La strategia retorica di Guido Crosetto sull’Ucraina contro gli alleati Berlusconi e Salvini

L’argomento dell’inclusione della parte nel tutto

Guido Crosetto ha partecipato alla fondazione di “Fratelli d’Italia” e ne è stato presidente e coordinatore nazionale. Sebbene, prima di diventare ministro della Difesa del governo Meloni, non svolgesse più un ruolo politico, per la stima di cui continuava a godere, non poteva essere ritenuto un semplice simpatizzante. Nelle sue asserzioni, contenute in un’intervista sull’invasione dell’Ucraina a opera della Federazione Russa (1), si coglie una strategia retorica piuttosto raffinata, costituita da un uso sapiente di alcune tecniche argomentative in polemica con i due raggruppamenti che, assieme al suo, compongono lo schieramento di centrodestra. Ecco un primo estratto.

Domanda: “Sull’Ucraina Fratelli d’Italia sembra quasi un partito di maggioranza. Al contrario di Forza Italia e Lega, che al contrario di FdI in maggioranza ci stanno davvero”.

Risposta: “La posizione di Giorgia Meloni, a differenza degli alleati, è libera da amicizie, interessi e condizionamenti. Molto semplicemente: ha ben presente chi è l’aggressore e chi è l’aggredito, ha la libertà di muoversi di conseguenza”.

Balza agli occhi immediatamente una comparazione, al fine di evidenziare una discordanza. Secondo Chaïm Perelman, Lucie Olbrechts-Tyteca, “l’argomentazione non potrebbe procedere di molto senza ricorrere a paragoni, nei quali diversi oggetti siano posti a confronto per essere valutati l’uno in rapporto all’altro” (2). Nello specifico, la valutazione degli “alleati” è manifestamente negativa. Dall’affermazione dell’intervistato si ricava abbastanza facilmente che i loro “interessi”, ossia i loro vantaggi, derivano da “amicizie” con “l’aggressore” (Vladimir Putin) e comportano “condizionamenti”: a causa di essi ci si oppone all’invio di armi all’“aggredito” (Volodymyr Zelensky). Non è da escludere che nella mente del lettore affiori l’idea del contrasto con l’interesse generale, dell’intera comunità nazionale. Una simile riflessione richiama l’argomento dell’inclusione della parte nel tutto. Gli studiosi citati poc’anzi ci ricordano che “il più delle volte la relazione fra il tutto e le sue parti è considerata sotto l’aspetto quantitativo: il tutto comprende la parte ed è in conseguenza più importante di questa” (3).

Ne esce dunque offuscato il prestigio dei leader forzista e leghista. L’appannamento della loro immagine li rende inadeguati alla funzione di capo del governo: “Berlusconi presidente” e “Salvini premier” si legge nei simboli delle rispettive organizzazioni e non solo in occasione di elezioni. Crosetto si riferisce esplicitamente a tale campagna ormai permanente alla fine del colloquio con il giornalista.

Domanda: “La coalizione è pericolante? Pensa che Salvini e Berlusconi si stiano muovendo come un sol uomo per limitare il perimetro elettorale della Meloni?”.

Risposta: “Come un sol uomo non lo so, non credo. Però mi pare chiaro che entrambi, anche usando questa storia dell’Ucraina, stiano provando a risalire nei numeri lisciando il pelo agli italiani che hanno paura delle conseguenze della guerra”.

Perfino in un passo precedente si mettono in cattiva luce gli “alleati”.

Domanda: “E Salvini?”.

Risposta: “Salvini ha sposato la via del pacifismo. E ci sta. Sorprende però un aspetto: ha sempre sostenuto la legittima difesa di chi spara a un ladro che ti entra dentro casa; un principio che, adesso, non adotta di fronte all’invasione di uno Stato intero. Ma uno Stato intero che ti entra dentro casa è più pericoloso di un ladro. O sbaglio? Per non parlare dell’inviolabilità dei confini”.

Domanda: “Cioè?”.

Risposta: “Come fai a combattere una battaglia politica mastodontica se una barchetta di immigrati entra a Lampedusa e poi non combatterne una un milione di volte più grande se a violare i confini sono migliaia di carrarmati? Per Berlusconi e Salvini, insomma, i confini sono inviolabili se entra una barchetta a Lampedusa o se a entrare sono i carrarmati?”.

L’accusa d’incoerenza, che appare palese, risulta ugualmente deleteria per chi aspira a guidare il Paese. Essa viene mossa – è necessario sottolinearlo in un’analisi dedicata all’antica arte della persuasione – mediante una tecnica argomentativa. Per Perelman e Olbrechts-Tyteca, “abitualmente l’argomentazione si sforzerà di mostrare che le tesi controbattute conducono ad una incompatibilità, che assomiglia ad una contraddizione, in quanto consiste in due asserzioni tra le quali bisogna scegliere, a meno di rinunciare ad entrambe” (4). Ecco schematicamente le opinioni da contestare riguardo allo sconfinamento: si deve assolutamente impedire a “una barchetta di immigrati”; a “migliaia di carrarmati”, invece, può essere concesso.

Per di più il ragionamento si rivela particolarmente efficace grazie all’argomento “a fortiori”. È la “argomentazione che convalida una proposizione in base al fatto che abbia ragioni ancor più numerose e valide di altra già tenuta per valida” (5). In effetti, poiché combatti “una battaglia politica mastodontica se una barchetta di immigrati entra a Lampedusa”, tanto più sei obbligato a “combatterne una un milione di volte più grande se a violare i confini sono migliaia di carrarmati”.

Nel nostro caso il procedimento incentrato sulla maggior ragione coincide con la “regola di giustizia”, che “esige l’applicazione di un identico trattamento ad esseri o situazioni integrati in una stessa categoria” (6) (“una barchetta di immigrati” e “migliaia di carrarmati”, colpevoli di “violare i confini”).

Un’ulteriore osservazione concerne la preterizione. È la figura retorica con cui si dichiara di voler tacere ciò che comunque si afferma, sebbene brevemente, attribuendogli così rilievo. La frase utilizzata dall’emittente del messaggio (nello specifico, “per non parlare dell’inviolabilità dei confini”) serve quindi a enfatizzare, eppure, contemporaneamente, per mezzo di essa, si realizza un’attenuazione e il ricevente (non solo l’intervistatore, ma specialmente il pubblico dei lettori) – citiamo nuovamente Perelman e Olbrechts-Tyteca – “preso da fiducia per quest’eccesso di moderazione nelle conclusioni, va spontaneamente più in là di quanto avrebbe fatto se l’autore avesse voluto condurvelo per forza”. Si produce dunque “un’impressione favorevole di ponderatezza, di sincerità”, che contribuisce “a distogliere dall’idea che l’argomentazione sia un espediente, un artificio”. Una simile forma espressiva “è l’immaginario sacrificio di un argomento. Si dà uno schizzo di quest’ultimo annunciando che vi si rinuncia”. In tal modo “il sacrificio soddisfa le convenienze, lascia credere inoltre che gli altri argomenti siano abbastanza forti da poter fare a meno di quello” (7).

Tuttavia Crosetto, sollecitato dal giornalista (“Cioè?”), va avanti nel discorso (“Come fai a combattere una battaglia politica mastodontica se una barchetta di immigrati entra a Lampedusa e poi […]?”).

Note

(1) In Corriere della Sera, 22 maggio 2022, p. 13.

(2) Chaïm Perelman, Lucie Olbrechts-Tyteca, Trattato dell’argomentazione. La nuova retorica, Einaudi, 2013, p. 262.

(3) Chaïm Perelman, Lucie Olbrechts-Tyteca, op. cit., p. 251.

(4) Chaïm Perelman, Lucie Olbrechts-Tyteca, op. cit., p. 212.

(5) Nicola Zingarelli, Vocabolario della lingua italiana, Zanichelli, 2016.

(6) Chaïm Perelman, Lucie Olbrechts-Tyteca, op. cit., p. 237.

(7) Chaïm Perelman, Lucie Olbrechts-Tyteca, op. cit., pp. 503 e 524).

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