Il socio Manlio Pisu commenta il discorso che la cancelliera tedesca, Angela Merkel, ha tenuto giovedì 15 settembre a Potsdam in occasione della consegna a Roberto Saviano del premio M100 Media Award, uno dei più prestigiosi riconoscimenti giornalistici in Germania.
Il discorso, a mio parere, è rilevante per almeno due motivi.
Innanzi tutto il fatto che la cancelliera tedesca abbia voluto rendere omaggio in prima persona ad un personaggio come Saviano – icona della lotta alla criminalità organizzata, ma per certi aspetti anche figura controversa – è di per sé significativo. Da ex corrispondente dalla Germania, con anni di esperienza sulla linea di frontiera tra Italia e mondo germanico, ci vedo un messaggio implicito, istituzionalmente garbato e opportunamente criptato, all’indirizzo del governo italiano. Parafrasando Merkel, direi che il senso è: fin quando il controllo del territorio sarà in mano alle cosche criminali, non c’è riforma strutturale che tenga. Non potrà esserci né crescita economica né risanamento dei conti pubblici né riscatto civile. La madre delle riforme strutturali è il recupero del controllo del territorio da parte dello Stato. In assenza di questo presupposto ogni altro sforzo riformatore è destinato a produrre risultati modesti se non irrilevanti.
Questo, nella mia lettura, è il messaggio centrale, che si può cogliere in un cenno, quando Merkel dice che l’universo descritto da Saviano non si trova in una parte qualsiasi del mondo, bensì nel cuore dell’Europa, in una città – aggiungo io, cioè Napoli – che in passato è stata una delle grandi capitali europee, centro di irradiazione di cultura, di eleganza, di civiltà e di modelli di vita positivi.
Il discorso è stato pronunciato in una fase di freddezza dei rapporti bilaterali italo-tedeschi. L’Italia continua a chiedere flessibilità sui conti pubblici, come fa ormai da 25 anni a questa parte, cioè dalla firma del trattato di Maastricht, con cui il nostro Paese si era impegnato, invece, alla disciplina di bilancio. La Germania, da parte sua, non fa che richiamare i benefici di un bilancio pubblico in equilibrio come fondamento di una crescita economica sostenibile nel lungo periodo. La distanza tra Roma e Berlino su questi temi è apparsa in tutta evidenza nel vertice europeo di Bratislava del 16 settembre scorso. Le posizioni tedesche sono state poi ribadite con chiarezza cristallina dal presidente della Bundesbank, Jens Weidmann, in un’intervista a La Stampa.
L’altro motivo per cui mi sembra che l’intervento di Merkel sia particolarmente significativo è il richiamo a Helmut Kohl, in particolare al celebre discorso in cui l’allora cancelliere (era la prima metà degli anni Novanta) non ha esitato a definire l’integrazione europea come “una questione di guerra o di pace nel Vecchio Continente”. Sentire Merkel riprendere vent’anni dopo quelle parole, pronunciate da Kohl in una delle stagioni più entusiasmanti dell’integrazione europea, è – a mio parere – un segno di grandezza, che rivela doti di leadership non comuni in un’Europa che tende pericolosamente verso una deriva populistica e priva di memoria.
Manlio Pisu