Tecniche argomentative di Carlo Calenda

La retorica del leader di Azione

In occasione delle elezioni politiche del 25 settembre, qualche partecipante – solitamente ciò avviene in simili circostanze – ha utilizzato l’argumentum ad personam nei confronti dei competitori. Tanto per cambiare, l’ha fatto Silvio Berlusconi. Intervenendo a un evento elettorale, dopo aver ricordato le sue precedenti esperienze di imprenditore e di uomo di governo, ha rilevato, riferendosi probabilmente perfino ai suoi alleati Giorgia Meloni e Matteo Salvini: “Tutti gli altri in campo sono solo dei professionisti della parola, dei professionisti della politica, che vivono con lo stipendio della politica e in tutta la loro vita non hanno mai lavorato” (1).

Chaïm Perelman e Lucie Olbrechts-Tyteca lo definiscono “un attacco contro la persona dell’avversario, mirante essenzialmente a squalificarlo”. A loro parere, “il consiglio di confutare il proprio avversario per mezzo di attacchi ad personam […] rischierebbe il più delle volte di far perdere la considerazione a chi lo applichi”, giacché diminuisce “il credito di qualsiasi argomentazione che si allontani dal soggetto e attacchi l’avversario piuttosto che il suo punto di vista” (Trattato dell’argomentazione. La nuova retorica, Einaudi, 2013, pp.121 e 345-346. D’ora in avanti CP, LO-T, TA).

Tra quanti – comunque con uno spirito polemico – in genere hanno impiegato più correttamente le armi dell’antica arte della persuasione, si è distinto Carlo Calenda, per limitarci a un candidato alla sua prima prova a capo di una coalizione. Per mettere in cattiva luce gli antagonisti e nel contempo per accreditare sé stesso e il suo schieramento, è ricorso al logos, lo strumento di ordine razionale, che, nella spiegazione di Olivier Reboul, è caratterizzato dalla “attitudine a convincere grazie alla sua apparenza di logicità e al fascino del suo stile” e “concerne l’argomentazione propriamente detta del discorso” (2). È costituito quindi da ragionamenti, che servono a suffragare una tesi.

Alcune risposte del segretario di “Azione” ai quesiti di un giornalista sono incentrate sull’argomento pragmatico. Esso “permette di valutare un atto o un evento in funzione delle sue conseguenze favorevoli o sfavorevoli” e “ha una funzione talmente essenziale nell’argomentazione, che certuni hanno voluto vedervi lo schema unico della logica dei giudizi di valore: per apprezzare un evento bisogna partire dai suoi effetti” (CP, LO-T, TA, p. 288).

In proposito ecco tre estratti, che contengono pure rispettivamente la domanda retorica, il luogo dell’irreparabile e il rapporto tra i fini e i mezzi:

“Con certe proposte che si sono sentite in questa campagna, qualcuno si stupisce se all’estero hanno ricominciato a vendere massicciamente i nostri titoli di Stato?”.

“Le assicuro che quello che sta succedendo nei mercati in questi giorni è molto preoccupante, i fondi internazionali stanno vendendo titoli italiani terrorizzati dagli annunci su tasse e spese che disconoscono i programmi e gli impegni del Pnrr”.

“Dobbiamo ripristinare la reputazione dell’Italia, compromessa dal voto di sfiducia a Draghi da parte di Berlusconi, Salvini, Conte e Fratoianni. Per un Paese che vive di made in Italy e di sostegno europeo al debito e allo spread la reputazione è essenziale” (3).

La domanda retorica è una frase interrogativa, diretta o indiretta, particolare. Non presuppone, infatti, una reale mancanza di informazione, ma attraverso di essa si richie­de un assenso o un diniego o comunque una replica già implicita e dunque l’esclusione delle discordanti. Così l’emittente del messaggio esprime un’opinione, sebbene in maniera velata, senza assumersene la responsabilità e senza imporla al ricevente. Comunque, sforzandosi di coinvolgerlo nel dialogo, cerca di modificarne l’atteggiamento, di orientarlo nella direzione voluta e di ottenerne il consenso. Gli autori del Trattato dell’argomentazione la classificano tra le figure della comunione, “con le quali l’oratore si sforza di far partecipare attivamente l’uditorio alla sua esposizione, prendendolo a parte di essa, sollecitando il suo concorso” (CP, LO-T, TA, p. 193). Per Pierre Fontanier, “l’interrogazione consiste nell’assumere il costrutto interrogativo, non per segnalare un dubbio o provocare una risposta, ma al contrario per indicare la più alta persuasione e mettere in guardia coloro a cui si parla dal tentare di negare o persino di rispondere”. Inoltre “è atta a esprimere la meraviglia, il dispetto, l’indignazione, la paura, il dolore, tutti gli altri moti dell’animo e viene utilizzata per deliberare, per provare, per descrivere, per accusare, per biasimare, per incitare, per incoraggiare, per dissuadere, in definitiva per gli scopi più diversi” (4). Possiamo pertanto considerarla anche una figura del pathos, il mezzo persuasivo di ordine affettivo indispensabile per suscitare sentimenti. Nell’ottica della linguistica pragmatica, è un atto linguistico indiretto: presenta uno scopo apparente (interrogare) e uno reale (affer­mare).

Relativamente al luogo dell’irreparabile, “la forza argomentativa legata alla sua evocazione può avere un valore folgorante”, perché “determina timore nell’uomo” (CP, LO-T, TA, pp. 99-100). Nello specifico, si raggiunge l’obiettivo con i vocaboli “preoccupante” e “terrorizzati”.

Nel terzo brano si evidenzia “un’azione reciproca fra i fini che si perseguono e i mezzi messi in opera per attuarli” (CP, LO-T, TA, pp. 296-297). Più precisamente, si sottolinea il trasferimento dell’importanza dal fine (il “made in Italy” e il “sostegno europeo al debito e allo spread”) al mezzo (“la reputazione”).

Il riferimento all’irreparabilità offre lo spunto per registrare che con il sostantivo “luogo” (spesso associato all’aggettivo “comune”, ma non necessariamente nell’accezione negativa di “frase fatta”) si indica un’idea che permane nella memoria collettiva e, nonostante il suo frequente impiego, continua a mantenere la sua capacità di convinzione (5).

Quelli dell’esistente “affermano la superiorità di quanto esiste, di quanto è attuale, di quanto è reale sul possibile, l’eventuale, l’impossibile” (CP, LO-T, TA, p. 102). Di uno si giova Carlo Calenda in un passo successivo:

“Basta allo spettacolo di Letta e Meloni che come Sandra o Raimondo chiedono di confrontarsi solo fra di loro, in nessuna democrazia occidentale viene consentito a due dei quattro leader politici di decidere il formato dei confronti”.

Nella classificazione di Chaïm Perelman e Lucie Olbrechts-Tyteca, i luoghi rappresentano una “base dell’argomentazione”, un “oggetto di accordo” preliminare, costituito da ciò che è ammesso dall’uditorio e sfruttato dall’oratore per ottenerne l’adesione, giacché – ha constatato Olivier Reboul – “è impossibile che l’uno si rivolga all’altro se tra loro non c’è […] un minimo di intesa” (6).

In tali premesse rientrano le presunzioni. “Si può presumere, fino a prova contraria, che l’atteggiamento precedentemente adottato – opinione espressa, condotta prescelta – continuerà in  avvenire, sia per il desiderio di coerenza, sia per forza di abitudine”. Inoltre “la ripetizione di una stessa condotta non dev’essere giustificata, contrariamente a quanto succede per la deviazione e per il cambiamento” (CP, LO-T, TA, pp. 114-115 e  395).

Il discorso è scivolato quindi sulla strategia del “precedente”. A una domanda del giornalista (“Ha visto i sondaggi che la riguardano? Non sono così lusinghieri”) il segretario di “Azione” ha ribattuto:

“Tutti i sondaggi ci danno in crescita, il sondaggista Noto ci dà fra il 7 e 8%, ricordo che a Roma prima delle elezioni comunali ci davano al 5,9 e abbiamo preso il 19,8 diventando il primo partito. Possiamo farlo anche in Italia”.

Inoltre ha fondato una riflessione sul caso particolare, più esattamente sull’esempio:

“Il centrodestra è già a pezzi: basta guardare le dichiarazioni di Berlusconi che chiede il ritorno di Draghi”.

Olivier Reboul ha rilevato: “Secondo Aristotele, ci sono solo due tipi, e due soltanto, di strutture argomentative: l’esempio, che va dal particolare al generale, dal fatto alla regola, ed è dunque un’induzione; e l’entimema, che va dal generale al particolare, e che è dunque una deduzione” (7).

In pratica si procede da “Berlusconi chiede il ritorno di Draghi” (un particolare, un fatto) a “il centrodestra è già a pezzi” (il generale, la regola).

Ernst Robert Curtius ha rammentato che exemplum (paradeigma) è un termine tecnico della retorica classica a partire da Aristotele e significa ‘narrazione addotta come dimostrazione’” (8).

Il temperamento battagliero dell’europarlamentare di “Siamo Europei” relativamente agli avversari emerge pure nei seguenti brani, in cui è evidente l’accusa d’incoerenza:

“Abbiamo un governo limitato agli affari correnti per colpa di chi lo ha fatto cadere. Oggi tutti chiedono a Draghi di intervenire [contro il caro-energia], anche quelli che lo hanno sfiduciato”.

“Forza Italia, Meloni, Lega erano contro le trivelle. Oggi chiedono più produzione nazionale. Ieri chiedevano di chiudere i pozzi già attivi” (9).

Ci si avvale dell’incompatibilità, “che assomiglia ad una contraddizione, in quanto consiste in due asserzioni tra le quali bisogna scegliere, a meno di rinunciare ad entrambe” (CP, LO-T, TA, p.212).

Carlo Calenda si è ispirato ancora a essa, rispondendo a un quesito postogli da un redattore del quotidiano della Conferenza episcopale italiana: “Se le elezioni le vincesse nettamente il centrodestra o il centrosinistra, quale dei due durerebbe di più al governo?”.

“Nessuno dei due. Se vince la sinistra, Letta dovrebbe fare un governo con M5S, Verdi, Si, Cottarelli… Non potrebbero votare su un solo tema senza dividersi, non sono d’accordo su nulla. Se vince la destra, che cosa fa? Va con Orbán, come vuole Meloni, o con Von der Leyen come Berlusconi? E Salvini che cosa farà, quando ci sarà da prendere una posizione sulla Russia? Sono pieni di contraddizioni, non durano un minuto”.

Nella medesima intervista (10) si contano tre occorrenze del già analizzato argomento pragmatico (la prima si riferisce a un recente passato e le ultime due a un futuro immediato):

“Vorrei ripristinare interamente Impresa 4.0, che aveva portato l’Italia a crescere in termini di ricerca, innovazione, produzione industriale ed export più della Germania”.

“Bisogna completare il lavoro che ha iniziato Draghi, possibilmente tenendo Draghi a Palazzo Chigi. Si può fare solamente se noi prendiamo tra il 10 e il 15%, perché a quel punto blocchiamo la formazione di ogni altro governo, stacchiamo le ali estreme e andiamo avanti”.

“Cerchiamo di spiegare agli italiani che, per una volta, possono dare un voto ‘per’ fare un’Italia normale e seria, e non ‘contro’ qualcuno”.

Il ragionamento in questione, in polemica con il centrodestra, è stato utilizzato nuovamente in un successivo colloquio con una giornalista (11):

“È una coalizione che promette 180 miliardi di deficit, quindi gli italiani devono avere chiaro che votando per loro questo Paese tra quattro mesi è nelle stesse condizioni in cui era nel 2011”.

Nello specifico, coincide con il luogo – se n’è già parlato – dell’irreparabile. Ecco un ulteriore passo, dove si tende a suscitare preoccupazione e inquietudine:

“Questa è davvero l’ultima occasione: se facciamo andare via Draghi non avremo più nessuno e quello che succederà nei prossimi mesi sarà il più grande caos economico sociale e finanziario che il Paese abbia sperimentato nella sua storia. Quindi chiedo che gli italiani votino molto consapevolmente non per simpatie, antipatie, rabbia o rancore, perché questa volta ci facciamo del male come non ci siamo mai fatti prima”.

Nell’estratto il concetto dell’irreparabilità si associa alla nozione dello spreco (più precisamente, nella sua variante di opportunità da non perdere). Tale prova che si adduce a sostegno di una tesi, nella formulazione di Chaïm Perelman e Lucie Olbrechts-Tyteca, “consiste nel dire che, dal momento che si è incominciato un’opera e accettato sacrifici che andrebbero persi in caso di rinuncia all’impresa, bisogna continuare nella stessa direzione” (CP, LO-T, TA, p. 302).

Secondo gli autori or ora citati, “l’argomentazione non potrebbe procedere di molto senza ricorrere a paragoni, nei quali diversi oggetti siano posti a confronto per essere valutati l’uno in rapporto all’altro” (CP, LO-T, TA, p. 262).

Ciò avviene a un certo punto del dialogo tra l’intervistatrice e l’intervistato:

D.: “Governo a parte, la prossima legislatura non dovrà avviare anche le riforme, quella istituzionale e quella elettorale? È da anni che se ne parla”.

R.: “Guardi, il prossimo anno noi avremo la recessione, l’inflazione, il costo dell’energia e i tassi alti. Il prossimo è quindi un anno in cui il Paese va salvato. Non ci sarà altro a cui pensare che questo”.

D.: “E dunque?”

R.: “Dunque tutte le discussioni che stiamo facendo adesso su amenità varie non esisteranno più. Esisterà solo una grave emergenza nazionale che può essere gestita da Mario Draghi o da Giorgia Meloni. Fine della discussione”.

Resta sottinteso che la presidente di “Fratelli d’Italia”, rispetto all’ex governatore della Banca d’Italia e della Banca centrale europea, possiede minori competenze per guidare lo Stato in una simile congiuntura.

Nel seguente brano, con un tono più sarcastico si evidenzia un contrasto tra il presidente del Movimento 5 Stelle e un famoso armatore e politico napoletano:

“Noi porteremo gli altri partiti a fare i conti con la realtà, dopo una campagna elettorale fatta di grandissime balle e assistenzialismo. Con Giuseppe Conte che si comporta come Lauro, con la differenza che Lauro quei soldi ce li metteva lui, invece Conte li fa mettere agli italiani, cioè ai lavoratori, agli insegnanti, alle infermiere, alle forze dell’ordine”.

Una funzione argomentativa h perfino peculiari forme espressive. Tra di esse, la definizione retorica “utilizza la struttura della definizione non per fornire il senso di una parola, ma per dar rilievo ad alcuni aspetti di una realtà che rischierebbero di rimanere oscuri”. È una figura della scelta, perché “l’effetto o uno degli effetti […] è quello di imporre o suggerire una scelta” (CP, LO-T, TA, p. 187).

Così l’ha impiegata l’ex ministro dello sviluppo economico (nella prima occorrenza, una normale definizione sarebbe potuta essere “Azione-Iv è una coalizione di centro”. Invece in poche righe si riassume in sostanza una buona parte del programma):

“Chi sceglie Azione-Iv sceglie una collocazione internazionale fortemente europeista, l’idea che non si fanno scostamenti di bilancio come se niente fosse, l’esigenza di fare infrastrutture indispensabili per la sicurezza nazionale come termovalorizzatori e rigassificatori, ma anche il salario minimo perché è una barbarie che ci siano persone che lavorano per meno di 9 euro l’ora”.

“Integrazione, inoltre, vuol dire anche la legge sullo Ius scholae: chi studia in Italia può diventare cittadino italiano” (12).

Un ulteriore procedimento, di cui si avvale Carlo Calenda, è l’iperbole: “Berlusconi e Salvini, pur di non vedere Meloni presidente del consiglio, manderebbero al governo anche Marco Rizzo” (13).

Nella spiegazione di Pierre Fontanier, “accresce o diminuisce le cose con l’eccesso e le presenta ben al di sopra o ben al di sotto di quello che esse effettivamente sono”. Olivier Reboul, riportandola, ha aggiunto che l’esagerazione ha lo scopo “non di ingannare, ma di condurre alla verità stessa e di fissare, attraverso ciò che la figura dice di incredibile, ciò che bisogna effettivamente credere” (14).

Note

(1) affaritaliani.it, 27 agosto 2022.

(2) Olivier Reboul, Introduzione alla retorica, Il Mulino, 1996, pp. 36, 70.

(3) Corriere della Sera, 21 agosto 2022, p. 7.

(4) Pierre Fontanier, Les figures du discours, 1991, pp. 368-370, in Olivier Reboul, op. cit., p. 172.

(5) “Luogo” è la traduzione del greco tópos. Il plurale tópoi designava originariamente le sedi, dove sono conservate le componenti dell’argomentazione.

(6) Olivier Reboul, op. cit., p. 182.

(7) Olivier Reboul, op. cit., p. 193.

(8) Ernst Robert Curtius, Letteratura europea e Medio Evo latino, La Nuova Italia, 1992, pp. 69 e 70.

(9) Corriere della Sera, 29 agosto 2022, p. 5.

(10) avvenire.it, 13 agosto 2022.

(11) Corriere della Sera, 24 settembre 2022. p. 9.

(12) avvenire.it, 13 agosto 2022.

(13) Corriere della Sera, 24 agosto 2022, p. 8. Marco Rizzo è il segretario generale del Partito Comunista.

(14) Pierre Fontanier, op. cit., p.123 e Olivier Reboul, op. cit., p. 146.

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