di Giorgio Matza
In un precedente articolo abbiamo parlato del chiasmo (1). Il parallelismo appartiene alla stessa categoria delle figure retoriche di carattere sintattico, ma si oppone alla collocazione a croce di parole collegate fra loro, in quanto consiste nella loro disposizione simmetrica. Una forma particolare è l’isocòlo (o parisòsi), che si fonda sulla perfetta simmetria fra due o più membri di un costrutto o di una proposizione o di un periodo per numero di termini e per struttura grammaticale. Ne deriva il ritmo, ossia una cadenza uniforme, dovuta alla ricorrenza regolare di elementi omogenei, che era considerato dagli antichi come la musica del discorso, in quanto lo rende armonioso. Inoltre attira l’attenzione su di esso e ne facilita il ricordo e perciò caratterizza i proverbi, le frasi fatte e gli slogan commerciali.
Relativamente a questi ultimi, gli esempi sono numerosi. Qualcuno è molto semplice:
<Buono il risveglio, buona la giornata> (Nescafé caffè per latte)
<Buone come il pane, leggere come il riso> (Risette Scotti).
In qualche caso, si valorizza il nome della marca o del prodotto, perché è in corrispondenza con un altro di significato positivo:
<Ho pensato a tutto, ho pensato a Ignis>
<Piace perché è buona, piace perché è Martini>.
Alcune occorrenze conglobano varie forme espressive particolari, come il climax, costituito dalla successione di parole o gruppi di parole in forma di progressione a scala, cioè secondo una gradazione ascendente, per suggerire un effetto progressivamente più intenso, di amplificazione, passando dal termine più debole al più forte (quello che segue dice sempre un po’ di più di quello che lo precede):
<Bevi bene, vivi meglio> per Acqua Lete (nella fattispecie, oltretutto, si richiama, per contrasto, il modo di dire <di male in peggio>).
Ancor più frequente è l’antitesi, risultante dall’accostamento di due vocaboli o frasi di senso opposto:
<Più lo mandi giù, più ti tira su> (Caffè Lavazza)
<Calda estate, fresca Simmenthal>
<L’unto va, l’igiene resta> (Nuovo Svelto Maxigiene Gel)
<Vi dà tanto, vi chiede poco> (Panda).
Tale procedimento stilistico, unitamente a quello al quale è dedicato il nostro articolo, si trova in annunci pubblicitari, realizzati per la campagna elettorale di “Forza Italia” nel 1994, l’anno della “discesa in campo” di Silvio Berlusconi:
<Per scegliere fra sviluppo e recessione, fra benessere e miseria, fra libertà e asservimento, fra verità e menzogna>
<Scende in campo l’Italia che lavora contro quella che chiacchiera, l’Italia che produce contro quella che spreca, l’Italia che risparmia contro quella che ruba>
Così, in una situazione molto polarizzata, emerge una definizione positiva del proprio schieramento e negativa di quello avversario, richiamati da vocaboli quali “sviluppo”, “benessere”, “libertà”, “verità”, “lavoro”, “produzione”, “risparmio” da una parte e dall’altra “recessione”, “miseria”, “asservimento”, “menzogna”, “chiacchiera”, “spreco”, “ruberia”. Nel secondo annuncio abbiamo pure una personificazione, ossia la figura retorica che consiste nel fare di un essere inanimato o astratto una persona reale, dotata di vita, in quanto si rappresenta una guerra tra un’Italia buona e un’Italia cattiva, nella quale si rischia la sconfitta della prima a opera della seconda.
Evidentemente si vuole suscitare indignazione e perciò gli stilemi sono funzionali al pathos, lo strumento retorico di ordine affettivo con il quale l’emittente del messaggio tende a provocare sentimenti nel ricevente. L’opposizione costituisce un meccanismo persuasivo tanto semplice quanto efficace, che si utilizza nella comunicazione politica come “scorciatoia informativa”: basti pensare ai contrasti vecchio-nuovo, parole-fatti, passato-futuro, interessi particolari-interesse generale, divisione-unità, direzione sbagliata-direzione giusta (2). A chi considera tutto ciò come una maniera troppo superficiale di ragionare, il pubblicitario francese Jacques Séguéla risponde che <un candidato deve raggiungere il maggior numero possibile di elettori>. In altri termini <non deve lasciare nessuno per strada, dal premio Nobel all’analfabeta> (3).
In occasione delle elezioni politiche successive, in un’intervista Silvio Berlusconi ricordò: <Mi sono messo nell’edilizia e ho avuto successo; mi sono messo nelle televisioni e ho avuto successo> (4).
Questa affermazione trae la sua forza non solo dalla presenza dell’isocòlo, ma anche della simploche, ossia la combinazione di anafora (ripetizione di una o più parole all’inizio di due o più frasi successive) ed epifora (ripetizione di una o più parole alla fine di due o più frasi successive) e dall’argomento del precedente. Riguardo a esso, Chaïm Perelman e Lucie Olbrechts-Tyteca hanno rilevato l’esigenza per l’oratore di beneficiare dell’ <accordo dell’uditorio>, giacché, come ha scritto Olivier Reboul, <è impossibile che l’uno si rivolga all’altro se tra loro non c’è […] un minimo di intesa>. Perciò, per gli autori del Trattato dell’argomentazione, è necessario prestare attenzione a <quanto si ritiene ammesso da parte degli ascoltatori>. Per esempio, <si può presumere, fino a prova contraria, che l’atteggiamento precedentemente adottato – opinione espressa, condotta prescelta – continuerà in avvenire, sia per il desiderio di coerenza, sia per forza di abitudine>. Più avanti gli autori si soffermano <sulla funzione dell’inerzia> e <sull’importanza che per queste ragioni viene data al precedente> (5).
Nella fattispecie la buona riuscita in determinati settori economici garantirebbe un esito favorevole nel governo del Paese. Ne deriva il ricorso del leader del centro-destra a un altro strumento retorico di ordine affettivo, l’ethos, ovvero <il carattere che deve assumere l’oratore per accattivarsi l’attenzione e guadagnarsi la fiducia dell’uditorio>. Infatti <quali che siano i suoi argomenti logici, essi non hanno alcun potere senza questa fiducia>. Esiste quindi un rapporto di complementarità fra i mezzi persuasivi che toccano la sensibilità, l’emotività e quello razionale, il logos, contraddistinto dalla <attitudine a convincere grazie alla sua apparenza di logicità e al fascino del suo stile>. Perciò <concerne l’argomentazione propriamente detta del discorso> ed è costituito da ogni argomento, nel senso di <proposizione destinata a farne ammettere un’altra> (6).
NOTE
(1) <Il terremoto, Pietro Grasso e il chiasmo>, pubblicato l’11 gennaio 2017.
(2) A proposito di una di queste antitesi, si veda <Il tópos dell’opposizione tra parole e fatti nel discorso politico>, pubblicato nel nostro sito il 16 marzo 2017.
(3) JACQUES SÉGUÉLA, Eltsin lava più bianco. Un mago della pubblicità al servizio degli uomini politici, Sonzogno, 1992, pp. 66, 200-201.
(4) Gente, 18 aprile 1996, p. 7.
(5) CHAΪM PERELMAN, LUCIE OLBRECHTS-TYTECA, Trattato dell’argomentazione. La nuova retorica, Einaudi, 2013, pp. 114-115 e 395 e OLIVIER REBOUL, Introduzione alla retorica, Il Mulino, 1996, p. 182.
(6) OLIVIER REBOUL, op. cit., pp. 21, 36, 69, 70, 110.
BIBLIOGRAFIA
ANGELO MARCHESE, Dizionario di retorica e di stilistica, Mondadori, 1978
BICE MORTARA GARAVELLI, Manuale di retorica, Bompiani, 1991
OLIVIER REBOUL, Introduzione alla retorica, Il Mulino, 1996
GIANFRANCA LAVEZZI, Breve dizionario di retorica e stilistica, Carocci, 2004