Con questo sintagma, che si deve allo scrittore statunitense naturalizzato britannico Thomas Stearns Eliot (1888 – 1965), si indica il procedimento consistente nella comunicazione di un’emozione attraverso oggetti, eventi, situazioni, immagini, i quali la concretano. Come ha ricordato Gianfranca Lavezzi (Breve dizionario di retorica e stilistica, Carocci, 2004, p. 37), “nel primo degli elotiani Quattro quartetti (1943), il giardino delle rose è correlativo oggettivo di ‘quello che poteva essere’: Passi echeggiano nella memoria / lungo il corridoio che non prendemmo / verso la porta che non aprimmo mai / sul giardino delle rose […] (vv. 11-14; trad. di F. Donini)”.
Un analogo rimpianto emerge nella canzone Autogrill di Francesco Guccini:
“La ragazza dietro al banco mescolava birra chiara e Seven-up e il sorriso da fossette e denti era da pubblicità come i visi alle pareti di quel piccolo autogrill […] Bella d’una sua bellezza acerba, bionda senza averne l’aria, quasi triste come i fiori e l’erba di scarpata ferroviaria […] Ed io sentivo un’infelicità vicina […] Ma nel gioco avrei dovuto dirle: ‘Senti, senti io ti vorrei parlare’, poi prendendo la sua mano sopra al banco: ‘Non so come cominciare, non la vedi, non la tocchi oggi la malinconia? Non lasciamo che trabocchi, vieni, andiamo, andiamo via’ […] Sovrastò l’acciottolio quella mia frase sospesa ed io… ma poi arrivò una coppia di sorpresa […] ‘Quant’è?’ chiesi e la pagai, le lasciai un nichel di mancia, presi il resto e me ne andai”.
Su tale tecnica è interamente incentrato un testo poetico di Eugenio Montale, che ricava il titolo dal primo verso:
“Spesso il male di vivere ho incontrato: / era il rivo strozzato che gorgoglia, / era l’incartocciarsi della foglia / riarsa, era il cavallo stramazzato. // Bene non seppi, fuori del prodigio / che schiude la divina Indifferenza: / era la statua nella sonnolenza / del meriggio, e la nuvola, e il falco alto levato”.