La retorica di Hillary Clinton nel dibattitto con Trump

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di Giorgio Matza

Nella campagna per la presidenza degli Stati Uniti d’America, nel primo confronto diretto con Donald Trump, tenutosi il 26 settembre, Hillary Clinton ha utilizzato strumenti della retorica, come quello di ordine affettivo dell’ethos allo scopo di attirare l’attenzione del pubblico, di ispirare un senso di affidamento e di ottenerne il consenso. Perciò si suggerisce una propria identità, si rappresentano aspetti della propria personalità, della propria vita. Infatti si è presentata come nonna, quindi come persona comune, nella quale ci si può identificare (“È una di noi”). Ecco il passo relativo: <La questione principale di questa elezione riguarda il tipo di Paese che vogliamo essere e il futuro che vogliamo costruire insieme. Oggi è il secondo compleanno della mia nipotina e ci penso parecchio>.

La candidata democratica appare lungimirante e dunque affidabile, perché sembra ispirarsi al principio per cui “un politico guarda alle prossime elezioni, uno statista alle successive generazioni”. Si delinea una profonda discordanza fra il futuro più vicino (“le prossime elezioni”) e quello più lontano (“le successive generazioni”). L’interesse per il primo è implicitamente attribuito al suo avversario; giacché, per lei, conta di più il secondo.

Si passa così al logos, lo strumento persuasivo di ordine razionale che si distingue perciò dall’ethos e dal pathos, con cui ha tuttavia una complementarità. Come ha rilevato Olivier Reboul, è caratterizzato dalla <attitudine a convincere grazie alla sua apparenza di logicità e al fascino del suo stile> e <concerne l’argomentazione propriamente detta del discorso>. È costituito conseguentemente da ogni argomento (1) (nel senso di prova portata a favore di una tesi, ragionamento fatto a sostegno di un’opinione), anche quello del paragone, fondato su un confronto fra due elementi, per valutarli l’uno in connessione all’altro, sulla base di una relazione di uguaglianza o differenza (2). La seconda emerge frequentemente nel discorso politico, che ha spesso un intento polemico, come nel caso che stiamo analizzando.

La parte di dialogo che di seguito si riporta contiene l’argomento del caso invalidante (o exemplum in contrarium), con il quale si impedisce una generalizzazione indebita, dimostrandone l’incompatibilità con un avvenimento, un’azione, una situazione e si indica dunque la sola direzione ammessa per quella dovuta (3).

Clinton: <Donald era uno di quelli che tifavano per la crisi del settore immobiliare, per guadagnarci>.

Trump: <Questo è il mondo degli affari>.

Clinton: <Nove milioni di persone hanno perso il lavoro, cinque milioni hanno perso la propria casa. E 13 mila miliardi di risparmi familiari sono stati spazzati via>.

In effetti chi si propone per essere eletto alla guida di uno Stato si impegna, anche se non lo dichiara apertamente, a governare a vantaggio di tutti i suoi connazionali. Ma ciò non si accorda con la storia dell’aspirante repubblicano alla presidenza, che in passato ha agito per il proprio tornaconto, approfittando di una condizione disastrosa per una parte della popolazione e dimostrando così egoismo e indifferenza verso gli altri.

Inoltre quanto ricordato dalla candidata democratica svolge la funzione di precedente. Esso consiste nel presumere fino a prova contraria, la persistenza in avvenire di ciò che si è verificato in precedenza, mentre, nell’eventualità opposta, sarebbe necessario giustificare il cambiamento. È un oggetto di accordo preliminare fra l’oratore e l’uditorio, ossia rappresenta la base dell’argomentazione, costituita da ciò che è ammesso dal ricevente del messaggio e utilizzata dall’emittente per ottenerne l’adesione, giacché, come ha scritto Olivier Reboul, <è impossibile che l’uno si rivolga all’altro se tra loro non c’è […] un minimo di intesa> (4).

Nella fattispecie l’elettore è indotto a pensare che Trump, da presidente, continuerebbe a perseguire la sua utilità personale a discapito di quella generale.

Un concorrente alla presidenza di una grande nazione per essere eletto deve chiedere il voto a tutti gli elettori, dando per scontato di nutrire apprezzamento per loro. Ma se in un passato anche lontano ha assunto un atteggiamento offensivo nei confronti di una persona, magari appartenente ad un gruppo etnico minoritario, allora si constata una inconciliabilità, si mostra qualcosa di simile alla contraddizione. Questa è la caratteristica dell’argomento d’incompatibilità, con cui si accusa qualcuno d’incoerenza (5).

A tale forma di ragionamento, per mettere in cattiva luce Trump, si è ispirata efficacemente Clinton, rievocando un fatto, avvenuto vent’anni prima: <Una delle cose peggiori che Donald abbia mai detto riguarda una donna che partecipava a un concorso di bellezza. L’ha chiamata Miss Piggy (porcellino). Poi l’ha chiamata Miss Housekeeper (governante) perché è latina. Donald, questa donna ha un nome, si chiama Alicia Machado… e puoi scommettere che a novembre voterà>. La conclusione è chiara, sebbene resti sottintesa: non ci si può aspettare di ottenere il suffragio da quelli verso i quali si è dimostrato disprezzo.

La candidata democratica, sempre in polemica con l’avversario, ha fatto ricorso pure alla prova del superamento, che risulta dall’insistere sulla possibilità di andare avanti in un determinato senso, con un continuo aumento di valore: <Donald mi ha criticato per essermi preparata per questo dibattito. Sapete per cos’altro mi sono preparata? Per essere presidente> (6).

NOTE

(1) OLIVIER REBOUL, Introduzione alla retorica, Il Mulino, 1996, pp. 36, 70.

(2) CHAIM PERELMAN, LUCIE OLBRECHTS-TYTECA, Trattato dell’argomentazione. La nuova retorica, Einaudi, 1989, p. 255.

(3) CHAIM PERELMAN, LUCIE OLBRECHTS-TYTECA, op. cit., p. 375.

(4) OLIVIER REBOUL, op. cit., p. 182. Si veda pure CHAIM PERELMAN, LUCIE OLBRECHTS-TYTECA, op. cit., p. 112.

(5) CHAIM PERELMAN, LUCIE OLBRECHTS-TYTECA, op. cit., pp. 206-207.

(6) I passi tratti dal dibattito Clinton-Trump sono riportati in Corriere della Sera, 28 settembre 2016, pp. 8-9.