Presenza di uno o più fonemi uguali in due o più parole. Negli usi creativi, espressivi del linguaggio, come in quello poetico e in quello pubblicitario, può non essere casuale, ma funzionale alla produzione di messaggi subliminali.
Nella prima strofa della canzone A Silvia, di Giacomo Leopardi, Stefano Agosti (Il testo poetico, Rizzoli, 1972, pp. 39-40) ha osservato una notevole frequenza del fonema /t/: “Tempo”, “Tua”, “viTa”, “morTale”, “belTà”, “Tuoi”, “ridenTi”, “fuggiTivi”, “Tu”, “lieTa”, “limiTare”, “giovenTù”. Esso evidenzia il pronome di seconda persona singolare e richiama subliminalmente il soggetto dell’opera, Silvia, alla quale il poeta si rivolge con l’apostrofe, che così viene rafforzata.
A dimostrazione del rapporto esistente fra la poesia e la pubblicità, per l’uso di certi artifici, lo stesso fenomeno si registra nello slogan “FiesTa Ti TenTa Tre volTe TanTo”. In questo modo il pubblicitario sembra voler consolidare il suo contatto con il consumatore.
Nell’opera di Leopardi alcuni termini non sono semplicemente allitteranti, ma legati pure da un’analoga sonorità (la caratteristica della paronomasia): “morTALE-bELTÀ”, “VITa-fuggitTIVi” o addirittura contenuti all’interno di altri (paronomasia per inclusione): “TU-giovenTÙ”, “LIETA-LImiTArE”.
L’allitterazione si trova anche in modi di dire, nella lingua comune:
“fare fuoco e fiamme”
“in fretta e furia”
“di bocca buona”
“mandare in malora”
“tagliare la testa al toro”.
E gli esempi potrebbero continuare. Ne riporta un gran numero Paolo Valesio (Le strutture dell’allitterazione, Zanichelli, 1967).
Tale figura fonica spesso è associata all’armonia imitativa, con la quale si imita un rumore indirettamente.
Una variante può essere considerata l’assillabazione, la presenza della stessa sillaba in due o più parole: “PASsito. PASsione che non PASsa, né apPASsisce” (Cantine di Dolianova). Definizione a cura di Giorgio Matza.