Anastrofe

Consiste nell’inversione dell’ordine normale delle parole per metterne in risalto qualcuna, come avviene spesso nei titoli dei giornali (non è difficile trovarne uno nel mese di agosto, soprattutto nei periodi di maggiore sviluppo economico: “Continua il grande esodo”, al posto del più comune “Il grande esodo continua”, con un’anticipazione dunque del predicato rispetto al soggetto).

In poesia si ricorre a essa pure per ra­gioni metriche e ritmiche, cioè per risolvere problemi relativi alla misura dei versi, ai loro accenti, alla rima e così si evidenzia la distinzione tra lingua poetica e lingua standard.

Chaïm Perelman e Lucie Olbrechts-Tyteca la classificano fra le figure della sincerità, perché “sostituisce all’ordine naturale della frase un ordine nato dalla passione” (Trattato dell’argomentazione. La nuova retorica, Einaudi, 2013, p. 492).

Una forma peculiare può essere considerata la costruzione rovesciata, con la quale ciò di cui si parla (definito argomento o tema o topic) è posposto anche notevolmente a quello che si dice su di esso (chiamato commento o rema o comment). Particolarmente efficace risulta il seguente annuncio pubblicitario: “Non sa di plastica, non sa di latta, non sa di cartone e non sa neanche di vetro, il vetro” (Campagna Associazione Nazionale Industriali del Vetro).

Più in generale è possibile collocare l’elemento centrale del messaggio dopo diversi complementi circostanziali, come nella prima strofa del testo poetico Veglia, di Giuseppe Ungaretti: “Un’intera nottata / buttato vicino / a un compagno / massacrato / con la sua bocca / digrignata / volta al plenilunio / con la congestione / delle sue mani / penetrata / nel mio silenzio / ho scritto / lettere piene d’amore”.

In questo modo si crea sospensione, si accentua l’attesa di chi ascolta o legge e si spinge in avanti la sua attenzione. Tale effetto di suspense viene perseguito anche dagli uomini politici. Walter Veltroni, nella relazione finale del I Congresso Nazionale dei Democratici di Sinistra, a Torino, il 16 gennaio 2000, affermò: “E spero ancora, infine, che ora si capisca che non erano un pellegrinaggio, come qualcuno disse allora, la visita a Norberto Bobbio o il convegno che organizzammo su Carlo Rosselli, o ancora quella serata di giugno in cui a Padova ricordammo una persona che io ho nel cuore, al quale ho pensato molte volte in questi giorni, in questi mesi e che porteremo con noi nel nuovo secolo, nel nuovo millennio che comincia: Enrico Berlinguer” e “Sono andato venerdì mattina alle 9 a trovare una persona per la quale credo che tutti noi nutriamo grande stima e grande considerazione. Fu l’inizio del mio viaggio, quando fui eletto segretario del partito. La mattina dopo essere stato eletto mi recai a Via Sacchi, qui a Torino […] Norberto Bobbio mi ha detto tre cose che mi sono rimaste nella memoria”.

Silvio Berlusconi così terminò il suo discorso al Congresso degli Stati Uniti, a Washington, il 1 marzo 2006: “Vorrei concludere ricordando una breve storia. La storia di un ragazzo che alla fine dei suoi studi liceali fu portato dal padre a visitare il cimitero in cui riposano molti giovani valorosi soldati, giovani che avevano attraversato l’Oceano per ridare dignità e libertà ad un popolo oppresso. Nel mostrargli quelle croci, quel padre fece giurare a quel ragazzo che non avrebbe mai dimenticato il supremo sacrificio con cui quei soldati americani avevano difeso la sua libertà. Gli fece giurare che avrebbe serbato per il loro Paese eterna gratitudine. Quel padre era mio padre, quel ragazzo ero io. Quel sacrificio e quel giuramento non li ho mai dimenticati e non li dimenticherò mai”.

L’esempio che segue si deve a Barack Obama, che, in occasione delle elezioni presidenziali americane del 2008, osservò: “Il nostro paese ha più ricchezze di qualunque altra nazione, ma non è questo che ci rende ricchi. Abbiamo l’apparato militare più potente della terra, ma non è questo che ci rende forti. Le nostre università e la nostra cultura fanno invidia al mondo, ma non è questo che continua a spingere il mondo alle nostre porte. È invece il nostro spirito americano – quella promessa americana – che ci sprona in avanti anche quando la strada è incerta; che ci tiene uniti malgrado le differenze, che ci porta a fissare lo sguardo non verso ciò che si vede, ma verso ciò che non si vede, verso quel posto migliore che sta dietro l’angolo”.

Voce a cura del socio Giorgio Matza