Le figure retoriche aiutano Mario Draghi a essere più empatico

Il premier Mario Draghi è un oratore freddo? Non quando mette in campo le figure retoriche della presenza

Nei programmi d’investimenti, elaborati per affrontare l’emergenza provocata dal Covid-19 ed esposti da Mario Draghi alla Camera dei Deputati il 26 aprile, prevale inevitabilmente l’aspetto tecnico-amministrativo. Il parlante, però, pienamente cosciente di ciò, ha avvertito subito l’esigenza di suggerire un’analisi alternativa:

“Sbaglieremmo tutti a pensare che il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, pur nella sua storica importanza, sia solo un insieme di progetti tanto necessari quanto ambiziosi, di numeri, obiettivi, scadenze. Vi proporrei di leggerlo anche in un altro modo. Metteteci dentro le vite degli italiani, le nostre ma soprattutto quelle dei giovani, delle donne, dei cittadini che verranno. Le attese di chi più ha sofferto gli effetti devastanti della pandemia. Le aspirazioni delle famiglie preoccupate per l’educazione e il futuro dei propri figli. Le giuste rivendicazioni di chi un lavoro non ce l’ha o lo ha perso. Le preoccupazioni di chi ha dovuto chiudere la propria attività per permettere a noi tutti di frenare il contagio. L’ansia dei territori svantaggiati di affrancarsi da disagi e povertà. La consapevolezza di ogni comunità che l’ambiente va tutelato e rispettato”.

Emerge l’empatia, la “capacità di porsi nella situazione di un’altra persona o, più esattamente, di comprendere immediatamente i processi psichici dell’altro” (Enciclopedia on line Treccani). Mario Draghi – lo abbiamo rilevato in un precedente articolo – aveva già dimostrato un simile coinvolgimento emotivo al Senato, il 17 febbraio (1).

Si registra una coincidenza tra i due mezzi persuasivi di ordine affettivo: l’ethos e il pathos. L’ethos è “il carattere che deve assumere l’oratore per accattivarsi l’attenzione e guadagnarsi la fiducia dell’uditorio”: nella fattispecie è contraddistinto dalla partecipazione alla condizione delle persone in difficoltà. La correlata solidarietà nei loro confronti concerne il pathos, l’“insieme di emozioni, passioni e sentimenti che l’oratore deve suscitare nel suo uditorio grazie al suo discorso” (2).

Nell’estratto riportato il premier impiega l’accumulazione, il procedimento stilistico consistente in una serie di parole o gruppi di parole o frasi allo scopo di rendere più efficace la descrizione, la narrazione, l’argomentazione, giacché si favorisce la percezione dei singoli fattori elencati (persone, oggetti, azioni, avvenimenti, situazioni). È da classificare dunque tra le figure della presenza, che – ce lo ricordano Chaïm Perelman e Lucie Olbrechts-Tyteca – “hanno per effetto di rendere attuale alla coscienza l’oggetto del discorso” (3). Si susseguono ben sette segmenti testuali, riguardanti “vite”, “attese”, “aspirazioni”, “rivendicazioni”, “preoccupazioni”, “ansia”, “consapevolezza”.

Più avanti, sempre nell’esordio, il Presidente del Consiglio ha affermato:

“Ma, nell’insieme dei programmi che oggi presento alla vostra attenzione, c’è anche e soprattutto il destino del Paese. La misura di quello che sarà il suo ruolo nella comunità internazionale. La sua credibilità e reputazione come fondatore dell’Unione europea e protagonista del mondo occidentale”.

In tale enumerazione trimembre si produce un ritmo ternario. Per Giorgio Fedel, “dal punto di vista ritmico, le accumulazioni con più di tre membri possono risultare poco incisive per eccesso, le strutture binarie lo possono essere per difetto. Quelle ternarie invece sembrano le più ‘armoniche’”. L’autore ha poi ripreso una constatazione di Adam Smith (Lezioni di retorica e belle lettere, 1993, p. 420): “Tre… è il numero più appropriato… questo numero viene molto più facilmente compreso e appare molto più completo di due o quattro. Nel numero tre, infatti, c’è un centro e vi sono due estremi, mentre nei numeri due e quattro non c’è alcun centro sul quale l’attenzione si possa fissare di modo che ciascuna parte sembri legata ad esso” (4).

Inoltre mutuiamo un giudizio di Roman Jakobson, ma attribuendo a esso un significato più complessivo, riferendoci a enunciati: “In una successione di due nomi coordinati, e quando non interferisca un problema di gerarchia, il parlante sente inconsciamente, nella precedenza data al nome più corto, la miglior configurazione possibile del messaggio” (5). Nello specifico il primo elemento (“il destino del Paese”) è meno esteso del secondo (“la misura …”), che, a sua volta, lo è rispetto al terzo (“la sua credibilità …”).

Nella conclusione dell’introduzione si utilizza il luogo dell’irreparabile:

“Nel realizzare i progetti, ritardi, inefficienze, miopi visioni di parte anteposte al bene comune peseranno direttamente sulle nostre vite. Soprattutto su quelle dei cittadini più deboli e sui nostri figli e nipoti. E forse non vi sarà più il tempo per porvi rimedio”. 

Per Chaïm Perelman e Lucie Olbrechts-Tyteca, “la forza argomentativa legata alla sua evocazione può avere un valore folgorante”, perché “determina timore nell’uomo” (6).

Decisamente, s’indica un rischio, a seguito di una peculiare congiuntura (“ritardi, inefficienze, miopi visioni di parte”), che potrebbe essere insanabile (“forse non vi sarà più il tempo per porvi rimedio”).

Ed ecco l’epilogo dell’intervento del premier:

“Sono certo che riusciremo ad attuare questo Piano. Sono certo che l’onestà, l’intelligenza, il gusto del futuro prevarranno sulla corruzione, la stupidità e gli interessi costituiti. Questa certezza non è sconsiderato ottimismo, ma fiducia negli Italiani, nel mio popolo, nella nostra capacità di lavorare insieme quando l’emergenza ci chiama alla solidarietà, alla responsabilità”.

S’individua un’occorrenza dell’anafora (ripetizione di uno o più vocaboli all’inizio di due o più frasi successive: “Sono certo che”) e tre di accumulazione composta da tre membri (in particolare per l’ultima vale l’osservazione già citata di Jakobson): “l’onestà, l’intelligenza, il gusto del futuro”, “la corruzione, la stupidità e gli interessi costituiti”, “negli Italiani, nel mio popolo, nella nostra capacità di lavorare insieme quando l’emergenza ci chiama alla solidarietà, alla responsabilità”.

Inoltre l’oratore ha impiegato ancora una volta (esempi analoghi si trovano nel suo primo discorso parlamentare) a un tipo di ragionamento imperniato sulla formula “non…, ma…”: “Non è sconsiderato ottimismo, ma fiducia”.

La funzione di un simile procedimento è efficacemente spiegata nella Retorica ad Erennio: “‘Non sarebbe quindi preferibile, dirà qualcuno, fermarsi sulle parole migliori e meglio scelte già dall’inizio, specialmente quando si scrive?’. Vi sono dei casi, in cui non è preferibile, se il cambiamento della parola servirà a mostrare che la cosa è di tal fatta, che, espressa con una parola comune, sembra detta troppo fiaccamente e, ricorrendo a una parola più scelta, il fatto prende rilievo. Se si fosse giunti direttamente a quella parola, non ci saremmo accorti del rilievo della parola, né della cosa” (7).

Nell’ottica del pathos, probabilmente Mario Draghi ha voluto sollecitare l’orgoglio dei suoi connazionali, soffermandosi sulla “nostra capacità di lavorare insieme quando l’emergenza ci chiama alla solidarietà, alla responsabilità”.

I giudizi che hanno maggiore rilevanza per la collettività ed esulano dalla semplice esposizione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, sono collocati all’inizio e alla fine delle comunicazioni relative a esso, ossia in una posizione strategica, allo scopo di attirare l’attenzione non solo dei deputati, ma anche dei giornalisti e di riflesso di coloro i quali seguono le trasmissioni radio-televisive e leggono i giornali.

Nella struttura del testo si rispetta dunque un ordine omerico o nestorico, “chiamato così – lo ricordano gli autori del Trattato dell’argomentazione – perché Nestore [re di Pilo, che partecipò alla spedizione a Troia, come si racconta nel quarto libro dell’Iliade] aveva posto al centro delle sue truppe quelle meno sicure: secondo tale ordine bisogna incominciare e finire con gli argomenti più forti” (8).

Note

(1) “Strumenti retorici nel primo discorso parlamentare di Mario Draghi”, pubblicato il 26 marzo 2021. Si veda in aggiunta “Empatia: prove tecniche di Theresa May e buone pratiche dei presidenti americani”, pubblicato il 4 novembre 2016.

(2) Olivier Reboul, Introduzione alla retorica, Il Mulino, 1996, p. 21 e p. 70.

(3) Chaïm Perelman e Lucie Olbrechts-Tyteca, Trattato dell’argomentazione. La nuova retorica, Einaudi, 2013, p. 189. Cfr. la voce relativa a questa forma espressiva, con numerosi esempi, nella sezione del nostro sito dedicata alle Reto Parole.

(4) Giorgio Fedel, Saggi sul linguaggio e l’oratoria politica, Giuffrè, 1999, pp. 129-139.

(5) Roman Jakobson, Saggi di linguistica generale, Feltrinelli, 1966, p. 190.

(6) Chaïm Perelman e Lucie Olbrechts-Tyteca, op. cit., pp. 99-100.

(7) Cornificio, Retorica ad Erennio, IV, 26, 36.

(8) Chaïm Perelman, Lucie Olbrechts-Tyteca, op. cit., p. 537.