Ritmo ternario

Il ritmo – l’ha osservato Olivier Reboul – “è la musica del discorso, ciò che rende l’espressione armoniosa o sorprendente, sempre facile da ricordare” (Introduzione alla retorica, Il Mulino, 1996, p. 133). Giorgio Fedel considera il ternario “elemento tipico nella struttura sintattico-ritmica del discorso mussoliniano”:

“Alle sanzioni economiche opporremo la nostra disciplina [a], la nostra sobrietà [b], il nostro spirito di sacrificio [c] [1]. Alle sanzioni militari risponderemo con misure militari [2]. Ad atti di guerra risponderemo con atti di guerra [3]”,

“Sono io che l’ho voluta, questa marcia [1], io che l’ho imposta [2], io che ho tagliato corto a tutti gli indugi [3]”,

“O popolo di Catania marinara! […] Leva il tuo pensiero alla Maestà del re [1]. Leva il tuo pensiero a tutti coloro che hanno sofferto per la Patria [2]. Leva il tuo pensiero di gratitudine [a], di orgoglio [b] e d’amore [c] per la nostra bellissima adorabile Italia [3]”.

Lo studioso ha rilevato che “dal punto di vista ritmico, le accumulazioni con più di tre membri possono risultare poco incisive per eccesso, le strutture binarie lo possono essere per difetto. Quelle ternarie invece sembrano le più ‘armoniche’”. E ha citato una riflessione di Adam Smith (Lezioni di retorica e belle lettere, 1993, p. 420): “Tre… è il numero più appropriato… questo numero viene molto più facilmente compreso e appare molto più completo di due o quattro. Nel numero tre, infatti, c’è un centro e vi sono due estremi, mentre nei numeri due e quattro non c’è alcun centro sul quale l’attenzione si possa fissare di modo che ciascuna parte sembri legata ad esso”.

Secondo Fedel, “l’andamento del discorso mussoliniano è altamente ritmico. Ciò induce Leso (“Osservazioni sulla lingua di Mussolini”, in AA. VV., La lingua italiana e il fascismo, 1977, p. 35) a individuare nella retorica di Mussolini una ‘logica ritmica’ che predominerebbe su quella semantica”. E “la ritmicità ci riconduce ancora in una dimensione di perentorietà. L’immediatezza dell’effetto emotivo del discorso ritmico è innegabile. All’ascolto delle parole ritmate si è lì ‘senza scampo’” (Saggi sul linguaggio e l’oratoria politica, Giuffrè, 1999, pp. 129-139).

L’elencazione costituita da tre componenti è caratteristica anche dell’oratoria presidenziale americana. Nella cerimonia d’insediamento per il suo secondo mandato, il presidente Abraham Lincoln disse:

“Senza odio verso alcuno [a], animato da clemenza per tutti [b], con fede profonda nell’idea che Dio ci dà della giustizia [c], dobbiamo adempiere il compito che ci siamo prefissi: medicare le piaghe della nazione [1], assistere coloro che hanno sopportato il peso delle battaglie [a], le loro vedove [b] e gli orfani [c] [2], far sì che una pace giusta e duratura venga a portarci tutte le sue benedizioni, tanto a noi come agli altri popoli [3]”.

Varie occorrenze si trovano nell’elocuzione di Bill Clinton. Eccone qualcuna:

“Possiamo afferrare questo momento [1]. Possiamo far sì che essere Americani sia di nuovo emozionante [a] e stimolante [b] ed eroico [c] [2]. Possiamo rinnovare la fede in noi stessi [a] e quella degli uni negli altri [b] e ricostituire il nostro senso di unità e di comunità [c] [3]. Dicono le Scritture: non hanno ancora visto i nostri occhi [a], né udito le nostre orecchie [b], né immaginato le nostre menti [c], ciò che possiamo costruire”,

“La nostra sicurezza personale [a], familiare [b] e nazionale [c] risente dell’influsso della nostra politica riguardo al terrorismo, sia in patria, sia all’estero [1]. La nostra prosperità personale [a], familiare [b] e nazionale [c] è influenzata dalla nostra politica rispetto all’economia di mercato, sia in patria, sia all’estero [2]. Il nostro futuro personale [a], quello delle nostre famiglie [b] e quello della nazione [c] dipendono dalla politica che adottiamo sull’ambiente, sia in patria, sia all’estero [3]”,

“In questo preciso momento, in qualche località dell’America sta nascendo un bimbo. Assumiamoci la responsabilità di dare a quel bimbo una casa serena [a], una famiglia sana [b], un futuro promettente [c] [1]. Assumiamoci la responsabilità di dare a quel bimbo la possibilità di vivere appieno le doti che Dio gli ha dato [2]. Assumiamoci la responsabilità di dare a quel bimbo un paese unito e non diviso [a], un paese di speranze e sogni infiniti [b]; un paese che ancora una volta elevi il suo popolo e sia di esempio al mondo [c] [3]. Assumiamoci la responsabilità [a], l’impegno [b], il nostro ‘nuovo patto’” [c]”.

Pure l’intervento tenuto a Bruxelles, il 21 febbraio 2005, da George W. Bush contiene alcuni casi di ritmo ternario:

“Insieme ci siamo opposti a ideologie totalitarie con la nostra potenza e la nostra pazienza [1]. Insieme abbiamo unito questo continente con i nostri valori democratici [2]. E insieme segniamo, anno dopo anno, gli anniversari della libertà, dal D-Day [a] alla liberazione dai campi di sterminio [b], alle vittorie della coscienza nel 1989 [c] [3]”,

“La nostra alleanza transatlantica ha reso vani i piani di dittatori [1], servito gli alti ideali dell’umanità [2] e indirizzato un secolo violento su una rotta nuova e migliore [3]”,

“Nessuna discussione contingente [a], nessun disaccordo passeggero tra i governi [b], nessun potere sulla terra [c] ci potrà mai dividere”,

“Adempiamo al dovere morale di curare gli ammalati [1], nutrire gli affamati [2] e confortare gli afflitti [3]”,

“Abbiamo accettato la sfida a lungo termine di diffondere la speranza [a], la libertà [b] e la prosperità [c] come grandi alternative al terrore”.

I seguenti estratti sono ricavati dalla produzione discorsiva di Barack Obama:

“Continuiamo a batterci [1], continuiamo a lottare [2], continuiamo a elevarci verso la terra promessa di una nazione e di un mondo che sono più onesti [a], più giusti [b] e più equi [c] per ogni figlio di Dio [3]”,

“Questo è il paese che i nostri genitori [a], i nostri nonni [b] e le generazioni prima di loro [c] hanno costruito per noi [1]. Questa è la tradizione che dobbiamo difendere [2]. Questa è l’eredità che dobbiamo lasciare a quelli che verranno dopo di noi [3]”,

“Se vogliamo onorare il coraggio di coloro che quel giorno marciarono, allora tutti noi siamo chiamati a fare nostra la loro immaginazione morale [1]. Tutti noi dobbiamo sentire, come fecero loro, l’urgenza appassionata dell’ora [2]. Tutti noi dobbiamo riconoscere, come fecero loro, che il cambiamento dipende dalle nostre azioni [a], dai nostri comportamenti [b], da ciò che insegniamo ai nostri figli [c] [3]”.

A conferma della sua efficacia, l’accumulazione trimembre ricorre perfino nell’allocuzione con cui la Regina Elisabetta ha celebrato, l’8 maggio 2020, il 75° anniversario della vittoria sulla Germania nazista:

“La guerra fu una guerra totale, colpì tutti e nessuno fu immune dal suo impatto: né gli uomini e le donne chiamati a servire [1]; né le famiglie separate l’una dall’altra [2]; né le persone che chiesero di avere una funzione o un’attività per sostenere lo sforzo bellico [3]. Tutti hanno avuto un ruolo da svolgere”,

“All’inizio, la prospettiva era sembrata desolante [a], la fine lontana [b], il risultato incerto [c]”,

“Sono grata per la forza e il coraggio mostrati dal Regno Unito [a], dal Commonwealth [b] e da tutti i nostri alleati [c]”,

“I paesi che una volta erano nemici giurati ora sono amici, lavorando fianco a fianco per la pace [a], la salute [b] e la prosperità [c] di tutti noi”,

“E quando guardo il nostro paese oggi e vedo cosa siamo disposti a fare per proteggerci e sostenerci a vicenda, dico con orgoglio che siamo ancora una nazione che quei coraggiosi soldati [a], marinai [b] e aviatori [c] riconoscerebbero e ammirerebbero”.

S’individua il ritmo ternario nel messaggio del Presidente Sergio Mattarella, trasmesso allo scadere del 2021:

“Si aggiunge il bisogno di esprimere il mio grazie a ciascuno di voi per aver mostrato, a più riprese, il volto autentico dell’Italia: quello laborioso [a], creativo [b], solidale [c]”,

“Sono stati sette anni impegnativi [a], complessi [b], densi di emozioni [c]”.

“Desidero rivolgere un augurio affettuoso e un ringraziamento sincero a Papa Francesco per la forza del suo magistero, e per l’amore che esprime all’Italia e all’Europa, sottolineando come questo Continente possa svolgere un’importante funzione di pace [a], di equilibrio [b], di difesa dei diritti umani [c] nel mondo che cambia”.

Al di là dei casi piuttosto semplici, troviamo una serie ordinata di tre frasi:

“Le dinamiche spontanee dei mercati talvolta producono squilibri o addirittura ingiustizie che vanno corrette anche al fine di un maggiore e migliore sviluppo economico [1]. Una ancora troppo diffusa precarietà sta scoraggiando i giovani nel costruire famiglia e futuro [2]. La forte diminuzione delle nascite rappresenta oggi uno degli aspetti più preoccupanti della nostra società [3]”.

E, in un unico passo, abbiamo una sequenza di tre sintagmi e una di tre frasi:

“Dobbiamo ricordare, come patrimonio inestimabile di umanità, l’abnegazione dei medici [a], dei sanitari [b], dei volontari [c]. Di chi si è impegnato per contrastare il virus [1]. Di chi ha continuato a svolgere i suoi compiti nonostante il pericolo [2]. I meriti di chi, fidandosi della scienza e delle istituzioni, ha adottato le precauzioni raccomandate e ha scelto di vaccinarsi: la quasi totalità degli italiani [3]”.

Il seguente brano contiene tre proposizioni e, all’interno di ognuna, un’ulteriore tripartizione:

“La pandemia ha inferto ferite profonde: sociali [a], economiche [b], morali [c] [1]. Ha provocato disagi per i giovani [a], solitudine per gli anziani [b], sofferenze per le persone con disabilità [c] [2]. La crisi su scala globale ha causato povertà [a], esclusioni [b] e perdite di lavoro [c] [3]”.

L’enumerazione di tre elementi è particolarmente frequente nell’elocuzione di Mario Draghi, nel periodo in cui ha ricoperto il ruolo di presidente del Consiglio dei ministri:

“Un esecutivo come quello che ho l’onore di presiedere […] riassume la volontà [a], la consapevolezza [b], il senso di responsabilità [c] delle forze politiche che lo sostengono”,

“La crescita di un’economia di un Paese non scaturisce solo da fattori economici. Dipende dalle istituzioni [a], dalla fiducia dei cittadini verso di esse [b], dalla condivisione di valori e di speranze [c]”,

“L’Italia si risollevò dal disastro della Seconda Guerra Mondiale […] nella fiducia reciproca [a], nella fratellanza nazionale [b], nel perseguimento di un riscatto civico e morale [c]”,

“Dobbiamo essere più orgogliosi [a], più giusti [b] e più generosi [c] nei confronti del nostro Paese”,

“La risposta della politica economica al cambiamento climatico e alla pandemia dovrà essere una combinazione di politiche strutturali che facilitino l’innovazione [a], di politiche finanziarie che facilitino l’accesso delle imprese capaci di crescere al capitale e al credito [b] e di politiche monetarie e fiscali espansive che agevolino gli investimenti e creino domanda per le nuove attività sostenibili che sono state create [c]”,

“È un sostegno che non poggia su alchimie politiche, ma sullo spirito di sacrificio con cui donne e uomini hanno affrontato l’ultimo anno [a], sul loro vibrante desiderio di rinascere, di tornare più forti [b] e sull’entusiasmo dei giovani che vogliono un paese capace di realizzare i loro sogni [c]”.

(Intervento al Senato del 17 febbraio 2021).

“Gli italiani hanno sostenuto a loro volta questo miracolo civile, e sono diventati i veri protagonisti delle politiche che di volta in volta mettevamo in campo. Penso al rispetto paziente delle restrizioni per frenare la pandemia, alla straordinaria partecipazione alla campagna di vaccinazione [1]. Penso all’accoglienza spontanea offerta ai profughi ucraini, accolti nelle case e nelle scuole con affetto e solidarietà [2]. Penso al coinvolgimento delle comunità locali al PNRR, che lo ha reso il più grande progetto di trasformazione dal basso della storia recente [3]”.

“Non votare la fiducia a un governo di cui si fa parte è un gesto politico chiaro, che ha un significato evidente. Non è possibile ignorarlo, perché equivarrebbe a ignorare il Parlamento [1]. Non è possibile contenerlo, perché vorrebbe dire che chiunque può ripeterlo [2]. Non è possibile minimizzarlo, perché viene dopo mesi di strappi ed ultimatum [3]”.

(Intervento al Senato del 20 luglio 2022).

In vari estratti l’accumulazione si associa all’anafora (e perfino a una sua coppia correlata), alla simploche e all’isocòlo.

Per Pierre Fontanier, s’impiegano “più volte gli stessi termini o una stessa costruzione, sia semplicemente per ornare il discorso, sia per esprimere con maggior forza ed energia la passione” (Les figures du discours, 1991, p. 329, in Bice Mortara Garavelli, Manuale di retorica, Bompiani, 1991, p. 196)

Secondo Roman Jakobson, “in una successione di due nomi coordinati, e quando non interferisca un problema di gerarchia, il parlante sente inconsciamente, nella precedenza data al nome più corto, la miglior configurazione possibile del messaggio” (Saggi di linguistica generale, Feltrinelli, 1966, p. 190). Se la interpretiamo con riferimento non a successioni di parole, ma di loro sequenze, possiamo applicare l’osservazione a un passaggio dell’ultima allocuzione di Mario Draghi da capo del governo:

“La vostra è stata la migliore risposta all’appello dello scorso febbraio del Presidente della Repubblica e alla richiesta di serietà [1], al bisogno di protezione [2], alle preoccupazioni per il futuro che arrivavano dai cittadini [3]”.

In effetti, le prime due stringhe (“alla richiesta di serietà” e “al bisogno di protezione”) sono meno estese della terza (“alle preoccupazioni per il futuro che arrivavano dai cittadini”). Una simile peculiarità ricorre pure in altri brani che abbiamo riprodotto.

Un’elaborazione piuttosto accurata, in un’ottica dell’antica arte della persuasione, si intuisce in una dichiarazione di Silvio Berlusconi, che risale alla campagna elettorale del 1996:

“Finalmente è ben chiaro a tutti gli italiani chi sia [Lamberto] Dini. Disse che faceva un governo tecnico e invece l’ha trasformato in un partito [1]; diceva che si sarebbe gettato anima e corpo negli affari europei, ricordate il mito del Semestre intangibile? e invece eccolo tuffarsi nella campagna elettorale [2]. A me aveva detto e ridetto che mai e poi mai sarebbe andato a sinistra: e invece adesso si allea con l’Ulivo [3]”.

Al di là del ritmo ternario, è da notare la duplice anafora, originata dall’iterazione all’inizio di frasi coordinate di una voce del verbo “dire” e dell’avverbio “invece”. Per mezzo dell’iconismo morfologico, dovuto al raddoppiamento di certi vocaboli, si evidenziano la ripetitività (“detto e ridetto”) e l’intensità (“mai e poi mai”). Dall’opposizione tra affermazioni e atti deriva l’accusa d’incoerenza attraverso la tecnica argomentativa dell’incompatibilità, che “consiste – nella definizione di Chaïm Perelman e Lucie Olbrechts-Tyteca – in due asserzioni tra le quali bisogna scegliere, a meno di rinunciare ad entrambe” (Trattato dell’argomentazione. La nuova retorica, Einaudi, 1989, p. 212).

Riguardo all’elencazione di singoli elementi lessicali o di loro gruppi o di frasi, si dimostra assolutamente appropriata una considerazione dei due autori appena menzionati: “Se lo stile rapido è favorevole al ragionamento, lo stile lento crea l’emozione”. Essi hanno poi riportato una riflessione di Giambattista Vico (Delle instituzioni oratorie, p. 87): “Gli oratori stringati e brevi poco penetrano al cuore e meno commuovono” (op. cit., p. 156).

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