Nella sua brevità (meno di tre minuti) il discorso di Sergio Mattarella per gli auguri di Pasqua (1) deve la sua efficacia a diversi elementi della retorica
Parliamo innanzi tutto del mezzo persuasivo di ordine affettivo dell’ethos, cioè, come ci ricorda Olivier Reboul, “il carattere che deve assumere l’oratore per accattivarsi l’attenzione e guadagnarsi la fiducia dell’uditorio”. In effetti “quali che siano i suoi argomenti logici, essi non hanno alcun potere senza questa fiducia” (2).
In proposito il seguente estratto acquista un peculiare valore: “In molte lettere che ho ricevuto vengono narrate le storie di forzata solitudine che tanti stanno vivendo anche in questi giorni abitualmente di festa condivisa. Comprendo bene il senso di privazione che questo produce. So che molti italiani trascorreranno il giorno di Pasqua in solitudine. Sarà così anche per me”.
La frase “in molte lettere che ho ricevuto” svolge la funzione di stilema, giacché è un fattore dello stile di comunicazione “attento”. Infatti il capo dello Stato si presenta al pubblico come destinatario di un messaggio, in opposizione alla situazione più consueta di emittente e dunque sembra che voglia ridurre l’asimmetria del rapporto e mettere in rilievo una propensione all’ascolto (3).
Per di più, attraverso le voci verbali “comprendo” e “so”, emerge l’empatia, ossia la “capacità di immedesimarsi nelle condizioni di un altro e condividerne pensieri ed emozioni” (lo Zingarelli 2017): specialmente riguardo alla “Pasqua in solitudine”, che per giunta vivrà perfino lui. Ne deriva sicuramente l’assoluta fondatezza del sentimento di unione, la quale si delinea implicitamente in un passo precedente: “Penseremo ai numerosi nostri concittadini morti per l’epidemia, tante storie spezzate, affetti strappati, spesso all’improvviso. Per i loro familiari e per le comunità di cui eran parte, il vuoto che essi hanno lasciato renderà questa giornata particolarmente triste”. Com’è noto, pure al nostro presidente della Repubblica è stato strappato un affetto all’improvviso, con l’uccisione nel 1980, a opera della mafia, del fratello Piersanti, che era presidente della Regione Siciliana. Chi potrebbe escludere che sia riaffiorata nella sua mente la tragedia della sua famiglia, quando pronunciava certe parole? Chi potrebbe dubitare della sua identificazione empatica con quanti soffrono?
Lo strumento retorico razionale è il logos, caratterizzato – citiamo nuovamente Reboul – dalla “attitudine a convincere grazie alla sua apparenza di logicità” e che quindi “concerne l’argomentazione propriamente detta” (4).
In tale ottica rivelano un notevole interesse alcune affermazioni di Mattarella e qualche espressione da lui usata rimanda a degli argomenti. Più precisamente, quelli di superamento, secondo Chaïm Perelman e Lucie Olbrechts-Tyteca, “insistono sulla possibilità di andare sempre più lontano in un senso determinato, senza che si intraveda un limite in questa direzione e ciò con un continuo aumento di valore”. Inoltre “uno degli argomenti di paragone più frequentemente utilizzati è quello fondato sul sacrificio che si è disposti a compiere per ottenere un determinato risultato”. Infine “l’argomento dello spreco consiste nel dire che, dal momento che si è incominciato un’opera e accettato sacrifici che andrebbero persi in caso di rinuncia all’impresa, bisogna continuare nella stessa direzione” (5). Il tutto si coglie nel seguente estratto dal discorso del capo dello Stato: “In questi giorni intravediamo tuttavia anche la concreta possibilità di superare questa emergenza. I sacrifici che stiamo facendo da oltre un mese stanno producendo i risultati sperati e non possiamo fermarci proprio adesso”. E ancora, relativamente all’ultima tecnica argomentativa: “È indispensabile mantenere con rigore il rispetto delle misure di comportamento. Stiamo per vincere la lotta contro il virus o quantomeno quella per ridurne al massimo la pericolosità”.
A un certo punto il capo dello Stato ha esortato gli ascoltatori: “Evitiamo il contagio del virus e accettiamo piuttosto il contagio della solidarietà tra di noi”. A rendere peculiarmente incisiva la formulazione del consiglio è la ripetizione del termine “contagio”, impiegato però con un diverso significato, ovvero in senso prima letterale e poi figurato: è la caratteristica della diàfora. Così come a ogni figura retorica, si ricorre a essa per potenziare il messaggio e dunque per rendere più efficace la comunicazione.
Note
(1) Riportato in corriere.it, 11 aprile 2020 (Alessandro Sala, “Gli auguri di Pasqua di Mattarella: ‘Stiamo per vincere la lotta al coronavirus, non possiamo fermarci’”).
(2) Olivier Reboul, Introduzione alla retorica, Il Mulino, 1996, pp. 21 e 69.
(3) Nel loro Sapersi esprimere. La competenza comunicativa (Giuffrè, 1991), alle pp. 130-131, Luisella De Cataldo Neuburger e Guglielmo Gulotta riportano una tassonomia degli stili di comunicazione, dovuta a R. Norton (Communicator style: theory, applications and measures, 1983), che ne comprende uno definito “attento”.
(4) Olivier Reboul, op. cit., pp. 36 e 70.
(5) Chaïm Perelman e Lucie Olbrechts-Tyteca, Trattato dell’argomentazione. La nuova retorica, Einaudi, 2013, pp. 312, 269, 302.