L’argomento a fortiori, dalla Cères a Beppe Sala

Cosa hanno in comune la birra Cères, Bill Clinton, Barack Obama, Walter Veltroni, Silvio Berlusconi e Beppe Sala? Il ragionamento a fortiori

Bill Bernbach, da molti ritenuto il più geniale creativo della storia e il promotore di una vera e propria rivoluzione creativa nell’advertising, fondatore nel 1949, insieme con Ned Doyle e Maxwell Dane, dell’agenzia DDB, affermava: “Non è tanto ciò che si dice che muove la gente. Ma è il modo nel quale si dice”. Così, come ha ricordato Emanuele Pirella, ricorreva “ad un discorso comunicativo che teneva conto della collaborazione del lettore, dello spettatore, che entrava in ingaggio con lui, che chiedeva il suo contributo” (1).

Oggi sempre di più, in considerazione della mole di messaggi dai quali siamo sommersi, per ottenere maggiore visibilità è avvertita l’esigenza di enunciare un concetto o di trasmettere una semplice informazione in maniera originale. A tal fine è possibile utilizzare il format pubblicitario istantaneo, che consiste in un richiamo all’attualità. Alla politica si è ispirata, per lanciare la commercializzazione di diversi tipi della sua bevanda, la marca di birra Cères, con un annuncio pubblicato (il 2 aprile 2019), in un giornale (Corriere della Sera) e sui social.

L’headline, tendente a suscitare con il suo tono umoristico un notevole impatto sull’attenzione del pubblico e a stabilire un rapporto di complicità, è la seguente: “Fateci capire, tre premier sì e tre Cères no?” (2). Il riferimento è evidentemente a un’anomalia della situazione del nostro Paese con un presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, affiancato da due vice, Luigi Di Maio e Matteo Salvini (leader rispettivamente del Movimento 5 Stelle e della Lega), che si comportano come se fossero loro a capo del governo.

La frase interrogativa del titolo presenta la peculiarità della domanda retorica, in quanto non nasce dalla necessità di sapere qualcosa, ma richiede una risposta già implicita. Tuttavia il motivo centrale, ossia, come lo definisce Olivier Reboul, “un procedimento retorico […] che funge da principio organizzatore del testo” (3), è il ragionamento a fortiori [“a più forte (ragione)”]. Con quest’espressione latina si indica l’“argomentazione che convalida una proposizione in base al fatto che abbia ragioni ancor più numerose e valide di altra già tenuta per valida” (lo Zingarelli 2017). Nel caso specifico si suggerisce una simile riflessione: se è naturale la contemporanea presenza di tre primi ministri in uno Stato, tanto più si deve accettare l’offerta di nuovi prodotti da parte di un’azienda.

Già all’inizio della frase (“fateci capire…”) s’intuisce un senso di profondo stupore (ovviamente finto) davanti a chi giudica normale ciò che è strano (tre premier) e strano ciò che è normale (tre birre). L’effetto straniante, derivante specialmente dal legame stabilito fra realtà molto differenti (premier e birre), favorisce l’insorgere di un moto di simpatia (il cosiddetto goodwill, come lo chiamano i professionisti della comunicazione), che il ricevente trasferisce dal messaggio all’emittente, identificato nel brand.

Quella che segue è l’headline di un’inserzione, realizzata per l’extravergine di oliva San Giuliano di Alghero in occasione di un’importante festività religiosa: “Se in cucina fa miracoli tutto l’anno, figuriamoci a Pasqua”.

Esempi del meccanismo argomentativo, che è oggetto del nostro articolo, si trovano pure nell’attività politica. Nella sua autobiografia Bill Clinton ha ricordato: “Mentre i repubblicani intensificavano i loro attacchi contro di me [per la vicenda Monica Lewinsky], i miei sostenitori cominciavano a rialzare la testa”. Perciò “Bernice King, figlia di Martin Luther […] disse che anche i grandi leader a volte si macchiano di gravi peccati e raccontò la storia di re David, che aveva fatto qualcosa di molto peggio rispetto a me: aveva organizzato la morte in battaglia del marito di Betsabea, soldato a lui devoto, per poterla sposare e poi aveva dovuto far ammenda per il suo peccato ed era stato punito. Non si capiva dove volesse andare a parare fino a quando non concluse il suo discorso così: ‘Sì, David commise un peccato terribile e Dio lo punì. Ma David rimase re’” (4).

Barack Obama, parlando a Berlino a un gruppo di 300 giovani europei, nell’imminenza delle elezioni per il Parlamento Europeo del maggio 2019, ha osservato: “Quando sentiamo che i giovani non vanno a votare, diciamo loro: non consentite ai vostri nonni di dirvi come vestire o che tipo di musica ascoltare, allora perché lasciate che decidano per voi in quale mondo vivrete?” (5).

In Italia, qualche occorrenza si ricava dalla campagna elettorale del 1996

con Walter Veltroni: “So che mi si rimprovera di non avere attitudine allo scontro politico interno, ma ho dedicato la mia vita a cercare di unire i democratici: figurarsi se ho intenzione di dividere il mio partito in un momento così” (La Repubblica, 15 febbraio 1996, p. 5)

e con Silvio Berlusconi: “Non credo che il presidente del Consiglio in carica possa entrare in una squadra: né nostra né di altri o sua. Questo governo di tecnici deve essere sopra le parti. Se è vietato candidarsi ad un sindaco di una grande città figurarsi che scandalo sarebbe la scesa in campo del presidente del Consiglio con una sua squadra” (Corriere della Sera, 23 febbraio 1996, p. 2).

Gli ultimi due estratti e la citata pubblicità dell’olio dimostrano che il verbo “figurarsi”, al pari di espressioni come “a maggior ragione” e “tanto più”, svolge la funzione di spia linguistica della presenza dell’argomento a fortiori.

Recentemente l’ha utilizzato implicitamente, ma è possibile intuirne l’uso, Giuseppe Sala. In tal modo il capo dell’amministrazione comunale di Milano ha replicato a un suo avversario con l’obiettivo di ridicolizzarlo: “Io non lo voglio nemmeno come zio”, sottintendendo: e quindi ancor meno come genitore. È la risposta a Matteo Salvini, che aveva affermato: “I miei figli sono 60 milioni di italiani” (6).

Note

(1) Emanuele Pirella, Il copywriter. Mestiere d’arte, Il Saggiatore, 2001, pp. 80 e 82.

(2) Agenzia: Bcube; Direzione Creativa: Andrea Stanich, Arturo Dodaro; Copywriter: Mauro Merola; Art director: Marianna D’Onofrio.

Si può impiegare lo stesso schema perfino per le scritte sui muri. La conferma viene da una, apparsa a Roma, che contiene una similitudine particolarmente briosa: “Il mio cuore brucia per te come un autobus dell’Atac”.

(3) Olivier Reboul, Introduzione alla retorica, Il Mulino, 1996, p. 197.

(4) Bill Clinton, My Life, Mondadori, 2004, pp. 874 e 875-876.

(5) Riportato in www.avvenire.it, 6 aprile 2019. 

(6) Riportato in Corriere della Sera, 7 giugno 2019, p. 9.