Chi è senza peccato (oratorio) scagli la prima pietra

Come si sopravvive a un vuoto di memoria? Pensando a Winston Churchill

Tutti pensiamo a Winston Churchill come a uno degli oratori migliori di sempre. Eppure aveva mille difetti che, in un ipotetico talent show sul parlare in pubblico, lo avrebbero fatto escludere dalla competizione: la voce rauca, qualche balbettio, una pronuncia non esattamente limpida e un fisico non proprio slanciato. Ciò malgrado Churchill, oltre ad aver vinto il premio Nobel per la letteratura, è l’oratore per antonomasia della storia contemporanea.

Ho profondamente solidarizzato con il giornalista di Rai News 24 Paolo Mancinelli al quale è successa una cosa che succede a tutti. Ha avuto un vuoto di memoria. Mentre alla maggior parte di noi la stessa cosa capita a casa o sul lavoro, a lui è successo mentre era in diretta, in collegamento con lo studio, per un servizio sulla neonata compagnia Ita.

Mancinelli si rende conto di avere un momento di buio, gira il foglio del suo blocchetto per controllare gli appunti, ma non trova nulla. Mi sono riconosciuta nel suo sguardo, perché tutti abbiamo provato quella sensazione. Va sa sé che il giornalista è stato dileggiato sui social, anche se moltissimi (bisogna dirlo) hanno espresso la loro solidarietà.

Quando teniamo le lezioni di retorica, la paura del vuoto mentale è una delle più diffuse. Ci chiedono: cosa si può fare?

La prima cosa, se non riusciamo a evitare il black out con uno stratagemma, è perdonarsi subito. Abbiamo sbagliato, ne siamo consapevoli, siamo dispiaciuti… E basta. Inutile rimuginarci sopra tutta la settimana. Colpevolizzarci non ci aiuterà a fare meglio la prossima volta. Non funziona così. L’oratoria richiede consapevolezza, non autoflagellazione. Quindi, se capita, amen.

Se invece il pasticcio sta avvenendo ora, i nostri colleghi possono venire in nostro soccorso. Basta che ci pongano una semplice domanda per farci riprendere il filo. A teatro capita che un attore dimentichi la battuta e venga “salvato” dal proprio collega. E’ un fatto del tutto normale. Si può fare anche sul lavoro e nessuno se ne accorge. Anzi, l’interazione viene vissuta dall’uditorio come un piacevole e utile botta e risposta tra oratori. 

Altra strada è ammettere sinceramente di avere un vuoto. L’effetto è lo stesso del silenzio imbarazzato, ma meno drammatico. Si dà comunque l’impressione di essere in grado di gestire la situazione e permette ai nostri colleghi di venire in nostro soccorso più velocemente, senza perdere l’occasione di aiutarci.

Ricordiamoci infine che, al di là di qualche sfigato che sputa sentenze sul web, le nostre debolezze oratorie ci fanno amare dall’uditorio, che è portato a entrare in empatia con noi. E poi, aspettiamo al varco i leoni da tastiera. Prima o poi, l’inciampo oratorio capita a tutti.