Siamo sulla stessa barca

Nello stesso giorno di pioggia, il presidente della Repubblica Sergio Mattarella e papa Francesco sottolineano che i nostri destini di cittadini europei sono uniti, così come lo sono le nostre anime. E anche Giuseppe Conte ricorda che siamo sulla stessa barca

Il 27 marzo i rappresentanti del potere temporale e spirituale hanno parlato alla città, alla nazione e al mondo. Entrambi hanno chiesto unità e solidarietà: stili e scenari diversi, ma argomentazioni simili.

Papa Francesco attraversa piazza San Pietro da solo all’imbrunire. Una scena surreale. È banale dirlo, ma sembra una serie di Sorrentino. Al centro della piazza è stata allestita un’edicola con un leggio trasparente e due microfoni bianchi. Solo alla fine della scalinata, il papa viene accolto dal maestro delle celebrazioni liturgiche. Francesco comincia a parlare. È affaticato, si avverte il suo respiro. Il maestro delle cerimonie intona una pagina del Vangelo di Marco.

Dall’altra parte del Tevere, Sergio Mattarella è nel suo studio, seduto davanti alle bandiere. Un fuorionda erroneamente pubblicato, ne rivela il lato umano: il rammarico per i capelli ribelli per la mancata frequentazione del barbiere in tempi di Covid 19 e la preghiera al suo portavoce Giovanni Grasso di “scegliere una posizione” per non distrarlo durante la lettura.

Francesco riprende l’immagine potentissima del Vangelo. Ci colpisce perché ricorda un modo di dire che usiamo tutti, nel linguaggio comune: “Ci siamo resi conto di trovarci sulla stessa barca, tutti fragili e disorientati, ma nello stesso tempo importanti e necessari, tutti chiamati a remare insieme, tutti bisognosi di confortarci a vicenda”.

La barca di Mattarella si chiama Unione Europea e il presidente della Repubblica ricorda che nessuno ha la possibilità di scegliere una scialuppa, perché siamo tutti legati con un doppio filo: La solidarietà non è soltanto richiesta dai valori dell’Unione ma è anche nel comune interesse”.

Sulla barca di Francesco ci siamo tutti e dipendiamo da persone che un tempo abbiamo notato a malapena. Non solo i medici e gli infermieri, ma anche i cassieri del supermercato che mettono a rischio la propria salute per permetterci di mangiare: “le nostre vite sono tessute e sostenute da persone comuni, solitamente dimenticate”. Perché “nessuno si salva da solo”.

Sulla barca di Mattarella, la stessa barca, si auspica chenessuno sia lasciato indietro”. La politica deve capire che su quella barca non si combatte, altrimenti si va tutti a fondo: “un impegno comune, fra tutti: soggetti politici, di maggioranza e di opposizione, soggetti sociali, governi dei territori”.

La barca è la metafora chiave della pandemia. La cita anche il premier Giuseppe Conte nella conferenza stampa di sabato 28 marzo, dove annuncia i buoni spesa e il soccorso alimentare per chi non ha i soldi per il pranzo e la cena.

Speriamo, a crisi conclusa, che ci ricorderemo della barca e della solidarietà. La nostra unica forma di sopravvivenza.