Rappresentazione in evidenza di una persona, un oggetto, una situazione, un’azione, un avvenimento.
Una singolare concentrazione di tale procedimento si riscontra nel capitolo VIII del romanzo I Promessi Sposi, dedicato alla “notte degl’imbrogli e de’ sotterfugi”. Infatti se ne contano quattro occorrenze: nelle sequenze del matrimonio per sorpresa; della fuga dei bravi dalla casa di Lucia; dell’accorrere di Perpetua e Agnese, richiamate dall’urlo rispettivamente di don Abbondio e di Menico; dell’intervento della folla.
Ecco l’estratto relativo alla prima: “Don Abbondio, lasciando cader la carta, aveva già afferrata e alzata, con la mancina, la lucerna, ghermito, con la diritta, il tappeto del tavolino e tiratolo a sé, con furia, buttando in terra libro, carta, calamaio e polverino; e, balzando tra la seggiola e il tavolino, s’era avvicinato a Lucia […] Le aveva buttato sgarbatamente il tappeto sulla testa e sul viso, per impedirle di pronunziare intera la formola. E subito, lasciata cader la lucerna che teneva nell’altra mano, s’aiutò anche con quella a imbacuccarla col tappeto, che quasi la soffogava; e intanto gridava quanto n’aveva in canna: ‘Perpetua! Perpetua! tradimento! aiuto!’”.
Secondo Pierre Fontanier, “l’ipotipòsi dipinge le cose in una maniera così viva e così energica, che ce le pone in qualche modo sotto gli occhi e fa di un racconto o di una descrizione, un’immagine, un quadro o addirittura una scena dal vivo” (Les figures du discours, 1991, p. 390, riportato in Olivier Reboul, Introduzione alla retorica, Il Mulino, 1996, p. 174).
Può succedere, seguendo il criterio sensoriale, ossia registrando i dati che emergono attraverso i sensi, in particolare le sensazioni visive. Si crea quindi un effetto di realtà e al destinatario sembra di trovarsi davanti a quanto viene rappresentato. Un simile fenomeno si verifica non solo in letteratura, ma pure nella comunicazione politica.
L’esempio che si propone è ricavato da un discorso di Richard Nixon: “Se guardiamo l’America oggi, vediamo città avvolte in fumo e fiamme. Sentiamo il suono delle sirene per tutta la notte. Vediamo gli americani morire in campi di battaglia all’estero. Vediamo gli americani odiarsi l’un con l’altro, litigare e uccidersi a casa” (Riportato in Klaus Davi, I conta balle. Le menzogne per vincere in politica, Marsilio, 2005, p. 39).
In certi casi l’uomo politico colloca i suoi programmi più o meno utopistici all’interno di una “visione”, nel tentativo di trasformarli in reali. È ciò che fece Jimmy Carter: “Ho una visione dell’America, una visione che è cresciuta e maturata mentre viaggiavo e parlavo e ascoltavo e conoscevo le persone di questo paese. Vedo un’America che si muove verso una nuova lunga era con un governo efficace, efficiente, sensibile e competente. Vedo un’America che ha abbandonato gli scandali e la corruzione. Vedo un presidente che governa con vigore e con un forte senso di leadership, un presidente che capisce i bisogni della gente, che condivide i sogni e le speranze, questa è la mia visone dell’America” (Riportato in Klaus Davi, op. cit., p. 57).
Nell’introduzione a un programma elettorale di Forza Italia, firmata dal suo leader, ci si riferiva a una “visione del futuro”. Silvio Berlusconi usò pure la parola “sogno” fin dal suo primo “messaggio alla nazione”, trasmesso in televisione per annunciare la discesa in campo del 1994:
“Sogno, a occhi bene aperti, una società libera, di donne e di uomini, dove non ci sia la paura, dove al posto dell’invidia sociale e dell’odio di classe stiano la generosità, la dedizione, la solidarietà, l’amore per il lavoro, la tolleranza e il rispetto per la vita”
“Vi dico che è possibile realizzare insieme un grande sogno: quello di un’Italia più giusta, più generosa verso chi ha bisogno, più prospera e serena, più moderna ed efficiente, protagonista in Europa e nel mondo”.
Inoltre nel 2000 la faccia del capo del centro-destra apparve in grandi manifesti stradali, sui quali era scritto: “La forza di un sogno: cambiare l’Italia”.
Tale termine richiama alla mente la memorabile allocuzione di Martin Luther King, un capolavoro dell’oratoria politica del Novecento. Ecco un breve estratto: “Ho un sogno che un giorno […] ragazzi e ragazze neri potranno unire le mani con ragazzi e ragazze bianchi e passeggiare insieme come fratelli”.
Chaïm Perelman e Lucie Olbrechts-Tyteca considerano l’ipotipòsi una figura della presenza, avendo “per effetto di rendere attuale alla coscienza l’oggetto del discorso”. Essa coincide con l’enallage dei tempi verbali, quando si attua “il brusco passaggio dal passato, tempo della narrazione, al presente, tempo della descrizione” (Trattato dell’argomentazione. La nuova retorica, Einaudi, 2013, pp. 189 e 192).
Un’occorrenza s’individua nel capitolo X del romanzo I Promessi Sposi, nel brano dedicato alla scomparsa di una conversa, al corrente della sacrilega relazione fra Egidio e Gertrude e uccisa dal primo con la complicità della seconda: “Fu aspettata in vano, una mattina, a’ suoi ufizi consueti: si va a veder nella sua cella e non si trova: è chiamata ad alta voce; non risponde: cerca di qua, cerca di là, gira e rigira, dalla cima al fondo; non c’è in nessun luogo”.
L’icasticità, la rappresentazione della realtà con evidenza, dipende anche – lo dimostrano i casi esaminati – dalla ricchezza di particolari. Un altro esempio è proposto da una professionista della produzione discorsiva, della quale ci si occupa in un servizio giornalistico: “Era l’estate del 1998, la fine del suo terzo anno di college, quando Sarah Hurwitz s’innamorò dell’arte dello scrivere il discorso perfetto, dopo essere riuscita a fare uno stage alla Casa Bianca nell’ufficio speechwriting dell’allora vice presidente Al Gore. E che straordinaria carriera è stata, quella di Hurwitz. Dopo la laurea alla Harvard Law School, è diventata responsabile dei discorsi di Hillary Clinton durante la sua campagna presidenziale del 2008, ed è poi tornata alla Casa Bianca dove, tra il 2009 e il 2017, ha ricoperto il ruolo di capo degli speechwriter della first lady Michelle Obama e quello di senior speechwriter per il presidente Barack Obama”.
Sarah Hurwitz ha rilevato: “Se durante un discorso vi annoiate, probabilmente è perché chi parla racconta senza mostrare. La signora Obama non ha aperto il suo intervento alla Convention nazionale dei democratici nel 2016 dicendo: ‘Il primo giorno di scuola delle mie figlie alla Casa Bianca ero nervosa, ansiosa e spaventata’. Ha detto invece: ‘Non dimenticherò mai quella mattina d’inverno in cui guardavo le nostre bambine, di soli sette e dieci anni, salire su quei SUV neri insieme a tutti quegli uomini grandi, grossi e armati. Guardavo i loro visetti premuti contro il finestrino e l’unica cosa che riuscivo a pensare era: cosa abbiamo fatto?’ È un’immagine così intensa”.
(Riportato in Liam Freeman, “Come scrivere un discorso secondo Sarah Hurwitz, speechwriter di Michelle e Barack Obama” in vogue.it, 3 novembre 2020).
Nel corso di un’intervista, Ezio Mauro, ex direttore della Stampa e della Repubblica, si è soffermato su una sua esperienza di giovane cronista: “Nell’ottobre del 1977 le Br gambizzarono Antonio Cocozzello, un consigliere comunale democristiano […] Arrivai quando i soccorritori gli stavano tagliando i pantaloni: lo vidi a terra, dolorante, le mutande da mercato che poteva avere mio nonno. Mi indicò una cartellina di plastica marrone: per favore, portala alla Cisl, dentro ci sono le pratiche di due pensionati” (Riportato nel venerdì di Repubblica, 20 novembre 2020, p. 22). Leggi qui.
Qualche volta basta un unico dettaglio, solo apparentemente superfluo, ma indispensabile affinché il messaggio diventi più incisivo.
Avuta la notizia della morte, ad appena 48 anni, del musicista Ezio Bosso, il suo collega e amico Paolo Fresu ha ricordato: “Una mattina mi chiamò al telefono per comunicarmi di essere stato invitato al Festival di Sanremo. Gli dissi che mi sembrava un’idea malsana ma la sera che lo vidi in tv piansi sulla tovaglia a quadri di una pizzeria” (facebook.com/paolofresuofficial, 15 maggio 2020).
Michele Emiliano, Presidente della Regione Puglia, è andato con la memoria alla sua giovinezza: “Assistetti all’ultimo comizio che [Enrico Berlinguer] tenne qui a Bari, con mia sorella Simonetta sulle spalle” (Riportato in corriere.it, 25 giugno 2020).