La pubblicità spesso contiene figure retoriche. Gli annunci di Voltaren non fanno eccezione
Voltaren è un brand di GSK Consumer Healthcare. “The Joy of Movement” è la sua tag line (per lo Zingarelli 2017, è il “motto o frase breve che riassume incisivamente l’immagine che si vuol dare di un prodotto o di un’azienda”). Essa è stata sviluppata in una bella campagna, ideata e realizzata dall’agenzia Publicis, che si suddivide in tre annunci, ognuno costituito da un’headline, illustrata da una fotografia. Si sottintende che i protagonisti (alcuni dilettanti di basket, quattro signore che ballano uno shake e un adulto al quale un bambino deve insegnare a nuotare) evidentemente non potrebbero dedicarsi a certe attività, a causa dei dolori ad articolazioni o muscoli o tendini o legamenti, senza l’ausilio del medicamento reclamizzato.
Di conseguenza la strategia è fondata sull’empatia, cioè la “capacità di porsi nella situazione di un’altra persona o, più esattamente, di comprendere immediatamente i processi psichici dell’altro” (Enciclopedia on line Treccani). I pubblicitari usano il vocabolo inglese insight per indicare il “lampo d’identificazione”, che è alla base del concept.
Ecco i titoli delle inserzioni:
It’s not just movement. It’s a late night rematch
It’s not just movement. It’s ladies night
It’s not just movement. It’s learning to swim at 50
Nella prima parte, sempre uguale, si delinea un obiettivo generico, indeterminato, astratto (“il movimento”). Tuttavia esso, come si desume dalla forma negativa della proposizione e dall’avverbio “just” (“semplicemente”), rappresenta una fase intermedia, che permette di raggiungere una finalità più specifica, peculiare, concreta in contesti ben precisi: quelli esposti nella seconda frase.
Nei termini dell’antica disciplina che studia i meccanismi della comunicazione persuasiva, tale passaggio si evidenzia mediante la definizione retorica. Chaïm Perelman e Lucie Olbrechts-Tyteca la considerano “una figura di scelta, perché utilizza la struttura della definizione non per fornire il senso di una parola, ma per dar rilievo ad alcuni aspetti di una realtà che rischierebbero di rimanere oscuri” (1). Nella fattispecie, “movement” è di volta in volta “a late night rematch”, “ladies night”, “learning to swim at 50”.
Pure in quest’occasione torna alla mente quanto sostenuto, qualche tempo fa, da Jacques Durand:
“Ciò che la retorica può apportare alla pubblicità è soprattutto un metodo per la creazione. Nella creazione pubblicitaria regna attualmente il mito dell’‘ispirazione’, dell’‘idea’. Non è un caso che le idee più originali, gli annunci più audaci appaiano come la trasposizione di figure retoriche individuate ed analizzate da numerosi secoli. Ciò spiega perché la retorica può essere considerata come una sommatoria di modi diversi per essere ‘originali’. È dunque probabile che il processo creativo possa essere facilitato e arricchito se i creativi prendono piena coscienza di un sistema che sino ad oggi hanno impiegato istintivamente” (2).
Il logos è lo strumento persuasivo di ordine razionale, caratterizzato – citiamo Olivier Reboul – dalla “attitudine a convincere grazie alla sua apparenza di logicità” e che quindi “concerne l’argomentazione propriamente detta” (3). Tra gli argomenti fondati sulla struttura della realtà e, più esattamente, sui legami di successione, Perelman e Olbrechts-Tyteca classificano la tecnica argomentativa consistente in una trasposizione di valore dal fine al mezzo (4).
Nel comunicato stampa della società sulle inserzioni di cui stiamo trattando, si usa appunto il vocabolo inglese “purpose”, ossia fine, in riferimento al “movimento [che] permette alle persone di connettersi e questo porta una gioia vera”. Più avanti si chiarisce: “Quando ci sentiamo male ed è difficile muoversi, ci tiriamo indietro perdendo il contatto con le persone che sono intorno a noi. Poiché il dolore ha un impatto sulla salute sia fisica che emotiva, può alimentare sentimenti di astinenza, portando a una mancanza di connessione con gli altri, un elemento chiave per una vita ricca e felice”. Il mezzo per evitare una simile condizione è ovviamente il farmaco pubblicizzato.
Valentina Falcinelli, giovane valente copywriter, l’ha definito “prodotto che si trasforma, archetipicamente parlando, in elisir” (5) e presumibilmente si è ricollegata agli studi di Joseph Campbell (L’eroe dai mille volti), poi ripresi da Christopher Vogler (Il viaggio dell’eroe).
Nell’ambito della narratologia, la disciplina che si occupa delle logiche, delle tecniche e delle strutture narrative, è possibile accennare anche al modello delle “funzioni dei personaggi”, elaborato dal linguista e antropologo russo Vladimir Jakovlevic Propp. In base a esso, nello specifico, la marca svolge il ruolo del donatore, giacché fornisce un oggetto che ha un potere magico e “permette in seguito di porre rimedio alla disgrazia” (6).
La comunicazione di Publicis per Voltaren include pure uno spot (7), nel quale si racconta una storia, oltreché attraverso le azioni dei protagonisti, con il ricorso unicamente al linguaggio costituito dalla mimica facciale e con l’accompagnamento della canzone To Love Somebody dei Bee Gees. L’utilizzatore del medicinale reclamizzato è un anziano, che decide di fare una sorpresa alla nipotina. Passa a prenderla, infatti, con la sua vecchia motocicletta con sidecar, che non adoperava da molto tempo, dopo averla rimessa in buono stato. Alla fine del filmato compare il testo: It’s not just movement. It’s cruising with the best”.
Ne deriva una certa carica affettiva. Gavino Sanna, ideatore di telecomunicati memorabili (basti menzionare i soggetti “Gattino”, “Maternità”, “Fusillo”, “Adozione”, realizzati negli anni ottanta per Barilla e ancora oggi visibili su YouTube), ha osservato che “un’informazione razionale, se accompagnata da un’emozione, viene dirottata nella parte destra del cervello e viene quindi ricordata più a lungo poiché diventa un’emozione personale, un’esperienza familiare”. Perciò “una campagna caratterizzata dal calore umano e dall’emozione sembra che incrementi la quota di mercato di un prodotto”, in quanto “al contrario di un computer che acquisisce dati senza preconcetti, la persona usa il cuore e la mente” (8).
Note
(1) Chaïm Perelman, Lucie Olbrechts-Tyteca, Trattato dell’argomentazione. La nuova retorica, Einaudi, 2013, p. 187. È possibile leggere la voce relativa alla “definizione retorica” nella sezione Reto Parole del nostro sito. Su di essa è incentrata la pubblicità radiofonica di un’industria che produce cucine: “Essere Lube significa essere il leader italiano delle cucine, significa essere quelli che fanno sempre e solo cucine da oltre 50 anni, significa andare oltre la cucina con i nostri negozi e servizi sempre vicini a voi, significa gratificare il vostro acquisto e condividere gli stessi valori”.
(2) Jacques Durand, “Rhetorique et image pubblicitarie”, in Communication, 15, 1970, riportato in Giampaolo Fabris, La pubblicità, teorie e prassi, Franco Angeli, 1992, p. 292.
(3) Olivier Reboul, Introduzione alla retorica, Il Mulino, 1996, pp. 36 e 70.
(4) Cfr. il paragrafo 64 (“I fini e i mezzi”) di Chaïm Perelman, Lucie Olbrechts-Tyteca, op. cit.
(5) facebook.com/ValePennamontata/ 8 novembre 2020.
(6) Vladimir Jakovlevic Propp, Morfologia della fiaba, Einaudi (Nuova biblioteca scientifica), 1979, p. 45.
(7) YouTube: “Voltaren. The Joy of Movement”.
(8) Gavino Sanna, Le uova di Woody Allen, Bompiani, 1988, pp. 157-158.