Lo ius soli e il dire infelice

Ci sono enunciati felici e infelici. L’aggettivo non dipende dall’umore di chi pronuncia gli enunciati in questione ma dalle condizioni di appropriatezza. Se qualcuno dice “la moglie di Filippo è antipatica”, presupponiamo che Filippo abbia una moglie. Solo in questo caso l’enunciato è felice. Poi, possiamo discutere sul fatto che la moglie di Filippo sia simpatica o antipatica. Ma, almeno, Filippo una moglie la deve avere.

La Lega Nord propone l’introduzione di un test “che non deve essere fatto all’acqua di rose” per verificare la conoscenza della lingua e della cultura italiana degli stranieri che chiedono la cittadinanza. Anche di quelli che sono nati e hanno studiato in Italia.

L’enunciato potrebbe essere considerato felice (non giusto, ma almeno appropriato) se i leghisti, cultori ed esaminatori dell’italianità, avessero un certo grado di consapevolezza sulla materia di esame.

Marco Billeci ha realizzato per repubblica.it un mini test dal quale i personaggi in questione non sono usciti bene.

Gli esamini da strada a telecamere spianate non mi hanno mai appassionato. Presi così all’improvviso rischiamo tutti di apparire ignoranti come capre. Ma. C’è un “ma” grosso come una casa. Se i sacerdoti dell’italianità non sanno come si scrive “qual è” e se, fino a tempi non lontani, si dichiaravano lombardi (non italiani) i loro enunciati possono essere considerati felici?  A me sembrano un po’ tristi.  Guarda il video 

Flavia Trupia