Come usare il linguaggio del corpo nel public speaking: segnali, gesti ed esempi
Cos’è il linguaggio del corpo e perché è così importante saperlo usare quando parliamo in pubblico? Come possiamo curare il linguaggio del corpo quando pronunciamo un discorso? Come interpretare i segnali ed i gesti della comunicazione non verbale? In questo articolo affronteremo un tema chiave del public speaking (che noi chiamiamo “retorica”!). Daremo indicazioni per governare i gesti, la mimica facciale, la postura, la distanza rispetto al pubblico e i movimenti sul palco.

Cos’è il linguaggio del corpo: definizione
Quando si parla di linguaggio del corpo ci si riferisce alla comunicazione non verbale e alla comunicazione paraverbale, quella che nel canone della retorica viene chiamata actio. La prima riguarda i gesti dell’oratore, la mimica facciale, la postura e la gestione dello spazio; mentre la seconda riguarda il tono della voce, la frequenza, il ritmo, le pause e i silenzi.
In questo articolo ci concentriamo sugli atti comunicativi legati ai movimenti del corpo. Cercheremo di capire insieme quali sono i segnali e i gesti del linguaggio del corpo e cosa significano. Parleremo dei movimenti da fare e di quelli da evitare nel public speaking, ossia quando parliamo in pubblico.
Perché il linguaggio del corpo è importante
Il linguaggio del nostro corpo è importante perché comunica almeno quanto le parole. Ha inoltre il potere di amplificarne l’effetto, ma anche di stravolgerlo o ucciderlo. Molte persone, quando parlano in pubblico, non sanno dove guardare, dove mettere le mani o dove posizionarsi su un palco o nello spazio a loro disposizione in un’aula.
Tanti, troppi insegnanti a scuola spiegano la lezione seduti dietro alla scrivania, perdendo il contatto comunicativo con la classe. Tanti, troppi manager, seduti al tavolo degli oratori in un convegno, rispondono solo al moderatore che gli ha posto la domanda, dimenticando che c’è un pubblico che ha diritto di essere coinvolto. Tanti, troppi accademici espongono un proprio studio ricercando lo sguardo del collega più importante e temuto, ignari del fatto che non è sempre una buona mossa dare troppo potere a una sola persona, facendogli credere che dipendiamo dal suo giudizio.
Forse è così, ma è sempre bene evitare di mettere da soli il capo sul ceppo, offrendo a qualcuno l’ascia e il permesso di usarla.
Gli obiettivi del linguaggio del corpo nel public speaking
Il linguaggio del corpo nel public speaking è funzionale a sottolineare quello che vogliamo comunicare al pubblico. Il nostro corpo lo aiuta a capire o ne fa risuonare le emozioni. L’obiettivo di gestire in modo corretto il linguaggio del corpo è anche quello di governare la nostra ansia e la glossofobia.
Gesticolare, ci aiuta a dare il ritmo alle parole; guardare il pubblico è funzionale a renderci più naturali, facendo vedere che quella cosa la stiamo veramente raccontando a qualcuno e non è una lezione imparata a pappagallo; muoverci nello spazio, può essere un modo per scaricare la tensione. Il problema è capire come possiamo farlo senza perdere il controllo e come armonizzare i nostri movimenti. All’inizio sembra difficile. Ma è esattamente come quando impariamo a guidare. Con una mano dobbiamo tenere il volante, con l’altra cambiare la marcia e con i piedi manovrare la frizione e l’acceleratore. All’inizio sembra impossibile fare tutte questi gesti insieme, ma più velocemente di quello che possiamo immaginare diventano gesti automatici: il corpo impara. La stessa cosa succede con il public speaking.
Il significato del linguaggio del corpo: è universale?
È importante sottolineare che alcuni gesti del linguaggio del corpo assumono significati diversi nelle culture e nei contesti di riferimento. Le corna in Italia indicano che riteniamo che la persona di fronte a noi sia tradita in amore, mentre se le facciamo a un concerto rock, allargando il pollice, intendiamo dire “love” o “rock on”, ossia “facciamo rock”. Sono diffuse le immagini di Winston Churchill che imita la V di “vittoria” con le dita alzate. Ne troviamo versioni con il palmo girato verso di sé e con il palmo girato verso il pubblico. Questa seconda versione può significare un insulto, che poteva essere un messaggio verso i tedeschi. Cambiano anche i modi per dire sì e no: “In Bulgaria se una persona agita la testa a destra e sinistra ci sta dicendo di sì, mentre per dire no bisogna mimare il nostro modo di dire sì. Insomma, funziona tutto alla rovescia”. Insomma, se siamo in un paese che non conosciamo bene, prima di fare gesti dei quali non siamo sicuri, meglio chiedere oppure scusarsi in anticipo per la nostra “ignoranza”, mettendo in campo una excusatio propter infirmitatem. La retorica ha una soluzione per tutto.
Linguaggio del corpo: esempi nel public speaking
Quali sono alcuni esempi di linguaggio del corpo efficace? Se andiamo alla storia del ‘900, vediamo come un dittatore, Benito Mussolini, avesse studiato nel dettaglio un linguaggio del corpo assolutamente inconfondibile, adatto sia a essere identificato dalla piazza gremita sia a essere riprodotto sugli schermi del cinema. Se osserviamo i filmati, vediamo il duce che sottolinea le sue parole gonfiando il petto, portando i pugni alla cintura, facendo vedere il profilo con il labbro in evidenza. Un modo di recitare il discorso estremamente teatrale e volutamente esasperato. Il suo linguaggio del corpo sembra quello di un orango che vuole dimostrare al nemico la sua potenza.
Prendendo un altro esempio negativo, anche Adolf Hitler studia il suo linguaggio del corpo. Fanno parte della sua cifra stilistica il braccio teso con la mano a taglio, che sale e scende per dare il ritmo alla sua voce che suona come carta vetrata e, in alternativa, i pugni stretti, agitati che lo fanno sembrare un bambino arrabbiato. L’aggressività del gesto viene inoltre resa estrema quando il Führer indica verso il pubblico con il dito indice e il braccio teso. Gesti che risultano estremamente aggressivi. Sul linguaggio dei dittatori abbiamo creato il format teatrale “Come parla il perfetto dittatore”.
Cambiamo completamente stile e personaggio. Con ben altre intenzioni, era consapevole dell’importanza del linguaggio del corpo anche Winston Churchill quando, al Fulton College negli Stati Uniti, nel 1946 pronuncia quello che è passato alla storia come “Il discorso della cortina di ferro”. Vestito con una toga, allarga le braccia come se fosse l’incarnazione novecentesca di Cicerone. Se vuoi saperne di più sulla comunicazione dei personaggi storici del ‘900, ascolta il podcast XX Discorsi di Carlo Greppi e Flavia Trupia per Audible.
Come curare ed interpretare il linguaggio del corpo quando si parla in pubblico
E ora veniamo a noi: quali sono i gesti ed i segnali della comunicazione non verbale? Come curarli ed interpretarli? A differenza della comunicazione scritta, il public speaking necessita di tenere in considerazione i segnali del corpo. Diamo qualche suggerimento pratico per gestire il linguaggio del corpo quando parliamo in pubblico.
Parlare seduti o in piedi
Se possibile, cerchiamo sempre di parlare in piedi e non dietro a un tavolo o a un podio. Questo ci permette di avere a disposizione l’intero corpo per comunicare con il pubblico. Anche se siamo in una sala riunioni dove tutti sono seduti, possiamo dichiarare all’inizio che preferiamo fare la nostra presentazione stando in piedi. Questa posizione ci permetterà di “dominare” la scena e di catturare l’attenzione dei presenti con maggiore facilità. Se, invece, ci “costringono” dietro a un tavolo dei relatori, cerchiamo di dimostrare ugualmente la nostra energia, con la parte del corpo visibile. Sediamoci sulla punta della sedia e non appoggiamo la schiena allo schienale. Mostriamo che il nostro corpo è attivo e pronto, anche se non è totalmente visibile. L’oratore deve essere sempre energico, altrimenti il pubblico si sente in dovere di staccare la spina dell’attenzione.
Gestione dello spazio
Se parliamo in piedi su un palco, pensiamo che la superficie sulla quale ci troviamo sia come una piccola barca. Se stiamo troppo da una parte o dall’altra, imbarchiamo acqua. Troviamo dunque il centro del palco, che possiamo anche contrassegnare con un punto di riferimento come un segno per terra o un leggio. Questo non vuol dire però che dobbiamo essere piantati in quel punto. Dobbiamo piuttosto fare incursioni a destra, a sinistra e in avanti, ma sempre tornare al centro.
Molti oratori inesperti, infatti, tendono a posizionarsi su un lato e non muoversi più da quella postazione. In questo modo si rischia di escludere una parte di pubblico. Se invece stiamo mostrando una presentazione, possiamo scegliere un lato per evitare di “impallarla”, ossia di nasconderne una parte con il nostro corpo. Tuttavia, anche in questo caso dobbiamo trovare il centro del cono laterale che abbiamo scelto e muoverci a destra, a sinistra e in avanti, facendo attenzione a tornare sempre “a casa”, ossia al punto di partenza.
Occhi
L’oratore deve “timbrare” con gli occhi lo sguardo di tutti i componenti dell’uditorio. Di solito tendiamo a guardare solo quello che sta in prima fila e ci fa sì con la testa. La persona che annuisce ci rassicura e diventa subito il nostro “cocchetto”. Al contrario, siamo portati a evitare di incontrare lo sguardo dei distratti o di quelli che hanno un aspetto che, in quel momento, ci sembra ostile. È un errore. I nostri occhi devono essere coraggiosi e accoglienti. Dobbiamo cercare di creare un filo di comunicazione con tutti i componenti dell’uditorio, uno per uno.
Mimica facciale
Se vogliamo imparare a gestire la mimica facciale nel public speaking, guardiamo Michelle Obama. Senza dubbio è la numero uno. Nel gennaio 2017, nel suo ultimo discorso come first lady degli Stati Uniti, si rivolge ai giovani.
“Se voi o i vostri genitori siete immigrati (immigrants), sappiate che appartenete a una fiera tradizione americana: la mescolanza tra nuove culture, talenti, idee, generazioni. Questo ci ha reso il più grande Paese sulla Terra”. Michelle alza le sopracciglia quando dice “immigrants”, per sottolineare la parola.
“Se i vostri genitori non hanno molti soldi, ricordate che moltissima gente in questo Paese, inclusi io e mio marito, abbiamo iniziato (started out) con molto poco”. Michelle accenna un sorriso quando pronuncia “started out”, come se ricordasse il suo passato con orgoglio e un pizzico di malinconia.
“Ma con un sacco di duro lavoro e una buona istruzione tutto è possibile, anche (even) diventare presidente”. Michelle sorride quando dice “even”.
“Questo diritto deve essere guadagnato (earned) ogni singolo giorno”. Michelle scuote la testa in particolare quando pronuncia “earned” ma il gesto si espande all’intera frase.
Al contrario, il volto di papa Ratzinger, nel suo discorso di dimissioni in latino del febbraio 2013, non tradisce nessuna emozione. Anche i prelati accanto a lui sembrano accogliere nella totale indifferenza una delle notizie più incredibili di sempre.
“Per questo, ben consapevole della gravità di questo atto, con piena libertà, dichiaro di rinunciare (renuntiare) al ministero di Vescovo di Roma, Successore di San Pietro”.
Cambiando completamente personaggio e situazione, un altro volto senza espressione è quello di Vladimir Putin. Nella sua dichiarazione di guerra all’Ucraina del febbraio 2022, non mostra alcuna emozione. Sembra un impiegato che sta svogliatamente facendo una relazione dei lavori che ha svolto durante la settimana.
Mani e braccia
Noi italiani gesticoliamo molto e ce ne vergogniamo. Invece gesticolare è un formidabile strumento di comunicazione, ed uno dei più importanti mezzi nel linguaggio del corpo. La domande che sorge spontanea è: quando parliamo in pubblico, come possiamo gesticolare senza sembrare degli esagitati o delle macchiette della commedia dell’arte? La risposta è semplice, in teoria. Non è così facile metterla in pratica, ma con l’allenamento si ottengono ottimi risultati. Il segreto è gesticolare in modo “organico al discorso”, cioè seguendo con le mani quello che stiamo dicendo.
Ne vediamo un esempio nel discorso di Danish Dhamani “How I Overcame My Fear of Public Speaking” per TEDxKids.
Danish Dhamani accompagna con le mani i concetti che espone. Abbiamo realizzato una sorta di “fotoromanzo”, per mostrare come il corpo segue le parole. Danish racconta de suo spaesamento il primo giorno in una nuova scuola. La sua famiglia si era trasferita dal Pakistan alla Tanzania. Mentre era intento a scrivere su un quaderno, sperando di passare inosservato, la maestra gli chiede di alzarsi e presentarsi alla classe. Danish entra nel panico e dimentica il suo nome. La classe lo guarda e ride e lui comincia a piangere.


Mani in tasca
Comunemente si dice che le mani di una persona che parla in pubblico non devono essere mai nelle tasche. In linea di massima è vero, ma si possono fare eccezioni a seconda di quello che vogliamo comunicare. Vediamo alcuni esempi tratti dal linguaggio de corpo di personaggi famosi.
Matteo Renzi, nel suo discorso sulla fiducia in Senato del 24 febbraio 2014, in un momento del discorso mette una mano in tasca e ostenta sicurezza.

Tiziano Ferro, nel discorso “Le parole hanno un peso” contro lo hate speech, le manifestazioni di odio on line, parla con entrambe le mani in tasca, comunicando disincanto rispetto al tema emotivo che sta trattando.
Postura
I manuali dicono che, quando parliamo in pubblico, dovremmo stare con le spalle aperte, il corpo rivolto verso l’uditorio e non dovremmo toccarci la faccia, grattarci la testa o giocare con i capelli. Sono suggerimenti corretti. Ma alcuni oratori hanno fatto del rompere questa regola il proprio marchio di fabbrica. Roberto Saviano gira le spalle mettendosi di tre quarti rispetto al pubblico, inclina la testa e spesso si tocca la barba. Maurizio Crozza lo imita alla perfezione. Tuttavia questo “difetto” ha reso unico il suo linguaggio del corpo.

Piedi e gambe
Molti oratori tendono a “fare il pendolo”, a ondeggiare spostando il corpo da un piede all’altro. È un modo per scaricare l’ansia. Altri invece tendono a incrociare le gambe, mettendo un piede davanti all’altro, comunicando la propria insicurezza. Le gambe invece devono essere aperte come il bacino. I piedi piantati a terra. Poi, mentre parliamo, possiamo muoverci andando verso il pubblico, ma sempre tornano nel nostro punto centrale e rimettendo i piedi paralleli.
Come usare il linguaggio del corpo in modo mirato
Abbiamo visto alcuni esempi che ci possono aiutare ad attribuire un significato ai gesti del corpo. L’obiettivo è sfruttare il linguaggio del corpo in modo mirato. Cerchiamo dunque di seguire le regole: “timbrare” gli occhi dei componenti dell’uditorio, muovere le mani e le braccia in modo organico rispetto a quello che diciamo, non fare il pendolo ondeggiando sulle gambe e così via. Ma se non riusciamo a liberarci di un difetto, possiamo sempre trasformarlo in un nostro tratto distintivo. Una nostra personale cifra stilistica.
Libri e articoli sul linguaggio del corpo
In conclusione, per approfondire l’importanza del linguaggio del corpo per una comunicazione efficace, ecco una lista di libri sul linguaggio del corpo e l’interpretazione della comunicazione non verbale:
- Allan e Barbara Pease, Perché mentiamo con gli occhi e ci vergogniamo con i piedi?, Bur
- Elisa Balconi, Il linguaggio del corpo, Xenia
- James Borg, Il linguaggio del corpo: guida all’interpretazione del linguaggio non verbale, Tecniche Nuove
- Emanuela Di Pasqua, Non tutti scuotono il capo per negare qualcosa e non tutti inclinano la testa in avanti come segno di assenso. Dipende dai Paesi, Corriere della Sera, 14 gennaio 2006