In Italia si usa spesso l’aggettivo “retorico” per indicare un discorso ampolloso o enfatico. E’ così anche negli Stati Uniti?
Sì, è così. Analogamente al termine “oratoria”, “retorico” sottende spesso una connotazione negativa, equivalente più o meno ad ampollosità o ingannevolezza. Durante la campagna per la presidenza degli Stati Uniti del 2008, ad esempio, Hillary Clinton disse: “Alla fine ciò che conta davvero non sono i discorsi che un presidente tiene, ma se il presidente poi tiene fede a quei discorsi.” Riferendosi indirettamente a Barack Obama (le cui capacità di oratore sono generalmente considerate superiori alle sue), la Clinton fece questa osservazione in un suo discorso, osservazione espressa secondo l’antico dispositivo retorico detto chiasmo o antimetabole. In altre parole, la Clinton stava usando la retorica per mettere in discussione o indebolire la retorica di un avversario. Penso si tratti di un esempio significativo di come la stessa parola “retorica” venga parimenti spesso usata in senso negativo per criticare le abilità di parlatore di qualcuno con cui siamo in disaccordo. Niente di nuovo sotto il sole, sia chiaro: nel Gorgia, Platone fa denunciare a Socrate la retorica come cucina, come trucco. Ma se interpretiamo il termine “retorica” nel suo senso più ampio di “comunicazione efficace”, lo stesso Platone è un maestro di retorica.
“Public speaking” e “story-telling”. Sono espressioni moderne per dire “retorica”?
La retorica può presentarsi sotto molte forme, e quindi ha molti sinonimi. “Public speaking” è un termine più contemporaneo per “oratoria,” e la retorica è stata spesso equiparata alla produzione di discorsi (sebbene anche i testi scritti rientrino nella retorica). La comunicazione pubblicitaria è certamente una forma di retorica, se ci atteniamo alla definizione di Aristotele come “arte della persuasione”, e così pure il marketing. Non direi che lo story-telling sia intrinsecamente o necessariamente retorico, anche se le narrazioni di solito si propongono fini retorici, cioè di persuasione.
Chi è il suo retore contemporaneo preferito? Un uomo e una donna.
Nel mondo anglosassone credo che l’ultimo grande retore, o oratore, sia stato Winston Churchill – che era comunemente considerato già ai suoi tempi uno speech-maker vecchio stile. A partire dagli anni ‘40 la retorica si è trasferita dal palco alla televisione e successivamente al computer. La transizione verso i new media è stata rappresentata negli Stati Uniti da Franklin Delano Roosevelt, i cui “fireside chat” alla radio, le chiacchierate al caminetto, avevano uno stile molto più colloquiale rispetto ai suoi discorsi formali. Naturalmente da allora ci sono stati altri eminenti oratori, come John Fitzgerald Kennedy, Martin Luther King Jr. e la texana Barbara Jordan, membro del Congresso, ma il campo della retorica è stato radicalmente modificato dai new media, e l’oratoria formale non rappresenta più una forma di comunicazione dominante. Per certi versi lo studio della retorica è stato inglobato nel campo della comunicazione di massa. In definitiva, non ho un retore contemporaneo preferito, uomo o donna che sia.
Qual è la sua figura retorica preferita, e perché?
Proverò a risponderle in due modi: (a) interpretando il termine “figura” in quanto personaggio, e (b) interpretandolo, come probabilmente lei intendeva, in quanto figura del discorso. (a) È una domanda difficile, soprattutto perché non abbiamo registrazioni di oratori prima del Novecento. Ad esempio, se letti sulla pagina scritta molti discorsi di Abraham Lincoln producono un effetto straordinario. Eppure i suoi contemporanei raccontano che Lincoln avesse un timbro di voce piuttosto alto e sottile, e in genere il pubblico ottocentesco non era colpito dal suo modo di esprimersi. Se consideriamo anche gli abili manipolatori della parola scritta, tra i miei preferiti metterei il giornalista H. L. Mencken. Oltre a una prosa dallo stile deliziosamente iperbolico, aveva un talento eccezionale nell’analizzare gli stili altrui. Nelle mie lezioni all’università, per dimostrare il potere della retorica attingo moltissimo dai discorsi tratti dalle opere di Shakespeare. Quindi, anche se in realtà stiamo un po’ sconfinando, dovrei dire che il mio personaggio retorico preferito è William Shakespeare. (b) Anche se ci sono diverse figure retoriche che mi piacciono molto (l’antitesi, il chiasmo, il paradosso, lo zeugma e così via), devo concordare con Aristotele che la più grande figura, retorica e di pensiero, è la metafora. È la figura più pervasiva, sia nella lingua di tutti i giorni che nella letteratura e nell’oratoria, e continua ad affascinare i ricercatori in ambiti che vanno al di là degli studi sul linguaggio.
Per saperne di più su Richard Norquist.
La versione in lingua originale: Interview with Richard Nordquist English