appartengono a campi diversi e sono utili per appoggiare rispettivamente la conclusione e il ragionamento. Infatti solitamente si conosce meglio il secondo rispetto alla prima, perché quello deve illuminare la struttura o stabilire il valore di questa. Fra i termini simmetrici del “tema” e del “foro” si attua un riavvicinamento che conduce a un’azione reciproca e soprattutto alla valorizzazione o alla svalutazione dei primi (7).
A tale tecnica argomentativa si può ricorrere come motivo centrale, come procedimento che svolge la funzione di principio organizzatore di una campagna pubblicitaria. In una multisoggetto di qualche tempo fa per la Volvo 850 GLE, gli annunci erano incentrati di volta in volta su una qualità che la distingueva dalle auto dello stesso tipo. Ognuno era formato, oltreché dal testo, che conteneva numerosi dati tecnici e da una fotografia della macchina, da un’illustrazione con una coppia di animali.
Nel primo, sotto il titolo “La specie è la stessa. È l’eleganza che è un’altra”, comparivano un’oca e un cigno e si precisava: “Un collo lungo e un becco non fanno un cigno. Così come quattro ruote e un motore da 2000 cc non sempre fanno un’auto di classe. La storia sembra identica. Ma mentre nel regno animale la bellezza è un dono di natura, in quello delle automobili è frutto di studi rigorosi. La linea della Volvo 850 GLE nasce da anni di incessanti ricerche, condotte per conciliare esigenze strutturali, di sicurezza ed estetiche, fino a farle confluire in un unico progetto. Ma la bellezza di una Volvo è fatta anche per durare nel tempo. Così come è fatto per resistere alle più forti sollecitazioni il suo motore […] realizzato con largo impiego di acciaio al vanadio, per ridurre quanto più possibile le vibrazioni […] La sua eleganza la si nota anche quando si parla di soldi”.
Il secondo conteneva l’headline “La specie è la stessa. È la classe che è un’altra”, la raffigurazione di un asinello e di un cavallo e la seguente spiegazione: “Si dice ‘equino’ e non si capisce bene se si sta parlando di un tenero somarello o di un erede di Ribot. Eppure, per capire la differenza basta guardarli. O, meglio ancora, salirci sopra. Con le automobili è la stessa identica cosa. Perciò, se state pensando ‘duemila’, fate la cosa più ragionevole: provatene più che potete. E poi confrontatele con la Volvo 850 GLE. All’inizio potete limitarvi a farne una questione estetica e ad appurare che in fatto di personalità ed eleganza la Volvo 850 GLE è davvero una categoria a sé. Ma poi conviene addentrarsi nei particolari, o magari nell’abitacolo, per scoprire che il comfort e la sensazione di sicurezza sono diventati un’unica cosa […] L’ultimo confronto da fare riguarda il prezzo”.
Nel terzo si vedevano l’una di fronte all’altro una pecora e un muflone e si leggeva il titolo “La specie è la stessa. È la robustezza che è un’altra” e il testo che di seguito si riporta parzialmente: “Secondo i testi scientifici, sono due ovini a tutti gli effetti. Ma se mettete piede nei rispettivi recinti, direte che non sono parenti nemmeno alla lontana. Qualcosa del genere accade per le automobili. Prendete, ad esempio, la Volvo 850 GLE. Agli effetti anagrafici (libretto di circolazione), è una duemila come le altre. Ma nella sostanza, è una delle auto più sicure che oggi sia possibile concepire […] Una robustezza che si estende con medesimo rigore al motore […] Un’altra cosa non può sfuggirvi: in alcune specie (molto rare) robustezza e potenza vanno di pari passo. Ecco perciò che la Volvo 850 GLE […] supera i 195 km/h […] Ma poi si fa docile nel prezzo”.
Si attuava quindi la seguente proporzione: l’autovettura reclamizzata sta alle concorrenti come il cigno sta all’oca, il cavallo all’asinello, il muflone alla pecora.
Tutti e tre gli avvisi, realizzati dall’agenzia Pirella Gottsche Lowe, terminavano così: “Adesso decidete voi. Nell’ambito della stessa specie, qual è la vostra scelta?”. Inoltre comune era questa specificazione: “Volvo 850 GLE. Nella categoria delle duemila, un’auto di un’altra categoria”.
L’analogia contraddistingueva pure la pubblicità, creata dalla Verba DDB, per un modello di un’altra casa automobilistica. La pagina si divideva in due parti, occupate dall’immagine, rispettivamente, di Mohandas Karamshand Gandhi e della macchina pubblicizzata e ognuna conteneva una domanda: “Un guerriero deve proprio sembrare un guerriero?” (8) e “Un diesel deve proprio sembrare un diesel?”. E nella bodycopy si precisava: “La potenza della nuova Audi A6 2500 TDI giunge sempre inaspettata. La sua forza è generata dal potente motore turbo diesel 6 cilindri, con 150 CV a iniezione diretta. Sì: Audi A6 è un turbo diesel. Bisogna ripeterselo spesso quando la si guida. È la prima cosa che si dimentica”.
In un annuncio per il Credito Italiano dal titolo “Genius. Dedicato a chi pensa che i conti correnti siano tutti uguali”, si ricorreva all’argomento di cui stiamo trattando, in una forma più esplicita. Infatti i termini del “tema”, indicati verbalmente, erano “Conto corrente” e “Conto Genius”. Essi, rispettivamente, erano in relazione con i due elementi del “foro”, costituiti dalle fotografie di una semplice tazzina di caffè e di un vassoio contenente un ricco buffet. Così, sulla base della somiglianza di rapporto, il servizio offerto da tutte le banche ne usciva svalutato, al contrario dell’altro, che risultava valorizzato. È dunque evidente il carattere argomentativo di tale messaggio pubblicitario, così come di quelli citati precedentemente.
Un impiego particolarmente persuasivo (ma anche mistificatorio) del pensiero analogico è stato fatto, non molto tempo fa, in uno spot per un prodotto per l’igiene femminile. Si vede una giovane molto attraente, che arriva a un ricevimento con abbigliamento e calzature adatte all’occasione, in un ambiente caratterizzato da grande raffinatezza. Una voce fuori campo, che evidentemente riproduce il monologo interiore del personaggio, dice: “Che bello sarebbe far sparire il fastidio dei tacchi alti come Lines è fa sparire il fastidio dell’assorbente!”.
La relazione può essere così formulata: “un prodotto inesistente” sta alla “eliminazione del fastidio dei tacchi alti” come “Lines é” sta alla “eliminazione del fastidio dell’assorbente”. Nella fattispecie, al contrario degli altri esempi riportati (e di ciò che avviene normalmente), l’articolo reclamizzato e la sua prerogativa non costituiscono il “tema” (come abbiamo visto, il primo insieme di termini sul quale si basa la conclusione), bensì il “foro” (il secondo insieme di termini, che serve ad appoggiare il ragionamento e solitamente si conosce meglio). La singolare caratteristica dell’oggetto in questione è perciò presentata come un dato indiscutibile, incontestabile, innegabile, cioè come un fatto: “Lines é elimina il disagio provocato dall’uso del tampone”. D’altronde l’obiettivo del tele-comunicato sicuramente non è quello di promuovere qualcosa d’immaginario, che dovrebbe eliminare la scomodità dei tacchi alti.
Pur non essendo sempre sviluppata in maniera così articolata, l’analogia non perde la sua efficacia. Negli anni Settanta, quando i Paesi occidentali risentirono della crisi petrolifera, la Doyle Dane Bernbach ideò un avviso reso particolarmente incisivo dall’interazione fra l’immagine, costituita da una compressa effervescente, con impresso il marchio di una casa automobilistica, che si scioglieva in un bicchiere d’acqua e il testo: “Se i dolori provocati dalla benzina continuano, prova Wolkswagen”.
I casi proposti dimostrano che è possibile attuare una pubblicità genericamente comparativa, attraverso la tecnica argomentativa che abbiamo analizzato. Quest’ultima si utilizza parimenti nella comunicazione politica. Lo vedremo, eventualmente, un’altra volta.
NOTE
(1) “Metafora superstar. Da Berlinguer a Berlusconi, passando per Reagan”, pubblicato il 16 settembre 2016.
(2) ANNAMARIA TESTA, La parola immaginata, Pratiche, 1992, p. 67.
(3) GIANLUCA PIEROTTI, “Il linguaggio della pubblicità visto da un pubblicitario”, in AA. VV., Italiano d’oggi. Lingua non letteraria e lingue speciali, Lint, 1974, p. 334.
(4) MARCELLA DI MARCO, “Beni di consumo, classificazione dei”, in ALBERTO ABRUZZESE, FAUSTO COLOMBO (a cura di), Dizionario della pubblicità, Zanichelli, 1994, p. 52.
(5) ALDO GRASSO, “Con Ferrarelle alla ricerca della vitalità”, in L’Economia del Corriere della Sera, 21 agosto 2017, p. 19.
(6) GIANLUCA PIEROTTI, op. cit., p. 334.
(7) Sul ragionamento per analogia si veda CHAΪM PERELMAN, LUCIE OLBRECHTS-TYTECA, Trattato dell’argomentazione. La nuova retorica, Einaudi, 2013, pp. 404-445.
(8) Non è necessario conoscere tutta la storia della sua vita per sapere che M. K. Gandhi (1869-1948) fu un combattente diverso dagli altri. Infatti questo filosofo e uomo politico indiano, chiamato il mahatma (la “grande anima”), guidò la lotta contro la dominazione inglese in India, adottando il satyagraha, che consiste nella resistenza passiva e nella non violenza.