Ha suscitato notevole clamore la vicenda dell’Aquarius, la nave di Medici Senza Frontiere e Sos Mediterranée con 629 migranti partiti dalla Libia, alla quale, per decisione del ministro dell’Interno e vicepremier Matteo Salvini, è stato proibito di arrivare nel nostro Paese. Ciò ha provocato un duro attacco della Francia all’Italia. Tra le diverse reazioni contro di esso spicca per incisività quella di Massimo Gramellini. Nella sua rubrica “Il caffè”, pubblicata nel Corriere della Sera e che riportiamo quasi integralmente, il giornalista ha interpellato direttamente il presidente francese: “Monsieur Macron, come si dice ‘faccia tosta’ in francese? La sua illuminata nazione […] ha trasformato la Libia in una rampa di lancio per disperati. La sua civilissima polizia ha invaso la stazione di Bardonecchia come se fosse il suo personale ‘pissoir’ per maramaldeggiare su un ragazzo di colore che aveva il torto di avere i documenti in regola. Il suo umanissimo governo ha respinto al confine di Ventimiglia un’africana incinta e malata terminale di cancro. I vostri sensibili porti si ostinano a rimanere sigillati […] Converrà, monsieur Macron, che un curriculum simile non le consente di dare lezioni di bon ton a nessuno, tantomeno di definire ‘cinico e irresponsabile’ chi ha il torto di fare a brutto muso le stesse cose che lei fa a volto disteso. Che l’Italia salvinizzata sia ‘vomitevole’ potremo al limite dirlo noi. Non il suo portavoce, che all’epoca dei fatti di Bardonecchia e di Ventimiglia era stranamente afono” (1).
L’accusa d’incoerenza è il tema fondamentale della nota e si fonda su un’incompatibilità, che, per Chaïm Perelman e Lucie Olbrechts-Tyteca, “assomiglia ad una contraddizione, in quanto consiste in due asserzioni tra le quali bisogna scegliere, a meno di rinunciare ad entrambe” (2). Nella fattispecie le due affermazioni inconciliabili potrebbero essere così formulate: “Tutti (compresi gli Italiani) devono accogliere i profughi” e, considerata la sua condotta, “La Francia non è tenuta a farlo”. Sarebbe inopportuno per i Francesi esprimere esplicitamente un tale giudizio, ma avrebbero dovuto evitare parimenti l’esposizione della prima tesi, per non rischiare di essere ritenuti incoerenti sulla base del loro comportamento. Nell’ambito di questa polemica bisognerebbe parlare più precisamente della ritorsione, “che – lo ha ricordato Olivier Reboul – consiste nel riprendere l’argomento dell’avversario col mostrare che in realtà si applica contro di lui” (3). Di qui l’impiego della locuzione “faccia tosta” da parte del notista.
Pure da una vera e propria concentrazione di figure retoriche dipende l’efficacia della sua risposta. Innanzi tutto è possibile individuare il motivo centrale, il procedimento che svolge la funzione di principio organizzatore del testo, nell’invettiva. Essa rappresenta una variante dell’apostrofe, in quanto “consiste nel rivolgersi improvvisamente e vivacemente a persona o cosa presente o assente, con un tono di aspro rimprovero o di accusa” (4).
Il sarcasmo deriva dal ricorso all’antifrasi, “con cui – lo ha rilevato Angelo Marchese – si vuol affermare esattamente l’opposto di ciò che si dice”. Infatti risulta “evidente il valore ironico o polemico delle espressioni antifrastiche, in cui la rimarcatura del positivo serve a evidenziare il valore negativo sottinteso” (5). Se ne contano quattro occorrenze, costituite dalle parole “illuminata”, “civilissima”, “umanissimo”, “sensibili” (riguardo alla nazione, alla polizia, al governo e ai porti). Se si interpretassero letteralmente, si coglierebbe il luogo, come lo ha definito Ernst Robert Curtius nel suo Letteratura europea e Medio Evo latino, del “mondo alla rovescia” (6). Un simile fenomeno si registra pure nel passo in cui si parla di “un ragazzo di colore che aveva il torto di avere i documenti in regola”. Si percepisce anche la presenza di un’allusione, per mezzo della quale si dice una cosa per farne intendere un’altra più profonda e nascosta, che non si vuole dichiarare apertamente e quindi si sottintende, ma comunque si evoca. Secondo Chaïm Perelman e Lucie Olbrechts-Tyteca, “esistono argomenti di cui sarebbe disdicevole, pericoloso e perfino proibito fare uso troppo esplicito. Vi si può far riferimento solo con insinuazioni” (7). In tal caso probabilmente si vuole suscitare il sospetto che l’unica colpa del giovane, agli occhi delle forze dell’ordine francesi, fosse di avere la pelle nera.
Inoltre Massimo Gramellini si propone di mettere in rilievo le conseguenze negative di una scelta compiuta dalla Francia (l’eliminazione di Muammar Gheddafi): “Ha trasformato la Libia in una rampa di lancio per disperati”. Effettivamente si raggiunge una particolare intensità espressiva con la metafora “rampa di lancio” (invece, per esempio, del più piatto “terra di partenza”), per di più associata all’iperbole. Quest’ultima “è un modo di esprimersi a oltranza”, hanno osservato Perelman e Olbrechts-Tyteca, i quali hanno citato César Chesneau Du Marsais (Des tropes): “Noi ci serviamo di parole che, prese alla lettera, vanno oltre la verità, rappresentano il più o il meno, per far intendere qualche eccesso in grande o in piccolo. Quelli che ci sentono scontano dalla nostra espressione quello che va scontato” (8).
Per Pierre Fontanier, le cose vengono presentate “molto al di sopra o molto al di sotto di ciò che sono, con l’intenzione non di ingannare, ma di condurre proprio alla verità e di imprimere ciò che si deve realmente credere, attraverso ciò che l’iperbole dice di incredibile” (9).
Infine nel commento, che si sta analizzando, si trova un’antitesi, l’accostamento di parole di senso opposto, fra “a brutto muso” e “a volto disteso”, in riferimento rispettivamente a Salvini e a Macron. Tuttavia è una differenza che non intacca la sostanza: entrambi fanno “le stesse cose”. Ne consegue che il presidente francese è assimilato al leader della Lega. “L’argomentazione – hanno scritto Perelman e Olbrechts-Tyteca – non potrebbe procedere di molto senza ricorrere a paragoni, nei quali diversi oggetti siano posti a confronto per essere valutati l’uno in rapporto all’altro” (10).
NOTE
(1) MASSIMO GRAMELLINI, “La ruspa e la brioche”, in Corriere della Sera, 13 giugno 2018.
(2) CHAΪM PERELMAN, LUCIE OLBRECHTS-TYTECA, Trattato dell’argomentazione. La nuova retorica, Einaudi, 2013, p. 212.
(3) OLIVIER REBOUL, Introduzione alla retorica, Il Mulino, 1996, p. 207.
(4) FEDERICO RONCORONI, Testo e contesto, Arnoldo Mondadori Editore, 1985, p. 1142.
(5) ANGELO MARCHESE, Dizionario di retorica e di stilistica, Mondadori, 1978, pp. 21-22
(6) La parola “luogo” è la traduzione del termine greco tópos. Il plurale tópoi indicava originariamente le sedi, dove sono conservati tali elementi dell’argomentazione. Ancora oggi ci si riferisce alla loro presenza nella memoria collettiva.
(7) CHAΪM PERELMAN, LUCIE OLBRECHTS-TYTECA, op. cit., p. 524.
(8) CHAΪM PERELMAN, LUCIE OLBRECHTS-TYTECA, op. cit., p. 314.
(9) Riportato in BICE MORTARA GARAVELLI, Manuale di retorica, Bompiani, 1991, p. 180.
(10) CHAΪM PERELMAN, LUCIE OLBRECHTS-TYTECA, op. cit., p. 262.