Lo stile presidenziale nella comunicazione di Matteo Renzi
È stato presidente della provincia e sindaco di Firenze e, principalmente, segretario del Partito democratico e presidente del Consiglio dei ministri. Ha commesso errori di strategia politica. Ora Matteo Renzi è semplicemente senatore e leader di Italia Viva. Nondimeno continua a offrire di sé un’immagine di statista. Del resto lui stesso qualche tempo fa aveva teorizzato che “quando hai giurato sulla Costituzione, quando ti sei inchinato alla bandiera, quando hai cantato l’inno nazionale davanti a capi di stato stranieri, rimani uomo delle Istituzioni, anche se ti sei dimesso da tutto” (1).
In questa affermazione si contano vari procedimenti retorici, che ne incrementano l’efficacia. Colpisce subito l’anafora (l’iterazione della parola “quando” all’inizio di frasi successive), associata a un’accumulazione trimembre, con l’ultima parte (“quando hai cantato l’inno nazionale davanti a capi di stato stranieri”) più estesa rispetto alle prime due (“quando hai giurato sulla Costituzione” e “quando ti sei inchinato alla bandiera”). Una simile struttura è, secondo Roman Jakobson, “la miglior configurazione possibile del messaggio” (2). Inoltre, per mezzo di una costruzione rovesciata, si posticipa l’elemento centrale (“rimani uomo delle Istituzioni, anche se ti sei dimesso da tutto”) e così si crea sospensione, si accentua l’attesa di chi ascolta o legge, si spinge in avanti la sua attenzione.
Osserviamo ancora l’indugio, che rientra fra le tecniche dell’insistenza, in quanto si rafforza un concetto (l’essere stato premier), ripetendola in forme linguistiche diverse. Nel caso specifico avviene però attraverso la metalepsi, consistente nel sostituire l’espressione diretta con un’espressione indiretta, cioè, come precisò Pierre Fontanier, “nel fare intendere una cosa per mezzo di un’altra, che la precede, la segue, l’accompagna, ne è un’aggiunta, una circostanza qualsiasi ecc.” (3) e comunque la richiama subito alla mente.
Il puntuale ragguaglio su atti concreti (“hai giurato…”, “ti sei inchinato…”, “hai cantato…”) produce una rappresentazione icastica della realtà: ci sembra di assistervi. È la funzione delle figure della presenza, che, per Chaïm Perelman e Lucie Olbrechts-Tyteca, “hanno per effetto di rendere attuale alla coscienza l’oggetto del discorso” (4). Ovviamente non si otterrebbe con uno stile più neutro.
Abbiamo infine l’enallage della persona, giacché si sostituisce la prima persona singolare con la seconda (il parlante avrebbe dovuto dire: “una volta che ho giurato…, mi sono inchinato…, ho cantato…, rimango…”). Gli autori del Trattato dell’argomentazione la classificano tra le figure della comunione, “con le quali l’oratore si sforza di far partecipare attivamente l’uditorio alla sua esposizione, prendendolo a parte di essa, sollecitando il suo concorso” (5).
Renzi persiste dunque nella realizzazione di un’identità contraddistinta dalle qualità necessarie per guidare la Nazione. A tal fine incentra la sua oratoria sull’ethos, ossia lo strumento retorico di ordine affettivo che concerne il carattere dell’individuo. In un’intervista rilasciata a Maria Teresa Meli (6), si delineano tratti del suo temperamento come l’autorevolezza, derivante dal riconoscimento dell’esigenza di deliberare indipendentemente dal giudizio della maggior parte dei cittadini.
Riferendosi al problema costituito dalla diffusione del Covid-19, ha rilevato: “I politici soffrono di una strana malattia, il sondaggismo. Si pensa che il consenso immediato su una singola proposta qualifichi l’idea come giusta perché vidimata dal sondaggista. Questo stile sdogana il populismo e uccide la politica. Qualche giorno dopo aver bloccato i voli diretti dalla Cina, scelta che ha creato problemi nella gestione del rientro dei potenziali contagiati, autorevoli amici del governo mi mostravano sondaggi che dicevano: l’84% degli italiani approva questa misura. I sondaggi davano ragione a questa scelta, ma il punto è che è sbagliato dare ragione solo ai sondaggi. Chi ha ruoli di leadership deve fare scelte assumendosi responsabilità, non rincorrendo l’opinione pubblica. Altrimenti viviamo tutti condizionati dal populismo e dalla dittatura dell’istante”.
Il grande comunicatore Bill Clinton esternò la stessa convinzione nella sua autobiografia: “I sondaggi possono essere utili quando dicono a un presidente cosa pensa il suo popolo e quali sono le argomentazioni più persuasive in un momento particolare, ma non possono imporre una decisione che richiede la massima ponderazione. Il popolo americano ingaggia un presidente perché, sul lungo termine, faccia quanto è giusto per il paese” (7).
È convincente una considerazione di Arthur Schopenhauer a proposito dell’universalità di un’opinione: “A esser capaci di pensare sono pochissimi, ma opinioni vogliono averne tutti: che cos’altro rimane se non accoglierle belle e fatte da altri, anziché formarsele per conto proprio? Poiché questo è ciò che accade, quanto può valere ancora la voce di cento milioni di persone?” (8).
Una competenza ugualmente importante, che si richiede a uno statista e che il fondatore di Italia Viva dimostra di avere, consiste nello stabilire delle priorità. Riportiamo un passo della conversazione con la giornalista.
D.: “Senatore Renzi, con l’emergenza coronavirus rischiamo l’isolamento nel mondo?”.
R.: “Intanto rischiamo vite umane […]”.
D.: “Quindi è un’emergenza”.
R.: “Altroché […] L’Italia è purtroppo dipinta come diffusore del virus e la colpa viene data alla nostra gestione […] Ora affrontiamo l’emergenza e blocchiamo il contagio. Ma poniamoci da subito il tema del recupero di reputazione internazionale”.
D.: “Ci sono state tensioni tra il governo e le Regioni…”
R.: “Ho visto […] Il quadro costituzionale non aiuta. Da quando nel 2000 il centrosinistra – rincorrendo anche allora i sondaggi – decise di modificare il Titolo V viviamo un caos istituzionale permanente. Anche per questo la riforma costituzionale del 2016 bocciata dal referendum risolveva questa contraddizione attraverso la clausola di supremazia. In tanti mi dicono: smetti di dirlo perché resti antipatico. Posso anche smettere di dirlo ma solo a condizione che gli altri intervengano. Perché una volta di più la verità può essere antipatica ma è la verità. Il populismo è simpatico ma crea disastri”.
D.: “Si deve rinviare il referendum sul taglio dei parlamentari?”.
R.: “Penso che alla luce del coronavirus si debba anticipare il decreto sul taglio delle tasse. Quel referendum peraltro non interessa nemmeno gli addetti ai lavori. Io mi preoccupo della crescita, non del populismo […]”.
Nell’indicare una preminenza si ricalca in qualche modo un elemento della retorica: la gerarchia di valori. Perelman e Olbrechts-Tyteca la classificano tra gli oggetti di accordo dell’uditorio, ossia “quanto si ritiene ammesso da parte degli ascoltatori”. Secondo i due studiosi, “accanto a gerarchie concrete, come quella che esprime la superiorità degli uomini sugli animali, esistono gerarchie astratte, come quella che esprime la superiorità del giusto sull’utile” (9).
In una precedente circostanza, riguardo al vertice europeo di Bratislava del 16 settembre 2016, sempre intervistato da Maria Teresa Meli (10), l’allora presidente del Consiglio polemizzò con il presidente francese François Hollande e specialmente con la cancelliera tedesca Angela Merkel. Per giustificare lo strappo del nostro Paese evidenziò con notevole sarcasmo una polarizzazione estrema tra il rilevante e l’irrilevante:
“A Bratislava […] io speravo di rispondere alla crisi provocata dalla Brexit, non solo di farmi un giro in barca”
“Voglio risultati concreti, non parate scenografiche”
“Bratislava doveva essere la svolta, e invece è stata l’ennesima riunione finita a discutere le virgole di un documento che dice tutto e non dice nulla”
“Per rilanciare dobbiamo cambiare la direzione dell’Europa, non cambiare il palazzo del summit”
“Li ho portati [Hollande e Merkel] a Ventotene per costruire un percorso, non per vedere il panorama o mangiare il pesce”.
Nell’intervista più recente, del 29 febbraio 2020, emerge un’immagine presidenziale di Renzi grazie a due ulteriori prerogative, che sono caratteristiche dello statista: l’ottimismo, subordinato però all’avverarsi di determinate condizioni e la lungimiranza.
D.: Rischiamo una grave crisi economica?
R.: La crisi c’era già prima dello scoppio del coronavirus: andavamo già verso la recessione. Ciò che è accaduto peggiora il quadro in modo devastante, inutile fingere […] I numeri fanno spavento. Tutto si giocherà però sulla capacità di reazione. I disastri diventano occasioni se chi conduce le danze sa cogliere l’opportunità, perché in ogni disastro c’è anche un’opportunità. Il grafico di queste crisi è a V. Si scende in modo repentino e si risale velocemente, se si scelgono le strade giuste. Quando si abbasserà la tensione, Italia viva avanzerà le proprie proposte di governo. Non solo per l’oggi, come abbiamo già fatto. Ma anche per i prossimi anni”.
È appunto attraverso il riferimento ai “prossimi anni” che si delinea la capacità di guardare lontano.
Note
(1) “Caro Beppe Grillo ti scrivo”, in Il blog di Matteo Renzi.
(2) Roman Jakobson, Saggi di linguistica generale, Feltrinelli, 1966, p. 190.
(3) Citato in Bice Mortara Garavelli, Manuale di retorica, Bompiani, 1991, p. 143.
(4) Chaïm Perelman, Lucie Olbrechts-Tyteca, Trattato dell’argomentazione. La nuova retorica, Einaudi, 2013, p. 189.
(5) Chaïm Perelman, Lucie Olbrechts-Tyteca, op. cit., p. 193.
(6) Corriere della Sera, 29 febbraio 2020, p. 14.
(7) Bill Clinton, My Life, Mondadori, 2004, p. 695.
(8) Arthur Schopenhauer, L’arte di ottenere ragione esposta in 38 stratagemmi, Adelphi, 1992, p. 56.
(9) Chaïm Perelman, Lucie Olbrechts-Tyteca, op. cit., pp. 71 e 87.
(10) Corriere della Sera, 18 settembre 2016, pp. 2-3.