Pubblichiamo un articolo di Stefano Spina sul tema della rivincita dell'”impresentabile” De Luca.
Sembrava punta dalla vespa del rancore la Rosy Magamagò, mentre pronunciava quel nome odiato, potente di un consenso popolare impressionante, arrogante, cinico, beffardo, De Luca.
Filosofo, sceriffo e creatore di neologismi, forse anche più di Plauto, il Re di Salerno ha saputo ammaliare le folle con la retorica del buon amministratore affidabile, sardonico amante della bellezza, censore pubblico di “personaggetti”, “cafoni” e “frullini” sugli schermi di LiraTV.
A gamba tesa, nonostante i tanti acciacchi, prova ad entrare lei, ex tra gli ex del bersanismo, rottamata dall’antipolitica prima e dal renzismo poi, forse più degli altri.
Presidente, però, di una Commissione d’Inchiesta tra le più potenti, capace di imprimere per sempre il marchio di impresentabile al nemico numero uno, il populista stracolmo di preferenze, forse incandidabile, di sicuro indigesto.
Rosy entra in scena, con il suo faccione bofonchioso, e spara il nome.De Luca è impresentabile: apocalisse nel PD, ma anche no.Si minimizza, si ridacchia, si ironizza sul livore e si disquisisce amenamente dell’inopportunità politica e vieppiù giuridica della vicenda. Il destino di Magamagò è segnato, Merlino torna a mettere tutto in ordine con uno schiocco di dita.
Renzi la scernisce, De Luca fa la vittima, i campani a frotte corrono a mare. I responsabili, però, no. Vanno alle urne e votano per lo sceriffo. E anche un po’ contro Magamagò.
Il boomerang è stato lanciato a gran velocità: come sempre, non ha perdonato.
Stefano Spina