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Sono un berlinese

Cinquantacinque anni fa, il 26 giugno 1963, il presidente degli Stati Uniti John Fitzgerald Kennedy tenne un discorso a Berlino Ovest, divenuto famoso con il titolo “Io sono un berlinese” e considerato a ragione un capolavoro dell’oratoria politica del Novecento (1).

Cosa rende speciale Ich bin ein Berliner?

Certamente l’impiego degli strumenti della retorica, come la captatio benevolentiae. L’espressione latina, che significa letteralmente “conquista della benevolenza”, indica un tópos, consistente nel tentativo di suscitare un atteggiamento benevolo da parte degli altri. Perciò l’emittente del messaggio manifesta la propria inferiorità; oppure, come nella fattispecie, si rivolge al ricevente con espressioni di apprezzamento. Se ne contano tre occorrenze in posizioni strategiche, una all’inizio, una nella parte centrale e una alla fine:

“Sono orgoglioso di venire in questa città ospite del vostro onorevole sindaco [Willy Brandt], che ha simboleggiato per il mondo lo spirito combattivo di Berlino Ovest. E sono orgoglioso — sono orgoglioso di visitare la Repubblica Federale con il vostro onorevole Cancelliere [ Konrad Adenauer], che da così tanti anni guida la Germania nella democrazia, nella libertà e nel progresso”

“Voglio dire a nome dei miei compatrioti che vivono a molte miglia da qua dall’altra parte dell’Atlantico, che sono distanti da voi, che sono orgogliosi di poter dividere con voi la storia degli ultimi diciotto anni”

“Ogni uomo libero, ovunque viva, è cittadino di Berlino. E, dunque, come uomo libero, sono orgoglioso di dire ‘Ich bin ein Berliner’ [Io sono un berlinese]”.

Quest’ultima autodefinizione è il risultato di un sillogismo, un tipo di ragionamento deduttivo, in cui date due proposizioni, una come premessa maggiore (“Ogni uomo libero è cittadino di Berlino”) e una come premessa minore (“Io sono un uomo libero”), ne deriva una terza come conclusione, come conseguenza logicamente necessaria (“Io sono un berlinese”).

In alcuni momenti emerge una certa empatia, ossia la “capacità di porsi nella situazione di un’altra persona” (Enciclopedia Treccani), come quando JFK afferma: “Non conosco nessun paese, nessuna città, che è stata assediata per diciotto anni e ancora vive con vitalità e forza e speranza e determinazione come la città di Berlino Ovest” e “[Il muro] è, come il vostro sindaco ha detto, una offesa non solo contro la storia, ma contro l’umanità, separa famiglie, divide i mariti dalle mogli, ed i fratelli dalle sorelle, divide le persone che vorrebbero stare insieme”.

I passi più conosciuti e probabilmente caratterizzati da una maggiore incisività sono senza dubbio i seguenti:

“Duemila anni fa, il più grande orgoglio era dire ‘Civis Romanus sum’. Oggi, nel mondo libero, il più grande orgoglio è dire ‘Ich bin ein Berliner’”

“Ci sono molte persone al mondo che non capiscono, o che dicono di non capire, quale sia la grande differenza tra il mondo libero e il mondo comunista. Che vengano a Berlino. Ce ne sono alcune che dicono che il comunismo è l’onda del progresso. Che vengano a Berlino. Ce ne sono alcune che dicono, in Europa come altrove, che possiamo lavorare con i comunisti. Che vengano a Berlino. E ce ne sono anche certe che dicono che, sì, il comunismo è un sistema malvagio, ma permette progressi economici. Che vengano a Berlino”

Nel primo si ricorre all’analogia, l’argomento che consiste in una somiglianza di rapporto, in base alla formula generale A : B = C : D. I due insiemi formano il “tema” e il “foro”. Fra i loro termini simmetrici si attua un riavvicinamento che conduce a un’azione reciproca e soprattutto alla valorizzazione o alla svalutazione dei primi (2): più precisamente si valorizzano gli abitanti della città tedesca e i popoli che hanno conquistato la libertà, in quanto assimilati rispettivamente ai cittadini di Roma nell’antichità e alla sua grandezza.

Da questa tecnica argomentativa deriva la similitudine, cioè il confronto tra due immagini, nelle quali si colgono aspetti somiglianti e quindi paragonabili. Comprende tre elementi: il “tenore” (ciò di cui si parla: l’essere berlinesi), il “veicolo” (ciò a cui è paragonato: l’essere nell’antichità cittadini romani) e il “terreno comune” (il carattere proprio di entrambi: la fierezza) (3).

L’efficacia del contenuto del secondo estratto dipende dal ricorso a un’altra forma di argomentazione: il caso invalidante o exemplum in contrarium, “che – hanno osservato Chaïm Perelman e Lucie Olbrechts-Tyteca – impedisce una generalizzazione indebita dimostrandone l’incompatibilità con quello e che indica dunque quale sia la sola direzione ammessa per la generalizzazione” (4). Nella fattispecie si rende impossibile l’espressione di un giudizio positivo sul comunismo, perché è inconciliabile con la condizione di Berlino.

Inoltre si raggiunge una particolare intensità espressiva grazie alla simploche, costituita dalla combinazione di anafora (ripetizione di una o più parole all’inizio di due o più frasi successive: “Ci sono” o “Ce ne sono”) ed epifora (ripetizione di una o più parole alla fine di due o più frasi successive: “Che vengano a Berlino”). Tale procedimento stilistico, come tutti quelli contraddistinti dall’iterazione, svolge la funzione di figura della presenza, avendo “per effetto di rendere attuale alla coscienza l’oggetto del discorso” (5). Così l’emittente del messaggio attira o ravviva l’attenzione del ricevente e rafforza l’idea che vuole esporre.

La retorica ripetitiva, secondo Mario Wandruszka, “in America ha radici molto profonde: nel sermone puritano e nel discorso pubblico della nascente democrazia”, nei quali, con la ripetizione delle “parole più povere”, si persegue “una voluta semplicità, una finta ingenuità” (6).

John Fitzgerald Kennedy è stato considerato un modello di politico “visionario”, nel senso più elevato di “lungimirante”, se non addirittura di “profetico”. Una conferma si trova in due passi della sua allocuzione del 26 giugno 1963 a Berlino Ovest:

“Consentitemi di chiedervi, come amico, di alzare i vostri occhi oltre i pericoli di oggi, verso le speranze di domani, oltre la libertà della sola città di Berlino, o della vostra Germania, per promuovere la libertà ovunque, oltre il muro per un giorno di pace e giustizia, oltre voi stessi e noi stessi per tutta l’umanità”.

“La libertà è indivisibile e quando un solo uomo è reso schiavo, nessuno è libero. Quando tutti saranno liberi, allora immaginiamo, possiamo vedere quel giorno quando questa città come una sola e questo paese, come il grande continente europeo, sarà in un mondo in pace e pieno di speranza. Quando quel giorno finalmente arriverà, e arriverà, la gente di Berlino Ovest sarà orgogliosa del fatto di essere stata al fronte per quasi due decadi”.

Il presidente americano riusciva perfino a infondere una simile qualità nella gente, al punto che Richard Nixon, suo avversario nelle elezioni presidenziali del 1960, fu costretto a riconoscere con rincrescimento: “Quando l’America guarda Kennedy, vede ciò che vorrebbe essere. Quando guarda me, si vede per quello che è”.

Guarda il video nella sezione reto-discorsi

NOTE

(1) Si è seguita la traduzione riportata in www.myenglishschool.it/magazine/2015/11/24/ich-bin-ein-berliner/

(2) Sul ragionamento per analogia si veda CHAΪM PERELMAN, LUCIE OLBRECHTS-TYTECA, Trattato dell’argomentazione. La nuova retorica, Einaudi, 2013, pp. 404-445.

(3) ANGELO MARCHESE, Dizionario di retorica e di stilistica, Mondadori, 1978 e BICE MORTARA GARAVELLI, Manuale di retorica, Bompiani, 1991.

(4) CHAΪM PERELMAN, LUCIE OLBRECHTS-TYTECA, op. cit., p. 386.

(5) CHAΪM PERELMAN, LUCIE OLBRECHTS-TYTECA, op. cit., p. 189.

(6) MARIO WANDRUSZKA, <Repetitio e variatio>, in AA.VV., Attualità della retorica. Atti del I Convegno italo-tedesco (Bressanone, 1973), Liviana, 1975, p. 110.