L’oratoria di Renzi non è definibile come “quella del bicchiere mezzo pieno”, ma come “quella del bicchiere strapieno”. Dopo averlo ascoltato, ci si chiede perché passiamo le giornate a lamentarci del nostro Paese e delle sue opportunità perdute. Ostentare ottimismo è una grandissima dote in politica e, più in generale, nella leadership. Renzi lo sa bene.
Nel suo discorso di chiusura alla Leopolda 2015 ha dato ulteriore prova di questa abilità.
Per l’occasione, il premier ha rispolverato il sillogismo retorico della rottamazione: la politica è fatta da vecchi; i vecchi in politica sono un male; i vecchi vanno rottamati. Non ha pronunciato esplicitamente l’espressione che lo ha portato al successo politico, ma il concetto era chiaro e forte:
“Abbiamo rovesciato il sistema politico più gerontocratico d’Europa, partendo da qui e abbiamo dato stabilità al Paese che aveva la minore stabilità del nostro continente. Abbiamo orgogliosamente portato il Pd a essere il partito politico più votato in Europa e non ci avrebbe scommesso nessuno. Neanche io”.
Lo stile del bicchiere strapieno impone un’enfasi assoluta, scevra dall’annacquamento delle mezze misure. Il “processo di cambiamento” non è semplicemente “buono”, neanche “ottimo”. Ma è “il più straordinario”:
“Adesso la sfida è quella di dare gambe al processo di cambiamento più straordinario dell’Italia degli ultimi anni.”
Interessante anche l’ossimoro implicito della politica della non politica, inserito nella polemica non velata nei confronti dei dissidenti del Pd. La Leopolda è una spazio della politica “senza paura”, una politica che è un po’ meno politica perché le bandiere non sono sventolate ma tatuate nel cuore:
“[Diamo gambe al cambiamento]. E lo facciamo anche senza mettere bandiere del Pd qui, perché la bandiera ce l’abbiamo tatuata nel cuore. Mentre quelli che ci chiedevano di mettere bandiere, se ne sono andati dal Pd”. “Concepiamo questo spazio come uno spazio di libertà, per chi pensa di potersi avvicinare alla politica senza paura, senza tessere.”
Sul tema della lotta all’Isis, Renzi parla chiaro: niente bombardamenti. La questione della sicurezza prende, poi, un ritmo da canzone: quattro anafore che iniziano con “per ogni”, alle quali seguono un “ci deve essere” e tre “ci vuole”. Everybody sing a song:
“Non è dicendo che bombardo di qua o di là che si risolvono problemi. Quelle persone che hanno ucciso anche Valeria Soresin sono nate, cresciute, educate in Europa. La questione delle periferie e la questione culturale sono i punti centrali. Non pensate che si possa semplicemente blindarsi. Per ogni persona che vuole blindarsi in casa ci deve essere una piazza che ospita un evento culturale. Per ogni videocamera ci vuole un videomaker che venga incoraggiato. Per ogni centesimo investito in sicurezza ci vuole un centesimo in cultura. Per ogni euro per polizia ci vuole un euro in educazione.”
Lo stile epico viene riservato al padre e alla sua vicenda giudiziaria: “noi abbiamo due alleati, la verità e il tempo”.
“Mio padre ha ricevuto un avviso di garanzia 15 mesi fa, si è sentito crollare il mondo addosso. Noi in famiglia gli abbiamo detto ‘nessuno dubita di te nonno, babbo’. Ci sono state grandi provocazioni. In 15 mesi due volte la procura ha chiesto di archiviare. Passerà il secondo Natale da indagato. Ma io sono fiero dei magistrati italiani e onorato che studino con grande attenzione tutto. E non dirò mai mezza parola perché rispetto la separazione dei poteri esecutivo, legislativo, giudiziario. E ho grande rispetto dei magistrati. Non cadremo in provocazioni, noi abbiamo due alleati, la verità e il tempo”.
Uno stile colloquiale viene invece riservato alla questione delle banche e alle loro vittime:
“Mi fa schifo chi strumentalizza i morti”
Andiamo all’explicit, la conclusione. Come chiudere in modo positivo quando si è cominciato in modo enfatico. Semplice, andandosi a “prendere il futuro”.
Chi ama il bicchiere stracolmo il futuro non lo affronta, se lo prende.
video
Flavia Trupia

Matteo Renzi alla Leopolda: l’oratoria del bicchiere strapieno